Vincere
Marco Bellocchio – Italia/Francia 2008 - 2h 8'

  Chi vince in Vincere di Marco Bellocchio? Non Benito Mussolini, finito appeso per i piedi in piazzale Loreto a Milano. Non la sua donna (forse moglie) Ida Dalser, finita a 57 anni per emorragia cerebrale nel manicomio di Venezia, dopo esser stata per 11 anni respinta, spiata, pedinata, privata di tutto, separata per sempre dal figlio, reclusa tra monache complici e malate di mente: senza mai cedere alle convenienze dell'ex amante, ai compromessi e all'opportunismo, come invece andava facendo l'Italia fascistizzata. Non vince il figlio dei due, Benito Albino, rapito da piccolo, confinato in un collegio di preti, sottoposto a cambiamento di cognome, chiuso pure lui in manicomio, finito a 26 anni (per «marasma», secondo la cartella clinica).
Vince solo il regista, che ha fatto un gran film diverso da tutti, innovativo, dinamico, affascinante. Nuovo narrativamente: benché racconti una storia di passione, ripudio, dolore, straziante come un melodramma italiano, non accade mai a Bellocchio di indulgere al pathos: la distanza che sa mantenere rispetto alla sua protagonista ne accentua l'alta tragicità. Nuovo stilisticamente: è perfetta la fusione tra film e documenti visivi del primo Novecento; è magnifica la maniera in cui l'autore illustra Ia cultura pre-fascista con un'esattezza che diventa satira; è divertente il suo modo di raccontare il giovane Mussolini socialista-interventista-fascista, esemplare trasformista all'italiana e di accompagnare il ritmo veloce degli eventi con grandi scritte esclamative alla futurista (Audacia! Potere ai Soviet! Guerra, sola igiene del mondo!).
Sono bellissime le scene di passione carnale tra Mussolini e Ida, venate di brutalità. E bella l'atmosfera precedente e seguente la guerra: manifestazioni, risse, fughe, guardie a cavallo, corse, botte (solo Bernardo Bertolucci aveva fatto altrettanto bene in Novecento). E eloquente l'indifferenza cinica di Mussolini verso le due creature che avevano condiviso la sua vita e che diventavano ingombranti, forse scandalose, dato che lui era ormai ufficialmente sposato con Rachele, padre di Edda, in trattative con la Chiesa per il Concordato: la fotografia della firma dei trattato che invade tutto lo schermo, con il cardinal Gasparri e Mussolini in cilindro nero, lascia capire molto.
È essenziale l'intervento del cinema, che diventa l'unico luogo in cui Ida possa vedere l'ex amante sempre più potente, applaudito e adorato da folle più sterminate di quelle di qualsiasi comizio o concerto contemporanei; però era già in manicomio nel momento di massima vertigine cinecomica del discorso di Mussolini ad Ancona. Gli attori sono impeccabili: Giovanna Mezzogiorno esprime bene la coerenza ostinata, orgogliosa e rigorosa di Ida Dalser; Filippo Timi che interpreta Mussolini giovane e suo figlio adulto, è bravissimo. Ma non c'è dubbio che il più bravo sia e continui a essere
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Lietta Tornabuoni - La Stampa

  È proprio un melò futurista il nuovo potente, infrangibile film di Bellocchio sul figlio segreto di Mussolini e sulle segrete nozze con Ida Dalser: i coprotagonisti del romanzo sentimentale fascista moriranno in clinica psichiatrica. Bellocchio riscopre questa storia che ha tutti gli optional dei complotti lacrimosi di Matarazzo e intorno costruisce un film tipicamente suo sul regime, di cui riconosciamo i miasmi esemplificando la forza della comunicazione basata sul cinema. Vincere è un Nuovo Cinema Inferno, documenti e spezzoni (la sublime sequenza incrociata col Monello di Chaplin) con la voce stentorea del padrone che occupa tutti i media di allora. Sconcertante ed attuale per la polemica «antipsichiatrica», il film si avvantaggia della fotografia di Cipri, della superba prova di Filippo Timi, due Benito, e della ritrovata passione di Giovanna Mezzogiorno.

Maurizio Porro - Il Corriere della Sera

  Un film assai elaborato, complesso e stimolante, ancorché alterno sul piano dell'emozione e della comunicativa; ma certo un film dotato di una cifra stilistica rara e raffinata. Vincere conferma, innanzitutto, come Marco Bellocchio da una parte resti fedele ai temi-chiave della propria personalità artistica (l'autoritarismo delle istituzioni e la rabbia antiborghese) e dall'altra tenda sempre a rimettersi in gioco, sperimentare, provocare cortocircuiti tra gli input della storia e della realtà e quelli dell'immaginazione e dell'iconografia. La sfida del film sta tutta nel sottile, arduo equilibrio che si stabilisce tra narrazione e/o finzione, inserti documentaristici e riflessioni personali ad ampio spettro metaforico. D'altronde su Mussolini era troppo facile esprimersi con l'accetta drammaturgica; troppo facile, intendiamo, per un regista come Bellocchio che sa trovare spunti spiazzanti nella verità più conclamata così come negli angoli più oscuri e inesplorati della psiche: dunque le disperse notizie sulla focosa relazione del giovane Benito con la trentina Ida Dalser, la nascita di un figlio maschio e la successiva, disperata quanto vana battaglia di entrambi per farsi riconoscere dal Duce ormai trionfante, coniugato e intoccabile diventano la dinamo di un percorso elettrico ed ellittico, squassato da una colonna sonora possente e fissato da sequenze ad alta suggestione figurativa. Tutta la prima parte di Vincere è ammaliante, grazie all'erotico connubio tra la figura del Mussolini mangiapreti e interventista incarnata da un allucinato Filippo Timi e la compulsiva dedizione della Dalser, interpretata da una Giovanna Mezzogiorno sulla scia dell'Adjani di Adele H.. I riferimenti, come sciorinato in tutte le interviste, sono indirizzati all'estetica futurista (soprattutto per quanto riguarda i principi della scomposizione del colore e della forma), ma anche ai valori plastici del cinema muto sovietico e alla dinamica del montaggio di Ejzenstejn: la fotografia di Daniele Ciprì, in questo senso, conferisce al tutto un magico «tempo sospeso» (altro che sgangherate allusioni alle diatribe italiote politicanti). Il privato e il pubblico, insomma, si scontrano con una veemenza già poeticamente eversiva, che le circostanze storiche contribuiscono solo a spingere verso il noto esito di totale annullamento...

Valerio Caprara - Il Mattino

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2009