Mike Nichols - Benjamin, Elaine e la nuova America

Mike Nichols (pseudonimo di Michael Igor Peschkowsky)
Berlino, 6 novembre 1931 – New York, 19 novembre 2014

    Quasi 20 film in carriera, un curriculum teatrale consolidato accanto alla moglie Elaine May, un'autorialità cinematografica “incerta” ma segnata da opere chiave del cinema americano fine anni ’60.

È il 1961 quando Mike Nichols, dopo aver esordito con la trasposizione della sue piece Chi ha paura di Virginia Woolf (memorabile il duetto Liz Taylor – Richard Burton) porta sullo schermo The Graduate dal romanzo di Charles Webb. La storpiatura del titolo italiano (da “il diplomato” a Il laureato) falsò in parte il profilo post-adolescenziale, ma l'impatto socio-stilistico del film fu straordinario, inalterato anche sotto il segno del tempo. Il film fu il risultato della combinazione di elementi disparati che pulsavano nel tessuto connettivo americano e che la sua regia seppe coordinare, coniugando emozioni concettuali, visive e sonore: Benjamin Braddock è un Holden più borghese e romantico, più intimista e quindi meno massificato, ma ingenuamente troppo candido (fondamentale l'interpretazione del volto-nuovo Dustin Hoffmann). E la mantide-Anne Bancroft, mentre sintetizza nel sesso la voracità suadente del compromesso e dell'ipocrisia della società adulta americana - a cui Benjamin concede una distaccata partecipazione (continuerà a chiamare la sua amante "signora Robinson") -, evidenzia pure, per contrasto, la speranza di una "filiazione" sociale diversa, di una "nuova America"; in quanto è proprio in sua figlia, la "virginale" Elaine (ah, Katharine Ross!) che Benjamin scoprirà un senso (sentimentale) da dare alla propria vita: il rapimento-fuga del finale, immortalato in immagini ormai "storiche" (perfino citate negli spot pubblicitari), è una non-conclusione esistenziale che ha stigmatizzato inconsciamente tutta una generazione.

La disillusione cui hanno fatto capo molte delle scelte di allora non ha tolto, anzi ha mitizzato il carisma de Il laureato così come la sete di limpida riflessività ed i conseguenti caratteri stilistici (per tutti la corsa-immobile di Benjamin "bloccato" dal teleobiettivo, il montaggio trasversale di luoghi e situazioni, l’amalgama "spirituale" delle canzoni di Simon e Garfunkel) hanno fatto da battistrada a quel momento cinematografico attento alla contemporaneità delle psicologie, al protagonismo dell'ambiente ed all'autonomia mitico-realista dell'oggetto filmico che si è provato ad individuare col termine "Nuovo Cinema Americano".
È in questa nuova realtà hollywoodiana che Nichols può passare da un "cinema dell'utopia" ad un "cinema dell'assurdo":
Comma 22 (1970) esprime figurativamente ciò che è alla base del fantomatico comma 22 del regolamento militare per cui "un pilota che risulti non sano di mente può essere esonerato dal servizio, ma un pilota che chieda di essere esonerato dal servizio non può considerarsi non sano di mente per cui potrà essere mantenuto in servizio".

Ma limitarsi ad apprezzare in quest'opera la dirompente carica antimilitarista è riduttivo poiché, proprio partendo dalla dinamica avanguardista del romanzo omonimo di Joseph Heller, Nichols elabora una critica totale a certo istituzionalismo asfittico della civiltà capitalistica americana ed alla idiosincrasia parossistica dell'individuo che le si confronta ("la guerra come stato della mente e della coscienza" puntualizzò a suo tempo Franco La Polla).
Con
Conoscenza carnale (1971) la satira si fa più acre ritraendo la gaudente (im)maturazione di due amici, Sandy (Art Garfunkel) e Jonathan (Jack Nicholson), in varie tappe del proprio vivere: dalle esperienze universitarie alle sicurezze oltre la soglia dei quarant'anni, i due si ritrovano squallidamente a confrontarsi con l'esibizionismo e la precarietà della propria ideologia esistenziale "a tutto sesso", verbale e pratico.

La concretezza della sceneggiatura di Jules Feiffer e la disarticolata espressività filmica della regia non si coniugano in una pellicola stilisticamente compiuta, ma, grazie anche alle azzeccate interpretazioni (Jack Nicholson, Candice Bergen e Art Garfunkel), l’impatto sociale si rivela forte e “scandaloso” (meritandosi la X di film osceno!)
Ci vogliono oltre 10 anni perché Nichols ritrovi una verve all’altezza del suo nome.
Silkwood (1983) mette in scena la storia vera di un’operaia che denuncia le condizioni di insicurezza sul lavoro in un impianto nucleare dell’Oklahoma e che muore in un incidente stradale prima di poter fare importanti rivelazioni al New York Times. La Karen Silkwood di Meryl Streep è un personaggio controverso e disorientato per la quale il veleno contaminante del plutonio diventa metafora del "malessere esistenziale" della società americana.

L’interpretazione valse alla Streep la nomination all’Oscar, così come era successo ad Anne Bancroft ed è proprio un tripudio di personalità attoriali ciò che contraddistingue la filmografia di Nichols: Meryl Steep ritorna con Jack Nicholson in Heartburn - Affari di cuore (1986) e in duetto con Shirley MacLaine per Cartoline dall'inferno (1990), Una donna in carriera esalta le personalità femminili di Melanie Griffith e Sigourney Weaver a fianco di Harrison Ford che è di nuovo protagonista in A proposito di Henry (1991). Di nuovo Nicholson per Wolf - La belva è fuori (1994), poi Robin Williams e Gene Hackman (Piume di struzzo, 1996) e John Travolta in I colori della vittoria (1998)…
Si arriva così agli anni 2000 con due film che chiudono il cerchio puntando ancora sulla forza del cast e sulla provocazione dei risvolti socio-politici.
Closer (2004, da una commedia di Patrick Marber) può essere visto come uno smaliziato aggiornamento di Conoscenza carnale in cui le coppie incrociate (Jude Law, Natalie Portman, Julia Roberts, Clive Owen) si disfano e si feriscono senza pietà: sesso e inganno, cinismo e tradimento, egoismo e disillusione orchestrati da Nichols su una partitura recitativa d’eccezione.

Una farsa dissacratoria è invece La guerra di Charlie Wilson (2007) che chiude la carriera dell’allora settantaseienne regista in maniera dignitosa e “coerente”: lo spirito di fondo è pragmaticamnte “democratico” (Wilson è un bizzarro senatore texano che indice negli anni ottanta una crociata personale per armare la resistenza afgana contro l'esercito russo. Peccato che poi quegli stessi afghani diventeranno i nemici giurati degli Usa…), il tono è da godibile commedia agrodolce. Nelle mani del terzetto formato da Tom Hakns, Julia Roberts e Philip Seymour Hoffman la satira politica è caustica, il gioco delle parti sfacciatamente libertino.

Fino alla fine Mike Nichols non ha rinunciato a vivisezionare miti e moralità di un'America destabilizzata...

ezio leoni - dicembre 2015

 cinema invisibile LUX gennaio-aprile 2015