C'era una volta in America (Once Upon A Time in America)
Sergio Leone - USA 1984 - 3h 38'

  "Che hai fatto in tutti questi anni, Noodles?" - "Sono andato a letto presto"

C'era una volta in America è un'opera mosaico in cui passato e presente si accavallano secondo una precisa logica nostalgica; così il film si apre e si chiude sul 1933 ma per l'inizio del racconto occorre andare al 1922: il quattordicenne David Aaronson, detto Noodles, è un lazzarone di quartiere (quello ebreo del Lower East Side di New York) avviato al mestiere di gangster. Già incendiario per estorsione con gli amici Patsy, Cockeye e Dominic, quando incontra Max si decide al salto di qualità: riescono a procurarsi col ricatto la protezione di un poliziotto, soffiano a Bugsy, piccolo boss locale, il controllo sul contrabbando di whisky e col crescere dei guadagni costituiscono un fondo comune, depositato in una cassetta della stazione ferroviaria. L'aver mosso le acque causa però rancori e vendette. Bugsy ammazza il piccolo Dominic, ma è a sua volta ucciso da Noodles, il quale è arrestato e condannato a nove anni di prigione.
Nel '39, quando esce, i «soci» hanno accresciuto il loro potere, si è allargato il raggio delle attività e subito Noodles riprende il suo posto nel vivo dell'azione. Egli rincontra anche Deborah, sorella dell'amico Fat Moe, che aveva lasciato ragazzina (la spiava mentre muoveva i primi passi di danza nel vecchio magazzino) e che ora ritrova donna, bella e sicura di sé. Tra i due, oggi come allora, c'è un forte legame di sentimento, ma il cinismo dell'ambiente e la voglia di affermazione di lei nel mondo dell'arte allontanano ogni possibilità di una relazione: quando, dopo una splendida serata insieme, Deborah gli si rifiuta nuovamente annunciandogli la propria partenza per Hollywood, il carattere violento di Noodles esplode ed egli brutalmente la violenta nell'auto. In compenso gli affari della banda prosperano, specie dopo che «i quattro cavalieri dell'apocalisse» hanno spalleggiato con successo una battaglia sindacale. Quando però l'annunciata abolizione del proibizionismo preclude drasticamente le loro entrate future, Max progetta un pazzesco colpo alla Banca della Riserva Federale. Pur di fermare questa follia Noodles arriva ad autodenunciarsi, assieme ai compagni, durante l'ultimo trasporto di whisky. Tutto purtroppo va storto: egli all'ultimo momento non può partecipare alla spedizione e l'intervento della polizia provoca l'incendio del camion e la morte di Patsy, Cockeye e Max. Mentre cerca di dimenticare, tra i fumi dell'oppio in un «teatrino» cinese, dei killer gli danno la caccia per punirlo per il suo tradimento. Noodles riesce ad eliminarli e fugge da New York, senza però poter portare con sé il bottino: la valigia nella cassetta ferroviaria é solo piena di vecchi giornali...
Dopo più di trent'anni (1968) Noodles torna alfine a New York. Qualcuno l'ha rintracciato e convocato, con una lettera anonima, a far visita al mausoleo della tomba dei vecchi amici. Lì egli trova una chiave della cassetta ferroviaria: questa volta all'interno c'è una valigia piena di soldi con un sibillino messaggio «in pagamento del prossimo contratto».Per saperne di più Noodles rintraccia prima Deborah, ormai acclamata attrice, poi un certo senatore Bailey che lo ha invitato ad un party nella sua sontuosa villa. Noodles scopre che Deborah e il senatore fanno da anni coppia fissa e che c'è un figlio, ormai quasi ventenne, che assomiglia straordinariamente a Max da giovane. In effetti Bailey è proprio Max che nel '33 aveva imbrogliato Noodles e compagni per arraffarsi tutto il gruzzolo. Ora è braccato da killer che vogliono impedirgli di testimoniare ad un processo per speculazioni d'alto bordo ed implora l'amico di giustiziarlo («sei l'unico da cui potrei accettare la morte»).Noodles si comporta come se nulla fosse cambiato: finge di non aver visto lacerare così tristemente il velo dei suoi ricordi, preferisce credere Max morto insieme agli altri 30 anni prima e lascia che «il senatore Bailey» sopporti le conseguenze del suo nuovo destino.

