Control
Anton Corbijn  - b/n - Gran Bretagna/ USA/ Australia/ Giappone 2007 - 2h 2'

   La breve vita di Ian Curtis, leader dei Joy Division morto suicida a 23 anni. Dirige il fotografo di gruppi e rockstar Anton Corbijn: e ne ricava un film bello e doloroso, profondo e struggente. Innanzitutto lo ha girato in un bianco e nero "d'epoca", che fissa sulla pellicola l'Inghilterra di fine anni 70 nello stile del Free Cinema. Anche il protagonista è nella linea dei "giovani arrabbiati" della letteratura e del cinema dell'isola; con un po' di Rimbaud, in sovrappiù, che ne fa un poeta maledetto e sacrificale come Kurt Cobain e altre sventurate icone della musica rock. E tuttavia Control non è un "santino", ma un ritratto umano psicologicamente plausibile. Epilettico, afflitto da una sensibilità che lo condanna a un'esistenza da scorticato vivo, Ian si sposa non ancora ventenne con Debbie, diventa padre, lavora di giorno e la notte dà concerti con la band. Compie il gesto più pericoloso della sua vita innamorandosi di una giornalista dilettante, Annik: incapace di soddisfare le aspettative di tutti, perderà definitivamente il controllo.

Roberto Nepoti - La Repubblica   

   È lo scorrere del tempo il filo conduttore di Control. Meglio,il suo filo conduttore è l'angoscia con cui Ian sta nel grigio di un presente che non vince il passato, e che non si apre al futuro. Grigio, cioè in bianco e nero, è del resto tutto il film. Corbijn ha dichiarato di ricordarsi così i Joy Division, che conobbe e fotografò nel 1977. Vestivano «prevalentemente di grigio o giù di lì», racconta in un'intervista. Anche le loro foto sulle riviste erano in bianco e nero, continua. E fitte d'ombre e di grigi sono, nel film, le case e le strade di Macclesfield, vicino a Manchester. Vuota di colore è appunto la vita di Ian (Sam Riley), che Corbijn film successivo in archivio inizia a raccontare dal 1973. Cita a memoria William Wordsworth, il futuro leader dei Joy Division. Nella sua camera, sopra un tavolino, ci sono libri di altri poeti. Lui stesso scrive, e con una commozione che va oltre il pathos di un adolescente introverso. D'altra parte lo è, adolescente e introverso. In più ha quella tenerezza indifesa che lo accompagnerà fino alla decisione ultima. Hate, odio: così porta scritto sul giaccone scuro, mentre cammina per Macclesfield, verso l'agenzia di collocamento per handicappati presso la quale lavora. Ma non odia. Al contrario, partecipa al dolore degli uomini e delle donne che ogni giorno tenta di aiutare. Vi partecipa tanto, da prenderne talvolta il peso su di sé. Che cos'è allora quell'odio esibito come uno slogan, se non una difesa paradossale, o anche l'"annuncio" di una segreta, tenace propensione a volgere contro se stesso la crudeltà oggettiva dell'esistere? Come accade agli adolescenti, ma con una radicalità tragica inusuale, Ian cerca di sfuggire all'angoscia trasformandone il dolore imposto e subito in una propria scelta, libera e consapevole. Questo è la sua musica: un urlo che si oppone al mondo, e che ne celebra l'assurdo nel tentativo disperato di affrancarsene. […]
Non ancora ventenne, Ian si innamora. O almeno immagina d'amare. Poi, forse obbedendo alla volontà segreta di farsi del male, precipita quell'amore ipotetico nella normalità della vita, senza tener conto della sua terribile serietà. Si sposa, e subito dalla sua Deborah (Samantha Morton) vuole un figlio. Tutto avviene troppo in fretta, in modo troppo meccanico, per non lasciarci sospettare quello che seguirà […]
Torna comunque a innamorarsi, il piccolo poeta dell'angoscia di stare al mondo. E forse è amore, quello che prova per Hannik Honoré (Alexandre Maria Lara). D'altra parte, quest'amore nuovo acuisce il disamore di Ian per Deborah, e insieme il rimorso che gliene viene. Per lui non c'è via d'uscita. Quanto più ama Hannik, tanto più soffre per Deborah, cioè per il passato che incombe sul presente. Quanto più soffre per Deborah, tanto più è incapace di vivere l'amore per Hannik, cioè per il futuro che il presente continua a rifiutare. E così, senza rimedio tenero e indifeso, il 18 maggio 1980 Ian Curtis si impicca, forse immaginando di riprendersi il "controllo" sulla vita, e sulla fatica d'esistere.

Roberto Escobar - Il Sole-24 Ore 


cinema invisibile TORRESINO febbraio-giugno 2009

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cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2009