Il dottor Korczak (Korczak)
Andrzej Wajda -  Polonia/Rft/Francia 1990 - 1h 53'

da Dizionario dei Film (a cura di Paolo Mereghetti)

       Henryk Goldzmitt prosegue la sua opera di assistenza agli orfani di Varsavia anche dopo che i nazisti, in quanto ebreo, l'hanno chiuso nel ghetto; accompagnerà i suoi bambini nel campo di sterminio di Treblinka. Commosso e spesso toccante, girato con compostezza quasi anacronistica, nel rifiuto di ogni lusinga spettacolare. Un tipo di cinema che forse non si fa più, ma che ogni tanto è bene recuperare. Fondamentale il bianco e nero sporco della fotografia di Robby Muller.

da L'Indipendente (Giovanni Grazzini)

       I recenti demenziali soprassalti antisemiti vanno esorcizzati anche col cinema. L'ottima occasione ci è offerta dall'arrivo del dottor Korczak, firmato da un maestro dello schermo, il polacco Andrzej Wajdafilm successivo in archivio, che preso dalla politica e dal teatro negli ultimi anni si è meno dedicato ai film, ma la cui maestria resta intatta. Intitolato a una figura emblematica dell'Olocausto, il film scritto da Agnieszka Holland e interpretato dal bravissimo Wojtek Pszoniak, rievoca gli ultimi quattro anni di un uomo per molti versi eccezionale: il pediatra ebreo, votatosi alla causa dei bambini, che dopo aver rivendicato il diritto dei piccoli a sperimentare le nozioni di libertà e giustizia, perseguitato dai nazisti restò nel ghetto di Varsavia insieme a duecento orfanelli, persuaso che la loro innocenza li avrebbe risparmiati. I tedeschi (e la Germania, nel 1990, è stata fra i produttori del film) non ebbero invece pietà: insieme a Korczak deportarono a Treblinka tutti i bambini, e li gassarono. Delitto orrendo, e film straziante.
In bianco e nero per restare più vicino all'epoca, e con molti echi neorealistici, l'opera ha più i caratteri d'un omaggio alla memoria di un martire che non i segni della biografia storica. Ma, con le profanazioni di cui oggi siamo testimoni nei confronti degli ebrei, non ci sentiamo di rimproverare Wajda se, lasciando quasi del tutto in ombra il pensiero e la metodologia pedagogica diffusa da Korczak negli anni Trenta, quando insegnava all'università e dirigeva l'Orfanotrofio di Varsavia, il film inclina verso l'agiografia. Abbiamo bisogno di esempi d'altruismo più che di maestri di dottrina. Con la sua struttura classica, esso è del resto ammirevole per l'adoperarsi del protagonista in favore dei bambini affamati mentre le belve hitleriane sparano su chi vuole aiutarli, desta interesse il modo con cui si allude al comportamento della comunità ebraica, suscita commozione il fiorire di teneri amori fra adolescenti, né dispiace che per rispetto del vero si accenni anche a episodi poco lusinghieri.

da L'Unità (Alberto Crespi)

       È assai triste constatare che Il dottor Korczak possa uscire in Italia, e in modo così defilato, a più di due anni di distanza dalla presentazione in concorso a Cannes. In un paese serio, un simile film sarebbe già passato in tv con tanto di dibattito allegato, ma tant'è. A Cannes, nel maggio del 90, il film fece un'impressione fortissima perché proprio in quei giorni era avvenuta la profanazione delle tombe ebree nel cimitero di Carpentras. Era solo una delle prime manifestazioni di un orrore che oggi è, fra noi, quasi quotidiano. Il film di Wajda (uno dei migliori di questo regista, sicuramente il migliore dall'Uomo di marmo,del 1977, in poi) sembrò un drammatico commento "in diretta" a quel gesto barbaro. E, anche, un messaggio di speranza, che rimane sempre valido.
In breve:
Dottor Korczak si ispira alla figura storica di Henryk Goldszmit, un personaggio che in Polonia è un eroe nazionale (il copione è di Agnieszka Holland, la regista che avrebbe poi girato un film, altrettanto forte, sul "tema ebreo": Europa Europa). Ebreo, medico, maestro di scuola, pedagogo, scrittore con lo pseudonimo di Jànus Kotczak, Goldszmit aveva fondato a Varsavia, negli anni precedenti la guerra, la Casa degli orfani, in cui ospitava ed educava 200 trovatelli. Dopo l'occupazione nazista, Korczak fu costretto a trasferire nel Ghetto tutti i suoi bambini. Korczak era un intellettuale piuttosto noto, aveva mezzi e amici influenti: la storia e il film dicono che avrebbe potuto fuggire, se avesse voluto. Ma non volle. Seguì i bambini nel Ghetto. Li seguì anche quando i nazisti li caricarono su un treno piombato la cui ultima fermata era Treblinka. Morì là, nei forni del lager, assieme ai suoi trovatelli.
E' straordinario il modo in cui Wajda rievoca la vita del Ghetto, ricostruito ("Senza grandi sforzi", dice amaramente il regista) in un quartiere operaio di Varsavia: è un tema che si ricollega ai primi film di Wajda ai bellissimi
Generazione e I dannati di Varsavia
. E' notevolissima la prova, nel ruolo di Korczak, dell'attore Wojtek Pszoniak. Ed è toccante, quel finale "lieto" come possono esserlo solo i sogni che arrivano dopo gli incubi. Un film da vedere.

LUX - 27 gennaio 2004 - GIORNATA DELLA MEMORIA
con la presenza in sala di Mario Jona, consigliere della comunità ebraica di Padova