luglio 2013

periodico di cinema, cultura e altro... ©

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Reg.1757 (PD 20/08/01)

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segnalazioni d'arte di Maria Cristina Nascosi Sandri

 

Pietro Bembo è stato una figura poliedrica nell’Italia del Rinascimento. Veneziano di nascita, padovano di elezione, di casa nella Roma dei Papi, egli fu molte cose insieme, e tutte al massimo grado. Fu poeta, Storiografo e Bibliotecario della Repubblica Veneta ed il letterato che influenzò in modo determinante la letteratura rinascimentale. Con Aldo Manuzio rivoluzionò il concetto di libro, curando volumi di classici di piccolo formato privi di commento, che potessero essere letti al di fuori delle aule universitarie. Amò donne bellissime come Lucrezia Borgia, presso l’internazionale Corte Estense di Ferrara, e cantò l’amore, non solo platonico, negli Asolani e nei Motti. A sessantanove anni fu nominato cardinale da Papa Paolo III, e pose le basi per la leggendaria Biblioteca Vaticana. Oltre che di Raffaello e Michelangelo fu amico, guida e protettore di artisti come Giovanni Bellini, Sansovino, Sebastiano Dal Piombo, Tiziano, Benvenuto Cellini, Valerio Belli, di cui collezionò e spesso ispirò le opere. La mostra Pietro Bembo e l'invenzione del Rinascimento ha raccontato una parte di questa affascinante esistenza attraverso i capolavori di Raffaello, Giovanni Bellini e Tiziano che Bembo collezionò o che, addirittura, vide creare, spesso contribuendo alla loro ideazione.


Qui, in sede critica, vale la pena di soffermarsi sul ricco catalogo, edito da Marsilio,che sedimenta gli esiti del convegno che diede avvio al cantiere della mostra stessa, nel febbraio 2013. Il volume è strutturato in quattro parti. Nella prima sezione, Una biografia culturale, il fuoco è su alcuni momenti caratterizzanti la vita di Pietro, dall’abbandono di Venezia a favore della esclusiva scelta per la letteratura alla stagione del cardinalato. La successiva Bembo e le lettere affronta aspetti della cultura letteraria di Pietro, dall’eredità degli studi umanistici del padre Bernardo, al suo rapporto con i classici greci, latini e volgari, alle relazioni con alcuni letterati suoi contemporanei. La terza parte, Bembo, le arti e gli artisti, è dedicata alle numerose relazioni di Pietro con il mondo dell’arte, spaziando da temi più generali ad approfondimenti monografici. Infine La collezione esplora la residenza padovana di Pietro e il suo celebre contenuto di opere d’arte, antiche e moderne.
La mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo insieme con il Centro Internazionale Andrea Palladio e con il patrocinio del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, è stata curata da Guido Beltramini, Davide Gasparotto e Adolfo Tura.

Fino al 26 maggio scorso, a Palazzo Zabarella di Padova, si è tenuto un eccezionale evento dedicato a Giuseppe De Nittis (1846-1884).
120 capolavori provenienti dai più prestigiosi musei e collezioni pubbliche italiane e francesi componevano il percorso espositivo della più importante mostra mai realizzata su uno dei protagonisti assoluti della pittura dell’Ottocento europeo, un artista pugliese che conobbe la notorietà a livello internazionale.
La rassegna, curata da Emanuela Angiuli e Fernando Mazzocca, è stata promossa dalla Fondazione Bano di Padova e dalla Fondazione Antonveneta, in collaborazione con la Pinacoteca “Giuseppe De Nittis” di Barletta e ha rappresentato un’ulteriore tappa del progetto decennale sulla pittura dell’Ottocento italiano che in passato ha già rivolto l’attenzione, tra gli altri, ad autori ed –ismi culturali non troppo ‘visitati’ nelle grandi mostre quali quella su Hayez, sul ferrarese Giovanni Boldini – forse il più ‘assimilabile e paragonabile, per la sua arte a De Nittis – su Telemaco Signorini, sui Macchiaioli, sul Simbolismo in Italia.
Prendendo avvio da quanto emerso dalla rassegna che, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, il Petit Palais di Parigi ha riservato all’artista, l’iniziativa ha davvero segnato una svolta negli studi e nella valorizzazione internazionale del grande pittore, grazie anche al recupero di lavori non presenti in quella occasione, alcuni dei quali ignoti alla critica, altri assenti dall’Italia da molto tempo, come quelli, semplicemente splendidi, vagamente turneriani, appartenenti al ciclo delle vedute londinesi.
Le opere provenivano, straordinariamente, dalle maggiori istituzioni francesi, tra cui il Petit Palais di Parigi, il Musée Carnevalet di Parigi, il Musée des Beaux-Arts di Reims e dai più importanti musei e gallerie pubbliche italiane, oltre, naturalmente, alla Pinacoteca De Nittis di Barletta, che possiede la straordinaria raccolta di dipinti rimasti nell’atelier dell’artista dopo la sua morte precoce.
L’elenco dei prestatori ha potuto contare sull’apporto della Pinacoteca Provinciale "C. Giaquinto" di Bari, della Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze, delle Raccolte Frugone di Genova, della Galleria d’Arte Moderna di Milano, del Museo di Capodimonte di Napoli, della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, del Civico Museo Revoltella - Galleria d'Arte Moderna di Trieste, della Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia. Incisivo è stato il contributo di prestigiose raccolte private, di storici collezionisti di De Nittis, da cui provengono i dipinti meno noti, capolavori assoluti riproposti al pubblico in questa occasione autenticamente unica.

