“L’idea del film è nata da uno spettacolo teatrale che non ho visto, ma che mi è stato raccontato. Nella pièce, Paola, la giovane protagonista del mio film, canta una poesia di Mariangela Gualtieri: Giuro che io salverò la delicatezza mia. Quando me l’hanno presentata, mi ha coinvolto subito quel suo sguardo attraente nel quale è bello perdersi. Ulidi piccola mia è un film sulla delicatezza, che penso sia in assoluto il sentimento più trasgressivo. Il più scandaloso e forse il più rivoluzionario. Per questo vorrei che le immagini avessero sul pubblico un effetto quasi fisico: come una stretta confortante, un’energia sprigionata che infondesse coraggio”. |
Mateo Zoni |
Paola
sta per compiere 18 anni e negli ultimi quattro è stata ospite in una
comunità lontana dalla famiglia. Fa ritorno a casa solo per brevi periodi.
Figlia di un contadino emiliano e di una donna marocchina è cresciuta tra
due culture. Ora deve cominciare a guardare al suo futuro che vorrebbe
felice. |
Giancarlo Zappoli - mymovies.it |
La prima, vera scommessa del concorso al Torino Film Festival, è per un film italiano, Ulidi piccola mia di Mateo Zoni, specie di anomalo documentario su una comunità famiglia del parmense e sulle sue tre ospiti. Su una soprattutto, la diciottenne Paola, che ha tentato due volte il suicidio e quando è depressa cerca di ferirsi con quello che trova. Anche se scopriremo che molto è conseguenza di una violenza infantile oltre che di una famiglia non facile (una madre marocchina iperprotettiva, un padre italiano, anziano e debitore di una cultura contadina arcaica), il film di Zoni non vuole essere un documento sociologico o un’inchiesta sui disturbi adolescenziali: cerca piuttosto di registrare la vitalità spesso debordante di Paola (e delle sue coinquiline Giada e Marcella) per restituirci un ritratto umano e non patologico. Nonostante l’ambiguità del punto di partenza (le ragazze sanno di essere riprese ma sembrano non aver perso né spontaneità né sincerità), il film non dà mai l’impressione di voler raccontare una storia «dal buco della serratura», piuttosto a volte sembra che la regia non sappia controllare fino in fondo la materia e finisca per farsi «guidare» dagli accadimenti invece del contrario. |
Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera |
Non è un refuso,
il suo nome si scrive proprio così: Mateo, con una sola «t». Di cognome fa
Zoni, di nascita è parmigiano, ed è suo il primo dei due italiani a
passare in concorso al Torino Film Festival:
Ulidi
piccola mia,
opera prima prodotta dalla Indigo Film di Paolo Sorrentino e da Solares
Fondazione delle Arti. |
Gianluigi Negri - La Gazzetta di Parma |
promo |
Paola sta per compiere 18 anni e negli ultimi quattro è stata ospite in una comunità lontana dalla famiglia. Fa ritorno a casa solo per brevi periodi. Figlia di un contadino emiliano e di una donna marocchina è cresciuta tra due culture. Ora deve cominciare a guardare al suo futuro che vorrebbe felice... Al suo primo lungometraggio, dopo aver lavorato per la Rai come documentarista e dopo vari cortometraggi, Mateo Zoni realizza un'opera ove pudore e invadenza si confondono e in cui i protagonisti sembrano lasciati liberi di essere se stessi. È forse proprio questa la capacità migliore dell'esordiente regista: attraversare la quotidianità, scandendo gli attimi di calma e le difficoltà del vivere. In un'epoca di pessimismo cosmico opere come questa ci ricordano che una luce in fondo ai tunnel individuali può esserci e può essere raggiunta. |