Piccole bugie tra amici (Les petits mouchoirs)
Guillaume Canet - Francia 2010 - 2h 34'

  Un gruppo di amici riuniti per un periodo di tempo sospeso e concentrato, una disgrazia che pende sulle loro teste come la spada di Damocle. E un susseguirsi di piccoli (auto)inganni e mezze verità nelle quali ognuno suo malgrado si mette a nudo. Porgendo, discretamente, uno specchio agli spettatori. É la vecchia formula del Grande freddo di Kasdan, e come tutte le vecchie formule funziona ancora benone. Tanto che Piccole bugie tra amici in Francia ha avuto 6 milioni di spettatori, malgrado il coro di stroncature e distinguo intonato da una critica troppo ansiosa di smarcarsi dal gruppo di divi d'oltralpe messi in scena dal divo Canet (qui alla terza regia), per non insospettire. É vero, non è facile identificarsi con i poco magnifici 7 (più uno) di Canet, perché non rappresentano niente: ma proprio qui sta l'interesse del film. Raccontare una generazione (un mondo?) che non si definisce più in senso sociale o ideale, ma per lo stile di vita, come dire, da consumisti consapevoli.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

 Le piccole bugie sono quelle che si dicono a se stessi, e di conseguenza agli altri, magari per auto compatimento o sopravvivenza. Menzogne in apparenza inoffensive, che alla lunga incidono sulle scelte esistenziali e mistificano i rapporti affettivi. (...) Spaccato di una generazione di quarantenni immaturi e ispirato al regista da una depressione, il film ha un finale troppo convenzionale e assolutorio, e tuttavia cattura lo spettatore per la verità dei particolari, per la capacità di sintonizzarsi sul flusso naturale delle cose e per l'affettuosa caratterizzazione di personaggi che, grazie all'ottimo concertato degli interpreti, si fanno amare proprio in virtù delle loro umane debolezze.

Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa

  Figo essere Guillaume Canet: bello, bravo (dietro e davanti la macchina da presa) e con una dea (Marion Cotillard) per compagna. Già caso in patria, il suo terzo film da regista Piccole bugie tra amici, segnala l'attuale, siderale distanza tra il cinema francese e il nostro e, nello specifico, tra il suo ensemble generazionale e quelli di Gabriele Muccino film precedente in archivio: un amico in terapia intensiva a Parigi, gli altri al mare, a raccontarsi balle che sanno di verità, per un nuovo Grande freddo sciolto al sole di Cape Ferret, ma senza liquidare l'eredità di Kasdan e le geometrie relazionali di Truffaut e Cassavetes. Una ninfomane senza amore, un uomo di successo ma piccino, un omosessuale egocentrico, un padre di famiglia tentato, un avventuriero senza onore: è un mucchio poco selvaggio, molto triste, straordinariamente assortito, che chiede alla Cotillard e al Dujardin di The Artist, a François Cluzet (Quasi amici) e Benoît Magimel di giocare tra arte e vita, realtà e finzione. Ce la fanno, eccome, gettando la maschera e specchiando meschinità e sincerità, precarietà ed egotismo. Piccole bugie, dunque, e grandi verità: Canet non fa la morale, ma un vecchio cinema che sa di nuovo. 

Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano

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Cap Ferret. Un gruppo di amici parigini si ritrova per la consueta estate da passare nella grande casa sul mare. Ognuno, però, si è portato dietro i propri stress e il dolore per la mancanza di uno di loro, rimasto solo a Parigi in ospedale dopo un gravissimo incidente. Evidente è l'intenzione di realizzare qualcosa che abbia un respiro di bilancio generazionale: delusioni e rimpianti, ma anche successi e felici approdi tra chiacchiere, flirt e litigi di un gruppo di quarantenni. Una commedia francese, con ottimi attori, che bene miscela malinconia e umorismo.

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