La statura internazionale di De Nittis, il più grande – come si diceva - insieme con il ferrarese Giovanni Boldini degli Italiens de Paris, si deve al fatto che ha saputo reggere il confronto con Manet, Degas e gli Impressionisti con cui condivise, pur nella diversità della cifra stilistica, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi, nel raggiungimento di quell’autonomia dell’arte che sta alla base della modernità.
E come i francesi – e, ancora una volta, come Boldini - affrontò gli stessi temi: il paesaggio, il ritratto e la rappresentazione della vita moderna, catturata, com’essi, nelle strade delle due metropoli che erano in quegli anni le grandi capitali dell’arte e d i trampolini della mondanità, Parigi e Londra.



Fan parte di un soggiorno a Napoli (dove ritornò spesso anche dopo il trasferimento a Parigi), le vedute del Vesuvio, per lo più tavolette e tele di piccole dimensioni, che componevano uno straordinario reportage pittorico, realizzato con un procedimento quasi ‘fotografico’, senza confronti nella pittura italiana dell'epoca, un antecedente oltre ogni dire.

L’ottimo catalogo dell’esposizione - pubblicato da Marsilio Editori - grazie anche alla ricomposizione attraverso testimonianze eccellenti come le memorie stesse del pittore ed il famoso Journal dell’amico, l’enciclopediste Edmond de Goncourt, cronista d’eccezione della fortuna critica dell’artista, può tuttora approfondire le ragioni del suo successo nell’ambito del mercato internazionale dell’arte e del grande collezionismo, ma anche nella sfera di una mondanità esclusiva, quando, in virtù del suo fascino e della sua capacità di intrattenere, la sua casa parigina diventò, anche grazie all’adorata moglie, il punto d’incontro di intellettuali ed artisti immensi come Emile Zola, Oscar Wilde, Alphonse Daudet, Alexandre Dumas figlio, i Goncourt, Edouard Manet, Edouard Degas.

 

Pressoché sincronico péndant alla mostra a Palazzo Zabarella a Padova su De Nittis va segnalata (e apprezzata) l’esposizione a Palazzo Roverella di Rovigo su la Maison Goupil, quell’officina di raccolta d’ingegni dell’epoca dell’Impressionismo e vero istituto di antesignano management culturale e artistico, considerati gli anni in cui visse il suo massimo splendore.
Grandi pittori italiani come Corcos, Favretto, Zandomeneghi, Morelli che, fra gli altri, nella seconda metà dell’Ottocento operarono a Parigi per l’importante Galleria di Adolphe Goupil, sono stati esposti per la prima volta insieme a Rovigo. Tra questi grandi spicca, in maniera unica, seppur parziale, la statura internazionale di Giuseppe De Nittis, il più grande insieme con Giovanni Boldini degli Italiens de Paris. La Mostra, curata da Paolo Serafini, nasce dallo studio dei materiali conservati al Musée Goupil di Bordeaux, custode di migliaia di incisioni e fotografie di opere appartenute alla Galleria, ed al Paul Getty Research Institute di Los Angeles che possiede i registri originali di tutti i pezzi acquistati e venduti dalla Maison. Per la prima volta questa mostra espone le opere originali accanto ad alcune delle meravigliose incisioni prodotte dalla Maison stessa con diverse tecniche e formati (incisione, foto-pittura dall’originale, fotografia, foto-incisione) nell’intento di raggiungere la più ampia clientela grazie ad un prodotto di alta qualità a basso costo, facilmente collocabile nelle case borghesi del tempo. La Maison Goupil e l’Italia ricostruisce l’esatta consistenza delle opere italiane possedute dalla Galleria, testimoniando, al contempo, il grande successo avuto dai nostri artisti a Parigi negli anni dell’Impressionismo.
Opere che divennero, grazie all’infaticabile lavoro di promozione e diffusione della Galleria, immediatamente popolari e apprezzate da collezionisti, critici e mercanti, creando e alimentando un gusto collezionistico di respiro europeo e internazionale, i cui effetti proseguiranno ben oltre gli inizi del Novecento.
Studiando gli inventari e i documenti custoditi nel Museo Goupil di Bordeaux e nel Getty Research Institut di Los Angeles la mostra ricostruisce la reale consistenza delle opere di circa cento autori italiani, presentando sia le opere originali sia le incisioni volute dalla stessa Galleria. Ricostruzione che ha permesso al curatore di proporre la Suonatrice di lira del ‘nostro’ Giovanni Boldini. Protagonista di rilievo, il grande Ferrarese, nella storia della Maison: la rassegna gli dedica una sezione speciale con lavori mai presentati in pubblico come il Ritratto di Martha Regnier. E sarà proprio grazie a Goupil che le opere del grande ferrarese Giovanni Boldini arriveranno negli Stati Uniti, dove le sue creazioni, ancor oggi, sono tenute in grande considerazione.