Veloce come il vento
Matteo Rovere
- Italia  2016 - 1h 59’



 

  Mancava una tessera nel puzzle del buon cinema di genere che sta risollevando il cinema italiano. Un film d'azione. Lacuna colmata: Veloce come il vento di Matteo Rovere (...) è una vera sorpresa (...). Un piccolo grande esempio di ciò che si può fare con pochi ingredienti trattati con cura (...). Piccolo perché non è certo un film ad alto costo, eppure non manca niente, chi cerca prodezze da videogame ripassi i vari Race e Fast and Furious. Grande per come declina in chiave italiana una parabola che sembra caduta da un angolo sperduto degli Usa, ma solo perché il nostro cinema non va più a caccia di storie e di ambienti. Mentre qui c'è un microcosmo preciso, con tutte le sue belle mitologie già apparecchiate: il mondo delle corse GT, che fra un rombo e una derapata accoglie a meraviglia i sentimenti estremi di una storia di famiglia e redenzione basata sul classico scontro tra opposti. (...) intonatissima Matilde De Angelis (...) entusiasmante Stefano Accorsi, al suo meglio storico (...) Roberta Mattei, forse l'unica figura sacrificata del film (...) un crescendo catartico quasi alla Rocky, ma sempre palpitante e credibilissimo. Un po' perché nutrito di mille dettagli autentici, a partire dalla lingua, che mescola il gergo dei motori a musicalità emiliano-romagnole. Un po' perché, tra curve e bravate, la solida trama spettacolare poggia sempre su un nitido sottotesto affettivo che rende quei due fratelli così diversi quasi una metafora di due possibili Italie: una operosa e una parassitaria, una rispettosa delle regole, l'altra pronta a travolgerle. Anche se naturalmente è proprio quando queste due anime si incontrano che prendono il volo. (...) film che recupera in chiave mitologica un bel pezzo di Italia.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

  Il termine 'subcultura' (o 'sottocultura' che dir si voglia) non ha, in antropologia, una valenza negativa: indica quei gruppi sociali che tendono a distinguersi nell'ambito di una sodata più ampia per scelte e valori che possono riguardare la religione, la politica ma anche ambiti più 'leggeri' come la moda, la musica, lo stile di vita. (...) In Romagna, terra che tanto ha dato al cinema, all'arte e alla poesia, esiste una radicata subcultura legata alla passione per i motori, a due e a quattro ruote. (...) 'Veloce come il vento' Veloce come il vento è un film immerso in questo mondo. (...) In questo terzo film Rovere fa uno spettacolare salto di qualità come regista: Veloce come il vento è scritto sapientemente, benissimo recitato, girato splendidamente; se fosse americano, sarebbe un gioiellino indipendente degno di Easy Rider e dei film motoristici di Roger Corman (...). La trama nasconde un tema forte, il ricomporsi di una famiglia distrutta, il ritorno di affetti che si credevano perduti. Accorsi non è mai stato così bravo e la giovane Matilda De Angelis è una rivelazione.

Alberto Crespi - L'Unità

  L'ha detto Lo chiamavano Jeeg Robot, lo ribadisce Veloce come il vento: l'unica via d'uscita per il cinema italiano è sfanculare i padri - più o meno - nobili e aderire al genere. Così si riaffeziona un pubblico, così si dribbla la (supposta) dicotomia tra (pretesa) autorialità e (presunta) commerciabilità, così si fa ritorno al futuro, quando nei nostri Anni 60 e 70 il genere suggellava il prezioso sodalizio tra cineasti e spettatori. Le analogie tra Gabriele Mainetti (...) e Matteo Rovere (...) non sono trascurabili, e le possiamo riassumere così: adesione al genere, comprensione - e controllo - dei meccanismi produttivi, concezione spettatoriale anziché autoriale del film, direzione e 'redenzione' d'attori e lo stesso direttore della fotografia Michele D'Attanasio. (...) Dopo un film sballato, Un gioco da ragazze (2008), e uno sbagliato, Gli sfiorati (2011), al terzo tentativo Rovere spariglia le carte in tavola: sa Dio quanto gli errori partoriscano il buon cinema. L'avremmo detto soprattutto produttore di discreto presente e ottimo (...) futuro, ma anche da regista è niente male e potrebbe essere ancora meglio. Accanto a un finale troppo 'pilotato' e alcuni snodi drammaturgici stracchi, l'unico neo di Veloce è proprio la regia, che qui e là non osa abbastanza e s'accontenta, forse timorosa di sovrastare la storia. In realtà, il rischio era calcolabile, ed è pari a zero, perché questa storia di 'azione e sentimenti', come Rovere l'ha presentata al produttore Domenico Procacci, conquista, mettendo su strada e su schermo debolezze e resistenza, aneliti e sopravvivenza, con un'unica grande pretesa: essere davvero un 'film per tutti'. (...) Una parola per Accorsi: smagrito, i capelli radi, le ciabatte indolenti e un tutore sull'avambraccio, fosse un divo americano avrebbe l'Oscar in tasca; non lo è, ma questa prova, sapida, terragna e godibile come il film che la ospita è forse la migliore della sua carriera. Dunque, finiamola di idolatrare i soliti Sorrentino e Garrone, di rimpiangere i maestri andati e celebrare quelli, sparuti, ancora in vita e guardiamo a questi 'corpi intermedi', Rovere e Mainetti, capaci di dire pane al pane e cinema al cinema: giovani registi e film di genere, non abbiamo bisogno di altro.

Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano



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Giulia De Martino vive in una cascina nella campagna dell'Emilia Romagna con il fratellino Nico. Sua madre se ne è andata (più volte) di casa, e suo fratello maggiore Loris, una leggenda dell'automobilismo da rally, è diventato un "tossico di merda" parcheggiato in una roulotte. Quando anche il padre di Giulia, che aveva scommesso su di lei come futura campionessa di Gran Turismo usando come collaterale la cascina, la lascia sola, Giulia si trova a gestire lo sfratto incipiente, il fratellino spaesato e il fratellone avido dell'eredità paterna. Ma la vera eredità dei De Martino è quella benzina che scorre loro nelle vene insieme al sangue e quel talento di famiglia, ostinato e rabbioso, per le quattro ruote.  Se fosse americano, sarebbe un gioiellino "indipendente" perché Veloce come il vento è scritto sapientemente, benissimo recitato, girato splendidamente. Un film "ruggente" come i motori che si vedono sfrecciare, un ulteriore segno di ripresa del cinema italiano.

 

cinélite giardino BARBARIGO: giugno-agosto 2016