Il regno d'inverno - Winter Sleep (Kis uykusu)
Nuri Bilge Ceylan - Turchia/Francia /Germania 2014 - 3h 16'

Palma d'oro - CANNES 67

    Palma d’oro al Festival di Cannes, candidato turco agli Oscar, arriva in sala Il regno d’inverno, l’ultimo film di Nuri Bilge Ceylanfilm precedente in archivio. Un’opera che dialoga con lo spettatore prima ancora che il film inizi. La cosa che chiede è quella di accettare la sua lunghezza: si tratta infatti di tre ore e venti di grande cinema. Una durata inconsueta per un film che esce in sala nella sua unica versione possibile. Nessuna parte uno e nessuna parte due nessuna versione per la sala e nessuna versione integrale.
Il regno d’inverno è così, ha quella lunghezza e chiede allo spettatore di immergersi nel mondo che gli offre.
Il. mondo messo in scena da Ceylan è una sorta di immenso palco teatrale nel quale il “re” del regno è Aydin, un attore di mezza età che, ritiratosi dalle scene, gestisce un albergo in Cappadocia. Qui, oltre a qualche sparuto turista, troviamo le due “regine”, la sorella Necia, con la quale ha un rapporto costruito su piccole e continue provocazioni e la giovane e bellissima moglie Nihal.
Per tutta la durata del film, lo spettatore assiste a lunghi dialoghi nei quali ci si immerge, oltre che nel grande cinema, nella grande letteratura. I modelli di riferimento sono tre racconti di Cechov, di cui Ceylan non rivela i titoli per non orientare troppo la lettura del film, e Shakespeare, omaggiato anche nel nome scelto per l’albergo che infatti si chiama Otello.
Gli avvenimenti attorno ai quali si sviluppa la trama sono minimi. Si può dire che tutto abbia inizio dal lancio di un sasso che colpisce la macchina di Aydin e che lo obbliga a conoscere e a prendere consapevolezza dei suoi vicini. Oppure tutto ha inizio quando Nihal decine di dar vita un progetto benefico per contribuire all'istruzione delle nuove generazioni. O tutto comincia quando la sorella Necia deci de di rifugiarsi nell'albergo dopo un divorzio non ancora sopito.
Non c'è mai un vero centro ne
Il regno d’inverno. Piuttosto, come succede a teatro, c'è la messa in scena di qualcosa di statico. Il teatro, differentemente dal cinema, tende a piegare le trame verso se stesse, materialmente il palco delimita il dinamismo che non può accadere oltre che allo spazio della scena.
Ma Ceylan, fa de
Il regno d’inverno qualcosa che è cinema, teatro, pittura e letteratura allo stesso tempo. Conta la qualità della messa in scena, sia che sia al chiuso di una stanza o che prenda vita dall'incredibile scenografia offerta da certi quadri che ci parlano di una Cappadocia piena di mistero, come fosse un luogo alla fine del mondo, perfetto quindi per rifugiarvisi. L’autore non si preoccupa dei tempi, come quando si scrive non ci si pone il problema se il libro sarà di cento, duecento o trecento pagine. Ci si impiega il tempo necessario. Per questo motivo Il regno d’inverno è prima di tutto un'esperienza, che esce dai canoni cinematografici. E chiede semplicemente di essere attraversata.
Ceylan chiede di varcare le soglie di questo regno. Vuole raccontare delle umanità. Ne mette in scena le miserie, i dubbi, le frustrazioni. Ci parla di cosa si è fatto, di cosa si voleva fare e di cosa non si è riuscito a realizzare. Consiglio per la visione: guardate, ascoltate, distraetevi, annoiatevi, vivete questo tempo in tutte le forme possibili, come accade nella vita, quella vera, quella di tutti i giorni.

Alberto Fassina - ottobre 2014 - La Difesa del Popolo