    C'era una volta... Già nel titolo si può percepire la linea dominante del film di Leone: la nostalgia. E' questa la chiave di lettura che il regista delinea attorno al personaggio di Noodles, sulla cui avventura umana è centrata tutta l'opera: si apre con i killer che gli danno la caccia, vive dei suoi ricordi, si chiude sulla sua risata tra i fumi dell'oppio. La nostalgia è quella per "1'innocenza" dei teppisti piromani e dei furti ai passanti ubriachi, per i giovanili colpi di genio (i palloncini con zavorra di sale) che valevano l'appalto per un business; è quella per l'approccio scanzonato alle emozioni con le ragazze - con una sessualità adolescenziale che poteva andare in crisi di fronte alla golosità per un dolce alla panna (e cilieginal) - e per il fascino "estraneo" ma pur sempre pregnante della devozione ebraica, per i languori romantici di fronte all'eleganza di una bambina orgogliosa che piroetta tra i sacchi di farina.
E' soprattutto la nostalgia per l'amicizia e l'amore "traditi" dallo scorrere della vita. E' l'eterna nostalgia umana per tutto ciò che avrebbe potuto essere e che non è stato. Questo è il sentimento più forte che
C'era una volta in America riesce a trasmettere ed è questo essenzialmente il suo pregio, quello cioè di far sentire lo spettatore avvinto, coinvolto per tutte le quasi quattro ore di proiezione, quello di lasciarci un senso di amara nostalgia, in sintonia con le disillusioni dell'anti-eroe Noodles. Noodles che violenta Deborah per spezzare definitivamente il suo sogno di un amore impossibile, per violentare un ricordo troppo dolce; Noodles che tradisce e avverte la polizia (i 22 squilli di telefono!) per un sacrificio comune nel segno dell'amicizia; Noodles che cerca di dimenticare nella droga i corpi senza vita di Patsy, Cockeye e Max. Noodles che vuole conoscere la verità e che non vuol riconoscere Max nel senatore Bailey (Deborah lo ammonisce: "Siamo vecchi, ci restano solo i ricordi; se vai a quella festa non avrai nemmeno quelli, li perderai" e poi, alla festa, Max-Bailey: "Ho rubato la tua vita e l'ho vissuta al tuo posto. Ti ho lasciato solo trentacinque anni di rimorsi"), Noodles che, annebbiato dall'oppio, suggella il film con una risata che pare voler sbeffeggiare, ancora una volta, in chiusura, le illusioni e i sogni che la vita sembrerebbe proporre. Così C'era una volta in America è pure, sempre nostalgicamente, un film sul sogno, il sogno americano dove il successo e la felicità dovrebbero andare perennemente a braccetto, dove il romanticismo riuscirà sempre a stemperare la violenza...Qui il sogno americano è vissuto da un cineasta europeo che lo demitizza tra crudezza ed intimismo, secondo un'ottica "di borgata" dove il sogno principe non è né l'amicizia né l'amore, ma 1'epos che questi due elementi (insieme a tanti altri quali tradimenti, ricordi, vendette, morte e speranza, dolcezza e brutalità) riescono a creare in un racconto. Il sogno insomma è forse il cinema stesso, la pacatezza e la virulenza delle immagini, il dilatarsi e il pulsare del ritmo narrativo, il brivido e il languore delle atmosfere. E allora, come ha detto Leone stesso, "La nostalgia è quella per un certo tipo di cinema, il grande cinema americano che ha segnato la nostra infanzia e che tutti abbiamo ancora nel cuore".

ezio leoni - Espressione Giovani  novembre-dicembre 1984

Soggetto: "The Hoods" (Mano armata) romanzo di HarryGrey.
Sceneggiatura: Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Enrico Medioli, Franco Arcalli, Franco Ferrini, Sergio Leone.
Dialoghi aggiunti: Stuart Kaminsky.
Fotografia:Tonino Delli Colli Operatore: Carlo Tafani.
Montaggio: Nino Baragli.
Scenografia:Carlo Simi Costumi: Gabriella Pescucci.
Musica: Ennio Morricone.

canzoni: God BlessAmerica (Berlin), Summertime (George e Ira Gershwin, Dubose Heyward), Night and Day (Porter), Yesterday (Lennon, McCartney), Amapula (La Calle), Ouverture de La gazza ladra (Rossini).

