Segreti
di famiglia. Tutti ne hanno, nessuno li vuole. Ma il bello dei segreti è
che sono contagiosi. Ogni segreto ne genera un altro, poi un altro e un
altro ancora. Che alla lunga, naturalmente, sono sempre meno segreti e
sempre più comici (o tragici, ma più di rado).
Mine vaganti applica questo
principio al clan patriarcale di un industriale della pasta leccese e ci
porta di sorpresa in sorpresa con una leggerezza e una verve che il
regista de Le fate ignoranti
aveva un po' perso per strada dopo tanti film seri o seriosi se non cupi
ma poco convincenti (come l'ultimo,
Un giorno
perfetto). |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
Con Mine vaganti, suo ottavo film, Ozpetek si discosta dalle tinte melò che sembravano quelle a lui più congeniali, per abbracciare convinto un gusto umoristico e sorridente. Per tornare su un tasto quasi sempre presente, quello dei sentimenti dal punto di vista dell'omosessualità maschile, il regista turco/italiano si mette in campo e dedica il film a suo padre. Riproponendo un altro elemento caro, quello della comunità di affetti di solito considerata in maniera trasversale e allargata, mette al centro una famiglia in senso stretto, convenzionale e tradizionale. Una famiglia del meridione italiano, pugliese di Lecce. Ma in trasparenza va letto un riferimento all'esperienza e ai legami, all'educazione e alle origini, ai rimpianti, ai non detti e alle delusioni dello stesso autore [...] La mano di Ozpetek sugli interpreti non si smentisce: danno tutti il meglio e Scamarcio decolla definitivamente. La chiave di commedia è riuscita ed è il risultato della maturità, dei cinquant'anni del regista. Che ci dice senza retorica qualcosa di semplice e assoluto: nessuno ha diritto di dirci che cosa desiderare e progettare per la nostra vita. |
Paolo D'Agostini - La Repubblica |
...La trama si sviluppa in senso volutamente e piacevolmente ondivago, messa a frutto da uno stile sincopato su misura dei solari e sensuali scorci della città di Lecce e degli exploit come quelli del superFantastichini degno erede del Saro Urzì di «Sedotta e abbandonata» inseriti in un concerto di recitazioni armonico persino quando ha il fegato (qualcuno dirà spudoratezza) di scatenarsi nei quadretti satirici farseschi. Non a caso il pregevole lavoro sulle musiche dovuto a Pasquale Catalano aiuta Mine vaganti a impastare il lievito, appunto, della commedia all'italiana dei Germi o Monicelli con una visione più moderna, folle, spiazzante, camp, dove l'originalità è anche quella di accostare Patty Pravo a 50mila di Nina Zilli o The Way We Were dell'indimenticabile melò con Redford e la Streisand. |
Paolo D'Agostini - La Repubblica |
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Con Mine vaganti, suo ottavo film, Ozpetek si discosta dalle tinte melò che sembravano quelle a lui più congeniali, per abbracciare convinto un gusto umoristico e sorridente. L'operetta corale (ancor prima che morale) si tuffa di testa nella Lecce barocca e nella famigliona dei pastai Cantone, tra immense tavolate, una nonna che rimpiange l'amore e un figlio (Riccardo Scamarcio, in ottima forma) che ritorna per confessarsi gay... Solo il padre (il tumultuoso Ennio Fantastichini) rifiuta la realtà e dà il via a una tragicommedia all'italiana con tutto quel che possiamo immaginare, fra peccatucci provinciali esaltati fino al gossip e fantasmi che davvero camminano tra noi. |