Lady Henderson presenta (Lady Henderson presents)
Stephen Frears - Gran Bretagna 2005 - 1h 43'

da Corriere della Sera Magazine (Claudio Carabba)

     Quando le bombe cadevano, sull’Inghilterra assediata (dai nazisti), l’importante era trovare una via di salvezza, senza fuggire. Se i bambini di Narnia scoprono un armadio magico, la ricca e stravagante vedova protagonista di Lady Henderson presenta si inventa un teatro da rifondare nel cuore di Londra, non senza balli, canzoni e audaci nudi femminili. Partito da una piccola storia vera, film precedente in archivio Stephen Frears film successivo in archivio mescola la commedia buffa e il melodramma tragico, con mano leggera. La calligrafia è sin troppo bella, quasi vezzosa. Ma i due mattatori (la scatenata Judi Dench che pensa all’Oscar e Bob Hoskins, rude direttore) sono bravi e duettano bene. Occhio alla pallida Kelly Reilly, malinconica e orgogliosa Venere desnuda.

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

     È ispirato a un episodio storico, come il cinema ama farci sapere sempre più spesso. E' un film sul teatro, ma non un musical. E' una commedia di strana coppia, che lascia il sospetto lieve di una love story impossibile. Difficile ascrivere a un genere preciso Lady Henderson presenta. Più semplice dire che è un film incantevole, leggero e commovente, pittoresco e divertente; ma tutt'altro che privo di unghie. Dove - soprattutto - commedia e dramma si compenetrano in un'armonia che, ormai, sullo schermo s'è fatta merce rara. Tutto ha inizio nel 1937. Sepolto il marito, l'aristocratica vittoriana Laura Henderson si trova, quasi ottantenne, senza nulla da fare. Nulla d'interessante per un tipo come lei, almeno. Disdegnando i consigli delle amiche, la signora compra un teatro a Soho e assume un burbero direttore artistico, Vivian Van Damme. Come toccati dal colpo di fulmine alla rovescia, pare che i due non sappiano far altro che litigare. Però il Windmill Theatre è destinato a entrare nel mito. Angolo di Moulin Rouge nel cuore della bigotta Londra, ospita quadri viventi di donne nude; così, allo scoppio della guerra, diventa il simbolo di una doppia resistenza: contro la censura del governo e contro i bombardamenti tedeschi che dilaniano la città. Unico teatro mai chiuso (il gioco di parole era close/clothe, "noi non ci copriamo mai") durante i peggiori giorni del conflitto, a dar la misura della tempra della lady di ferro. La quale non è soltanto una vecchia eccentrica, ma custodisce un segreto che la spinge a proteggere i soldati britannici donando loro qualche momento di felicità.
Se gli attori troppo bravi possono dare ai nervi, non questo è il caso della sublime Judi Dench (ineccepibile la sua candidatura ai Golden Globe). Bisogna vederla duettare con Bob Hoskins animando una coppia di personaggi agli antipodi, ma di pari testardaggine, che battibeccano, s'insultano, si provocano, si ammirano e che, dopo un po', ti sembra di conoscere personalmente. Come vorresti conoscere la bionda Kelly Reilly, e non solo per le morbide grazie che offre allo sguardo.
Da quell'eclettico snob che è, Stephen Frears lascia agli attori tutto lo spazio vitale di cui necessitano. Poi, quasi senza parere, ne ritaglia uno per se stesso: spolvera via lo strato di manierismo rétro che tende a depositarsi sulle storie d'epoca, imprime al succedersi delle sequenze un ritmo vivace, si lascia andare con naturalezza sia all'istinto ludico, sia alla voglia di commuovere. E gioca beffardo col voyeurismo dello spettatore: il che, al cinema, non è mai casuale.

TORRESINO - febbraio 2006
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