Interpreti: Robert De Niro (Noodles), James Woods (Max-senatore Bailey), Elisabeth McGovern (Deborah),Treat Williams (Jimmy O' Donell), Tuesday Weld (Carol), Burt Yuung (Joe), Joe Pesci (Frankie), Danny Aiello (capo della polizia).
Produzione: Arnon Milchan per Ladd Company. Distribuzione: Titanus.

 

I tre miliardi che Per un pugno di dollari incassò nelle sale italiane furono il vero biglietto da visita di Sergio Leone (Roma, 3 gennaio 1929). Egli aveva acquistato un valido bagaglio professionale, dal dopoguerra agli anni sessanta, facendo da assistente alla regia in oltre cinquanta film, specialmente di genere avventuroso e firmati da nomi famosi quali Walsh, Wyler, LeRoy. Dopo aver sostituito nel '59 Mario Bonnard nella realizzazione di Gli ultimi giorni di Pompei (ma la regia non gli è accreditata), Leone aveva esordito ufficialmente con Il colosso di Rodi (61), film di buoni risultati, tecnici e commerciali, nel genere mitologico allora imperante. Ma è con Per un pugno di dollari (64) che il suo stile e la sua personalità si delineano definitivamente. Nel film, che ben presto si configura come «manifesto» del western all'italiana (spaghetti-western) e che apre, nella carriera dell'autore, la cosiddetta trilogia del dollaroquizn°13, i canoni del cinema western tradizionale vengono strapazzati da un'ondata di autarchia, disvalori e violenza che ridimensionano il mito del western focalizzandolo in luoghi brulli e inospitali, dove la società dei gun-men (il discorso dei pellerossa è del tutto assente)é satura di odio e di scontri sanguinolenti, assolutamente astratta dalla complessità storica e da uno spessore interiore, radicalizzata nei manierismi di una drammaticità d'effetto: l'anti-eroe solitario e cinico (e infallibile!) interpretato da Clint Eastwood sembra catalizzare attorno a sé un mondo descrittivamente western ma praticamente sospeso in un'epopea picaresca, sferzata da un'iperbole di violenza e cadenzata dagli ossessivi ritmi sonori di Morricone. Eppure Per un pugno di dollari, con tutte le sue "negatività", ha un proprio fascino ed una propria autorialità che vanno imponendosi a livello non solo d'incassi, ma pure di critica filmica.
Con Per qualche dollaro in più (65), che aggiunge efferatezza (la violenza carnale) ma anche ironia (il pistolero-ragioniere a cui non tornano i conti), si arriva alla connotazione più precisa del carattere stilistico di Sergio Leone: il personaggio di Eastwood (qui il Monco) appare meno monolitico, Gian Maria Volontè intorbida sensualmente il suo degenerato indio, Lee Van Cleef introduce un concetto di "gratuità" d'onore che, con la tematica del bounty-killer, rimescola le carte nella direzione del western classico. Per qualche dollaro in più fa soprattutto da opera di transizione (forse la più calibrata e, forse proprio per questo, meno "isolabile" nel meccanismo di memorizzazione antologica) verso la magniloquenza, sfacciata e ridondante nella complessità di relazioni tra personaggi e pseudo-storia (la guerra di secessione), del "capolavoro" Il buono, il brutto, il cattivo (67). Non si può non pascersi dell'abundantia narrativa e figurativa che accompagnano il crescere del western di Leone, anche se l'impressione di un che di eccessivo (in durata, in pretenziosità, in violenza, in volgarità) tende talvolta ad incrinare il pieno apprezzamento della sua opera. Così pure in C'era una volta il West (68) la dilatazione dei tempi morti, la fissità dei volti a tutto schermo e la pignoleria del particolare pseudo-storico si coniugano non sempre perfettamente su una partitura musicale (sempre Morricone) e su una tematica epica di indiscussi fascino e respiro. Resta in ogni caso la conferma dell'ormai grande maestria, non solo tecnica, del regista, di una maturità artistica ormai perfettamente conscia delle proprie intenzioni: "con C'era una volta il West decisi di mostrare la prima frontiera americana utilizzando gli stereotipi più scalcinati: la puttana arrivista, il bandito romantico, il banchiere disonesto... In breve, intrapresi la realizzazione di un affresco sulla nascita di una nazione dove dei veri uomini si trovarono a confronto con il grande "boom" e le speculazioni". Giù la testa, del '71, pur con l'inconsueto sguardo "politico-messicaneggiante" e le viscerali interpretazioni di James Cobum e Rod Steiger, fa sentire una certa stanchezza nella vitalità creativa di Leone. Certo è che, esaurito e completato il ciclo western nell'ambito di una complessa demitizzazione dell'archetipo hollywoodiano, Sergio Leone rivolge sempre più l'attenzione al suo maxi-progetto su un'epopea del gangsterismo americano. C'era una volta in America vede alfine la luce nel maggio dell'84 (Festival di Cannes) e si presenta come uno straordinario puzzle di ricordi, di presente e passato, in cui amore e amicizia, sogni e tradimenti si fondono, si confondo magistralmente permettendo a Leone di tirare le fila dei concetti-base della sua epica d'autore, di contrapporre nostalgicamente intimismo e violenza, di sublimare metalinguisticamente il suo concetto di cinema.

