Desde allà
Lorenzo Vigas - Venezuela 2015 - 1h 33'

VENEZIA 72 - Leone d'oro

    Non è mancato certo il coraggio alle più recenti giurie del Festival di Venezia. Aveva cominciato nel 2013 Bertolucci con il Leone d'Oro al discutibile Sacro GRA (Grande Raccordo Anulare), prima volta di un documentario. Ha proseguito l'anno scorso quella presieduta dal musicista francese Desplat premiando i "tableaux-vivants" di Andersson (senz'altro con merito, ma definirli cinema è un po' difficile per molti critici e soprattutto per il pubblico).
Quest'anno la giuria di Alfonso Cuaron ha assegnato, tra la sorpresa generale, il massimo riconoscimento al lungometraggio di esordio del venezuelano Lorenzo Vigas:
Desde allà (From Afar), Da Lontano.
Sgombriamo subito il campo dai "rumors" di complotto sudamericano (oltre a Cuaron i co-produttori sono i ben noti messicani Lorenzo Arriaga di Babel e 21 Grammi e Michel Franco, e il Premio Speciale della Giuria va a El Clan di Pablo Trapero). Al di là delle coincidenze geografiche
Desde Allà è un film che pur rientrando nella categoria "queer" è contemporaneamente qualcosa di completamente diverso, spiazzante e sorprendente.
Sullo sfondo di una Caracas degradata, immersa in una nebbia perenne, Armando è un meccanico dentista sui cinquanta, né bello né brutto, economicamente agiato. Vive solo in un appartamento insignificante, non ha moglie, né figli, né amici. Evidentemente incapace di stabilire relazioni con gli altri, la sua ossessione (oltre a quella di pedinare un ricco e anziano signore che scopriremo essere suo padre) è adescare, letteralmente, facendo balenare tra le dita fruscianti banconote, dei giovani sbandati. Li porta a casa, li fa educatamente spogliare, si masturba a debita distanza; tutto senza toccare, né soprattutto essere toccato: desde allà, da lontano, appunto.
Tutto fila liscio finché abborda Elder, piccolo delinquente disadattato e omofobo, padre in galera per un grave reato, carrozziere al bisogno, il quale lungi dal farsi trattare da manichino masturbatorio, lo insulta ripetutamente "maricon", "checca", lo picchia, lo deruba, cerca in ogni modo l'incontro-scontro fisico. Vuole forse punire in lui il padre che lo ha abbandonato. Ma quando Elder viene a sua volta selvaggiamente picchiato durante uno dei suoi raid delinquenziali, qui è il turning point del film. Armando se lo porta a casa, lo cura, gli fa appunto da padre suscitando nel ragazzo un mare di emozioni incontrollabile. Si confidano i reciproci abbandoni, sembrano uscire dai loro solipsismi, instaurare una specie di relazione genitore-figlio.
Adesso è Elder che, forse rivelando una repressa omosessualità, "si innamora" fino a volere il sesso vero, sincero (la scena di lui monta in cima ad Armando e lo possiede è una delle più disturbanti in ogni senso della pur copiosa cinematografia gay) e ad arrivare a dargli una suprema allucinante prova d'amore.
Ma qui di nuovo tutto si capovolge, Armando non ci sta, lo denuncia, se ne libera come di una presenza ingombrante.
Le domande si accavallano: Elder ha violato un tabù, una legge morale, o forse no, forse era tutto architettato, studiato?
Desde Allà è un film estremamente sincero, sulla omosessualità (può capitare a tutti?), sul ruolo del denaro e delle differenze di classe nelle relazioni umane omo o etero che siano, sulla mancanza di speranza di un paese, il Venezuela, inchiodato alla sua tragedia politica e sociale.
Cinematograficamente c'è l'efficacissimo contrasto tra i primi piani e gli sfondi sempre sfumati, nonché i dialoghi estremamente parchi e i rumori di fondo che assumono quasi il ruolo di personaggi.
Attore feticcio di Pablo Larrain, Alfredo Castro è incredibile nel tratteggiare il personaggio di questo uomo senza qualità dei tropici. Impossibile non pensare all'assonanza con ruoli simili già vissuti nei più cupi e disturbanti film del suo mentore come Post Mortem e Tony Manero. Luis Silva, nella parte di Elder, buca lo schermo e a nostro parere avrebbe meritato il Premio (e l'assegno!) Mastroianni. Resta il dubbio, sollevato da molti, di una decisione troppo cinefila, elitaria, che finirebbe per allontanare il pubblico dal cinema. Non siamo d'accordo, e poi Venezia si chiama Mostra di Arte Cinematografica!

Giovanni Martini - ottobre 2015 - pubblicato su MCmagazine 38