Tutto parla di te
Alina Marazzi - Italia 2012 - 1h 23’


   Alina Marazzi non è mai stata una «semplice» regista di documentari. Il suo primo film, Un'ora sola ti vorrei, era la dolorosa ricostruzione del passato della sua famiglia grazie al ritrovamento di alcuni preziosi super8 girati dal nonno; il successivo Vogliamo anche le rose era un film di montaggio sulla condizione femminile in Italia. È quindi fuorviante definire Tutto parla di te il suo esordio nel cinema di finzione: il film contiene anche parti documentarie e prosegue in maniera coerente il filo rosso che congiunge tutta la sua opera. Alina Marazzi parla, in ultima analisi, sempre di sé - e della complessa memoria della madre - ma così facendo riflette su cosa ha significato essere donne italiane, dal dopoguerra in poi. In Tutto parla di te la splendida Charlotte Rampling è Pauline, una donna che ritorna a Torino dopo molti anni per indagare sul proprio passato. Il tema è quello della maternità, voluta e sognata, rimossa e detestata. Alina Marazzi racconta che l'idea è nata da una frase, invero rivelatrice, che qualcuno le disse vedendola con suo figlio appena nato: che belli i bambini quando sono in braccio agli altri. Pauline ha vissuto anni prima il dramma della depressione post-partum, e ora si confronta con ragazze che soffrono dello stesso trauma. In particolare con Emma, una giovane ballerina in crisi dopo la nascita del primo figlio. Altri film italiani recenti, come Maternity Blues, hanno affrontato questa tematica oscura e quasi indicibile. Tutto parla di te lo fa con grande delicatezza e soprattutto in modo molto «cinematografico», intercalando le parti recitate ad autentiche interviste con giovani madri. Quando il film è stato presentato al festival di Roma, questa commistione ha disturbato qualcuno, ma è la natura stessa del lavoro di Alina Marazzi. O faceva il film così o, sospettiamo, non lo faceva affatto. Charlotte Rampling è intensa anche quando guarda semplicemente fuori dalla finestra: e certi suoi momenti di spaesamento sono funzionali a un personaggio alla ricerca di un vissuto totalmente rimosso. Va citata, come per i precedenti lavori della regista, la montatrice Ilaria Fraioli. Un giorno bisognerà studiare i motivi per cui il montaggio è un'arte così femminile.

Alberto Crespi - L'Unità

   Alla ricerca di un reale cinematografico si muove (...) in piena coscienza Tutto parla di te, dove Alina Marazzi poggia su di una trama documentaria un ordito narrativo toccante. La maternità, nell'ambivalente significato di compimento gioioso di un'aspirazione naturale ma anche di sofferenza per una perdita di sé, è questione antica - affonda le radici nel mito - ma la regista milanese ha il coraggio di fare un dibattito intimo attraverso un confronto serrato di dolori presenti e antichi che Elena Radonicich e Charlotte Rampling 'indossano' con inusitata sensibilità.

Andrea Martini - Il Sole 24 Ore Domenica

   La fiction viene integrata nel film da materiale documentario ed è proprio questo il punto debole del lavoro della Marazzi: finzione e realtà non si armonizzano, restano distanti tra loro e incapaci di coinvolgere davvero. L'impressione è che la regista non abbia alcuna fiducia nel potere della messa in scena e tema moltissimo le emozioni, salvo poi affidare il commento sonoro a una musica eccessivamente enfatica e invadente.

Alessandra De Luca - Avvenire



promo

Pauline dopo cinquant'anni ritorna a Torino, la città che le ha dato i natali e l'ha vista bambina. Qui ritrova la dottoressa Angela Gualtieri (conosciuta all'estero tempo prima) che gestisce 'Il Melograno', un centro dedicato alla maternità che si occupa sia delle mamme in attesa sia di quelle che, dopo il parto, hanno bisogno di assistenza psicologica. Angela coinvolge Pauline in una ricerca che il centro fa sul suo archivio privato e la donna acconsente dopo qualche tentennamento iniziale. Intanto a 'Il Melograno' arriva Emma, giovane danzatrice diventata mamma da poco, che accetta con difficoltà la sua nuova condizione e che instaura una relazione particolare con Pauline. Una notte, Emma lascia un messaggio disperato sulla segreteria del centro: il suo bambino è caduto e lei non sa come comportarsi. L'indomani Pauline sente il messaggio e la richiama, ma la giovane non risponde e così va a cercarla prima nell'appartamento che divide con il compagno Tommaso, poi a teatro e infine nella casa sul lago, dove potrebbe essersi rifugiata. Il confronto con Emma porterà Pauline a una dolorosa riflessione, che la spingerà a fare i conti con il suo tragico passato... La regista milanese ha il coraggio di fare un dibattito intimo attraverso un confronto serrato di dolori presenti e antichi. C'è un sentimento forte in questo film, che è insieme gioiosamente lucido nell'elaborare il lutto con la vita. Che dolcemente, senza retorica, si fa cinema.