Ritratto di Oscar Wilde. Perfetto nel suo british-touch,
Wilde di Brian Gilbert ha rispolverato la biografia letteraria incorniciandola
in una composizione colta e preziosa, attenendosi al testo di Richard Ellman,
brillantemente sceneggiato da Julian Mitchell. Se Il ritratto di Dorian
Gray è il libro chiave della fama di Wilde, le peripezie della
sua vita debosciata sono conosciute in genere solo a grandi linee. Gilbert
ne ricama invece un quadro completo e approfondito, partendo dal 1883,
quando Wilde torna a Londra dopo un anno di conferenze negli Stati Uniti
e in Canada.
Apprezzato
per il suo talento e il suo charme, Wilde ha il rispetto della società
vittoriana e l'affetto devoto di Constance Lloyd che ben presto sposa e
dalla quale ha due figli. La tranquilla vita familiare viene stravolta
dall'incontro con il giovane Robert Ross, un amico canadese che apertamente
lo seduce, rivelandosi come "la liberazione dall'assedio" di
un perbenismo sentimentale che l'aveva fino allora trattenuto. Ora Wilde
dà libero sfogo alla sua omosessualità finendo per invaghirsi
di uno fascinoso studente di Oxford, Lord Alfred Douglas (Bosie). L'amore
tra i due è una scandalosa provocazione: Bosie è sfacciato
e gaudente e suo padre, il marchese di Queensberry, si scaglia con tutte
le furie contro la loro relazione. Wilde, ammaliato dal suo giovane compagno
rallenta la sua attività letteraria, ma il suo talento non cessa
di entusiasmare Londra. Dopo il successo di Il ventaglio di Lady Windermer
arriva ora L'importanza di chiamarsi Ernesto, ma nel frattempo,
troppo sicuro di sé e aizzato da Bosie, Wilde ha affrontato in tribunale
il marchese, con una denuncia per querela che gli si rivolta contro trasformandosi
in un chiacchieratissimo processo per sodomia. Una condanna esemplare a
due anni di lavori forzati lo mina fortemente nello spirito, anche perché‚
all'uscita dal carcere, deve affrontare la morte della moglie (che non
lo ha mai ripudiato), il distacco dei figli e il tormentato evolversi del
suo rapporto con Bosie. Il suo talento di autore non ne verrà comunque
intaccato, ma la sofferenza dell'uomo Wilde sarà intensa e duratura.
Gilbert, che già in Tom e Viv aveva affrontato il racconto
biografico (Thomas Elliott), affronta con acuto garbo la materia, ne smussa
le volgarità, evidenziando la verve sarcastica ed elegante del suo
protagonista (impeccabilmente interpretato da Stephen Fry). Tra i tanti
sottili aforismi resta, significativo, quello che chiude il film: "In
questo mondo ci sono due tragedie: una è non ottenere ciò
che si desidera, l'altra è ottenerlo".
e.l.
Il Mattino di Padova
2 settembre 1997
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