La vita è un fischio (La vida es silbar)
Fernando Peréz - Spagna/Cuba 2000 - 1h 46'

da La Repubblica (Irene Bignardi)

Un fantasma percorre l'Avana: quello della madre che non c'è. Perché sono tutti più o meno orfani, i protagonisti di La vita è un fischio, e se non sono orfani soffrono di qualche altra privazione vitale, gli fa paura il sesso, tanto che c'è chi perde conoscenza solo a sentire pronunciare la parola, e non soltanto questa. Perché se a Cuba c'è abbondanza di sesso, per chi non se lo nega, mancano in compenso altre cose e parole il cui solo suono fa venir meno. E così sia Elpidio, un bellissimo mulatto dalla criniera rasta che non ha mai conosciuto la madre Cuba (sì, si chiama così) a cui dedica un culto quasi religioso, sia Mariana, che è una ballerina di grande talento pronta a sacrificare la sua attiva vita erotica e, più importante, l'amore , pur di ottenere l'ambito ruolo di Giselle, sia Julia, che è un'assistente sociale totalmente dedicata ai suoi assistiti e pronta a svenire quando sente la parola sesso, si aggirano per una bellissima Avana cadente e colorata alla ricerca di una impossibile felicità. "La vita è quello che accade mentre ci stiamo occupando d'altro" è la frase di John Lennon che il regista cubano Fernanzo Perez ha scelto come epigrafe al suo premiatissimo La vista è un fischio. E la vita dei nostri agitati personaggi - ma ce ne sono altri, come Bebé, la voce narrante - trascorre nella ricerca di questa assenza, fino a un appuntamento col destino alle 4 e 44 del 4 dicembre in Piazza della Rivoluzione. Sempre fantastico e strano, sempre bordeggiante sull'orlo del kitsch, sempre abile a riscattarsi attraverso un'ironia incrociata con una sensuale intensità poetica, La vita è un fischio è in realtà un film ingiudicabile, che si deve godere soprattutto per come gioca fuori dagli schemi e dalle regole della maggior parte del cinema di oggi. Reticente in termini politici (e come potrebbe essere diversamente per una produzione cubana, che al massimo può permettersi di scherzare sulla parola libertà?), creativamente sconnesso in termini narrativi, il film di Perez ha i suoi momenti migliori nella vera sensualità delle situazioni (si veda la Giselle danzata dalla bellissima Claudia Rojas e dallo strepitoso Joan Manuel Reyes) e la sua chiave in un gioco continuo di metafore che chi è estraneo alla cultura cubana non riesce a cogliere se non nella sua parte più esterna e visiva. Perez non ci risparmia nessuna lusinga e nessuna seduzione, nessun simbolo e nessun eccesso. Ma il sentimento vitale che lascia la miscela di musica, bellezza, paesaggio, danza, ironia, umanità di questa Cuba povera e bella vale il biglietto (e forse indurrà qualcuno a comprare anche un biglietto per l'Avana).

Cantiere Italia cinema Torresino ottobre-dicembre 2000