VENEZIA '93
L'intelligenza di Altman,
il lirismo di Kieslowski,
il fascino di Scorsese

Anche a Venezia, come a Cannes, vince l'ex aequo e ancora una volta non si può essere soddisfatti di una giuria-coniglio che non sa schierarsi per un certa linea cinematografica. Ma se criticare è spontaneo, capire l'indecisione nell'assegnazione del Leone d'oro non è difficile. Film blu. Libertà di Kieslowski resta un'esplosione di cinema intenso e lirico (ne abbiamo parlato, entusiasti, la settimana scorsa), ma va detto che il finale, pur coerente in via stilistica e tematica, pecca di ridondanza e di enfasi. E' comprensibile come una parte della giuria abbia preferito l'asciutta modernità di Short Cuts di Robert Altman: tre ore tirate di proiezione , vicende parallele che si accavallano, si intersecano per descrivere l'umore, i sentimenti e le nevrosi di una Los Angeles minimalista (non per niente il soggetto è tratto dai racconti di Raymond Carver). Incalzante, amaro, paradossale il film di Altman è un perfetto meccanismo d'autore in cui le performance di eccezionali attori come Andie MacDowell, Jack Lemmon, Mattew Modine, Madeleine Stowe, Tim Robbins, Lily Tomlin e Tom Waits, giusto per citarne alcuni, riescono a lambire la credibilità del reale tanto che lo strampalato puzzle delle loro disavventure sembra configurarsi davvero come lo specchio, solo un po' deforme, del vivere quotidiano dell'America d'oggi.
Diciamo piuttosto che il concorso alla Mostra ha offerto ben poco altro. Il Leone d'argento al film del Tagikistan Kosh ba kosh ha voluto forse premiare il significato civile di un'opera-testimonianza sulla guerra in corso piuttosto che i suoi reali valori artistici, il Gran Premio Speciale della Giuria ha segnalato l'unica vera sorpresa del Festival, l'australiano
Bad Boy Bubby, film scioccante al limite del disgusto e del blasfemo nel descrivere la rinascita civile di un uomo, rinchiuso per anni da una madre-megera, che scopre all'improvviso il mondo attraverso la violenza e il torpiloquio, ma anche attraverso il contatto umano, sia questo quello "gridato" dei concerti di una banda rock, sia quello, più toccante, delle comunità di handicappati, di una donna da amare e di una famiglia da far crescere. Assurdo, grottesco il film di Rolf de Heer ha diviso critica e pubblico, ma un riconoscimento dalla giuria ce lo si aspettava.
Scontata anche la Coppa Volpi per l'interpretazione femminile a Juliette Binoche (Film blu), mentre inattesa la non consacrazione di Harvey Keitel quale miglior attore per la sua virulenta interpretazione in Snake Eyes di Abel Ferrara. La Coppa Volpi al nostro Fabrizio Bentivoglio, che, Keitel a parte, sicuramente era tra i candidati probabili, appare quasi come un premio di consolazione all'unico film italiano, Un'anima divisa in due, che davvero avrebbe meritato un tributo ufficiale da questa Mostra del cinquantenario [...]
Parlando di forma e contenuto permettete una digressione dalla griglia dei film in concorso (altro non c'è davvero da segnalare) per raccontare della folgorazione visiva trasmessaci da
L'età dell'innocenza, il film di Martin Scorsese che ha inaugurato la Mostra. Chi aveva dubbi sull'adattarsi del regista americano alle convenzioni del cinema in costume ha potuto ricredersi e godersi il fascino di una ricostruzione impeccabile e toccante. Nel descrivere la grettezza dell'aristocrazia borghese di fine ottocento e la passione segreta tra il distinto Daniel Day-Lewis e l'incantevole Michelle Pfeiffer, Scorsese esalta il gioco sfizioso della trasposizione letteraria sfoderando ricercatezze formali, sinuosi movimenti di macchina, una forza nel descrivere ambienti e sentimenti che non possono non emozionare.
Se amate almeno un po' quel cinema che illumina lo schermo e riscalda il cuore non perdetevi l'abbinata Scorsese-Kieslowski che questo 50° Festival di Venezia ci ha regalato.

e.l. La Difesa del Popolo - 19 settembre 93


LEONE D'ORO

 (ex aequo)
Film blu Krysztof Kieslowski
Short Cuts - RoberT Altman