Precious
Lee Daniels - USA 2009 - 1h 49'

miglior attrice non protagonista (MO'NIQUE)
miglior sceneggiatura non originale (GEOFFREY FLETCHER)

GOLDEN GLOBE:
miglior attrice
non protagonista
  Gran premio della Giuria

   Il nome completo sembra un refuso. Il resto è molto peggio. Claireece P. Jones infatti - P. sta per Precious ed è una crudele ironia - ha 16 anni, pesa un quintale e mezzo, vive nella Harlem del 1987, possiede un talento matematico naturale ma è semianalfabeta e aspetta già il secondo figlio. Da suo padre, che la violenta fin da bambina. Non bastasse, Precious abita con una madre padrona che se la tiene stretta per non perdere il sussidio statale e quando non se la infila a sua volta nel letto, per vizio, solitudine, disperazione, la picchia e la umilia senza pietà («Solo perché quello ti ha dato più figli che a me ti senti speciale, brutta troia»?). Anche nel buio più fitto però c'è uno spiraglio di luce. Per Precious questo spiraglio è la scuola "alternativa" per ragazze difficili in cui la spedisce una preside lungimirante. Gestita con mano ferma e vera dedizione da una bellissima nera di pelle chiara (capiremo più tardi che anche lei porta la sua croce), la scuola è anzitutto una comunità, un luogo - il primo - che faccia scoprire a Precious non solo il mondo ma se stessa, ovvero la possibilità di non tenersi tutto dentro ma di condividere i dettagli più atroci dell'unica vita che conosca, in un calibrato susseguirsi di rivelazioni che lascia lo spettatore sgomento e quasi incredulo. Per sopravvivere a tante atrocità la povera Precious, tutt'altro che ottusa malgrado l'espressione, si rifugia in un campionario di fantasticherie ingenue e sgargianti come la sua vita oltraggiosa che il bel film di Lee Daniels visualizza con stile ibrido fino all'eclettismo. Questo gusto per la contaminazione (di mondi, ambienti, linguaggi: nella scena più curiosa Precious proietta se stessa e la madre "dentro" La ciociara di De Sica) è la chiave di un film che malgrado gli orrori resta libero e mai ricattatorio. Ed è anche un equivalente visivo della scrittura grezza a sincopata, da diario di un'illetterata, del romanzo di Sapphire da cui è tratto il film (Push, 1996, edito in Italia da Fandango col titolo di Precious).
Curiosamente proprio questa libertà di tono, sconcertante per palati europei, rischia di essere il tallone d'Achille di un film che invece è due volte coraggioso. Per lo stile composito con cui dà forma a una miseria umana insostenibile. E per la franchezza con cui squaderna le tare meno edificanti di parte della comunità afroamericana. Non a caso negli Usa i portavoce del più ottuso apartheid al contrario hanno liquidato il film con argomenti andreottiani: anche nei ghetti i panni sporchi si lavano in famiglia, di certe cose non si parla.
Precious ne parla eccome, con stile efficace proprio perché sempre eccessivo, fuori luogo, fuori misura. Come la sua tenera e inquietante eroina (la debuttante Gabourey Sidibé, un portento). Un personaggio così estremo e ben tratteggiato da non lasciarsi mai ridurre a "caso", né arruolare sotto nessuna bandiera.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

   ...Per quanto le lacrime a fiumi, la disperazione inconsolabile, le atmosfere sature d'odio e la malvagità, senza se e senza ma, occupino un posto importante nella storia dell'opera lirica, della letteratura e del melodramma cinematografico, c'è un limite oltre il quale i conti artistici non tornano. Come ha sostenuto più volte nel suo stile brillante e provocatorio Alberto Arbasino, le «appagate nefandezze» tendono spesso a blandire la morbosità del pubblico e più ancora il piacere sadomasochistico di autori decadenti e furbissimi, finendo per trasformarsi paradossalmente in stereotipi che scaricano la coscienza. Il massimo rispetto, per carità, va alla feroce volontà d'auto-determinazione dell'eroina. Ma non sarà un caso che la bruttezza, l'abiezione, la malattia, diciamo pure la sfiga cosmica a cui pagano un prezzo indicibile i personaggi cattivi vengano didascalicamente «riequilibrate» dall'esemplare soavità di quelli buoni (Lenny Kravitz l'infermiere angelo custode e Mariah Carey la psicologa comprensiva) oppure da apostrofi audiovisive pacchiane come un volo di colombi o un liberatorio coro di gospel.

Valerio Caprara - Il Mattino


promo

Claireece Precious Jones, una teenager di Harlem obesa e proveniente da una famiglia estremamente disagiata, rimane incinta per la seconda volta e viene invitata in una scuola speciale nella speranza che la sua vita possa finalmente prendere una svolta positiva.
Senza ipocrisia, senza moralismo, senza censure da “politicamente corretto”, come del resto aveva già fatto Sapphire, autrice del libro omonimo da cui il film è tratto. E per riuscirci Daniels fa forza su un cast meraviglioso. In testa, Gabourey Sidibe, naturalmente, prigioniera lei stessa di un quartiere analogo (Brooklyn) e di un corpo non propriamente benevolo. E poi Mo'Nique (premiata con l'oscar), Lenny Kravitz, Mariah Carey e Oprah Winfrey (in veste di produttrice), che non hanno certo voluto mancare alla più obamiana delle pellicole recenti.

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LUX - dicembre 2010

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