da Film TV (Bruno Fornara) |
Michele Placido rischia grosso, si butta in un'impresa disperata, un film d'amore, poesia e follia, su un poeta pazzo e una donna disposta a innamorarsi di poesia e follia. Non vuole - lo capiamo subito - il film cartolinesco dove il paesaggio serva a cauterizzare sentimenti e stati d'animo, non vuole neppure dare risalto allo sfondo storico, la guerra é lontana e tra i vagoni dei treni che vanno al fronte Sibilla e Dino possono solo abbracciarsi singhiozzando. Non vuole fare un film in costume. Vuole concentrarsi su due volti é anime che cercano di entrare nel secolo breve, dimenticare romanticherie e oppressioni, confrontarsi con la follia di un mondo che sta per essere partorito da una guerra. E vogliono trovare le parole per dirlo, i gesti per mostrarlo. Parole che siano poesia, passione e smarrimenti. Gesti che mostrino la ribellione e il brancolare di una ricerca appena iniziata. «lo cerco una parola!», grida Campana ed é un progetto di accesa poetica e di sventurata avventura. Placido rischia molto (onore al merito), qualcosa trova, qualcosa gli sfugge. Trova una musica che riesce a passare, anche nella stessa sequenza, da una comoda e piacevole serenitą a un'inquietudine dubbiosa, slegata e ispida. Trova una luce (di Luca Bigazzi) che perde colori e aura, si fa livida e vuota, si scurisce fino al nero finale. Trova il posto giusto per le parole della Aleramo e i versi di Campana.... |
LUX - settembre 2002