Laissez-passer
Bertrand Tavernier - Francia 2002 - 2 50'

da  La Repubblica (Roberto Nepoti)

        Spesso i film di film precedente in archivio Bertrand Tavernier film successivo in archivio hanno testimoniato una passione per la storia nazionale. Con Laissez-passer il regista ci racconta un capitolo della storia del cinema francese che il cinema, finora, aveva praticamente ignorato. A Parigi, nel 1942, i film sono realizzati sotto l'etichetta della Continental, casa di produzione allestita dai tedeschi e diretta dal dottor Greven. Al centro del racconto spiccano due "caratteri" diversi e complementari. L'uno è lo sceneggiatore Jean Aurenche (che poi scriverà film per lo stesso Tavernier), sottaniere impenitente ma anche uomo di solidi principi, il quale rifiuta di cedere la propria penna agli occupanti. L'altro, il vero protagonista, è l'aiuto-regista e scenografo Jean Devaivre, che invece si piegò al collaborazionismo ma in realtà era entrato per calcolo alla Continental, contando di mascherare meglio la propria attività nella Resistenza. Intorno ai due gravita un centinaio di ruoli minori, sapientemente orchestrati: Tavernier non ha perduto la capacità di mettere in scena milieu fitti di personaggi dando, con l'aiuto di piccoli tocchi d'osservazione precisi ed efficaci, a ciascuno il suo. Via via, lo spettatore si rende conto che sotto la Continental non furono prodotti soltanto film di propaganda o di pura evasione, ma anche opere ambigue e corrosive, alcune delle quali fecero arrabbiare Goebbels. La sceneggiatura è basata su fatti reali; i nomi dei personaggi principali e di quelli di contorno (Jean-Paul Le Chanois, Maurice Tourneur, Charles Spaak, André Cayatte, Claude Autant-Lara, il grande attore Michel Simon, che si vede solo di spalle) si possono trovare nei dizionari di cinema. Però Laissez-passer è soprattutto un film-romanzo: perché, come recita una battuta, "c'è chi fabbrica pane e chi fabbrica storie" e Tavernier sa bene qual è il proprio compito. Nell'entusiasmo per il tema, magari, si è preso qualche libertà romanzando i fatti, aggiungendovi un'intonazione lirica qui (la lunga, bella sequenza del viaggio in bicicletta di Jean), una situazione umoristica là (l'incontro farsesco tra il protagonista e i servizi segreti inglesi). E ha centrato l'obiettivo, perché il risultato è uno spettacolo rivolto al pubblico più vasto, che può benissimo goderselo anche se le referenze citate sopra non gli dicono nulla.

La memoria storica del cinema francese: le polemiche del revisionismo (?) e il piacere della narrazione (!)
cinema invisibile-E20
TORRESINO ottobre-dicembre 2002