ezio leoni - Espressione Giovani  novembre-dicembre 1984

  

filmografia di
Sergio Leone
(Roma, 1929 - 1989)

anni '40-'50 assistente alla regia in circa 58 film

1959 Gli ultimi giorni di Pompei (in sostituzione di Mario Bonnard,anche se nei titoli risulta solo come regista della seconda unità)
1961 Il colosso di Rodi
1962 Sodoma e Gomorra (in co-regia con Robert Aldrich; filma le battaglie, le parti più dinamiche)
1964 Per un pugno di dollari
1965 Per qualche dollaro in più
1967 Il buono, il brutto, il cattivo
1968 C'era una volta il West
1970 12 dicembre ("Document on Giuseppe Pinelli" film collettivo di contro-informazione)
1971 Giù la testa
1973 Il mio nome é nessuno (alcune scene come «spalla» del suo allievo Tonino Valeri)
1975 Un genio, due compari, un pollo (solo una scena, la regia è di Damiano Damiani)
1976-1983 vari spot pubblicitari [tra cui: Dany Danone-Gervaise, Solara-Talbot, Petra e Il diesel si scatena-Renault]
1984 C'era una volta in America

  

Curiosità bio-fimiche

  • Sergio Leone è doppiamente figlio d'arte: sua madre, Bice Valerian, era attrice del cinema muto (eroina in un western del 1909?) e il padre Roberto era un buon regista dell'epoca (ufficialmente apprezzato dalla Bertini e "scopritore" di Bartolomeo Pagano, il Maciste di Cabiria); il suo nome in arte era Roberto Roberti (per imitare Ruggero Ruggeri...) ed anche il figlio Sergio debuttò nel western con uno pseudonimo: Bob Robertson, cioè "figlio di Roberto Roberti".

  • Leone ebbe pure un'esperienza recitativa nientemeno che con De Sica: in Ladri di biciclette (1948) era uno dei pretini tedeschi che si rifugiano dalla pioggia sotto l'arco di Porta Portese.

  • Per il soggetto di Per un pugno di dollari Leone si ispirò a La sfida del samurai (Yojimbo, '61) di Akira Kurosawa (fu addirittura ritenuto colpevole di plagio dal tribunale che concesse alla produzione giapponese il 15% dello sfruttamento mondiale della pellicola). D'altra parte, a sua volta, Kurosawa aveva trasportato in una storia di samurai il romanzo nero di Hammet Red Harvest; "collocandolo in un contesto western non ho fatto altro che rendere giustizia al testo, riducendo la vicenda nella sua patria d'origine" (S.L.).

  • Sergio Leone "gira" con la musica, per creare atmosfera. Anche attori contrari o abituati alla presa diretta, come Henry Fonda e Robert De Niro si sono trovati alla fine a loro agio in questa situazione, arrivando addirittura ad esigerla: "No, non mi va bene. Adesso sono io che voglio la musica" (H. Fonda sul set di C'era una volta il West).

  • La differenza fondamentale, secondo Leone stesso, tra il suo cinema e quello di John Ford sta nel fatto che: "Lui era un ottimista mentre io sono un pessimista. Dico sempre, quasi come una battuta, che i personaggi di Ford, quando aprono una finestra, scrutano sempre, alla fine, questo orizzonte pieno di speranza e di futuro; mentre i miei, quando aprono una finestra, hanno sempre paura di ricevere una pallottola in mezzo agli occhi".

  • C'era una volta il West, proprio nelle intenzioni del regista, volle essere una celebrazione della morte del west: nel progetto iniziale, durante il corso del film, Armonica (Charles Bronson) avrebbe dovuto uccidere il Buono, il Brutto e il Cattivo ma l'idea non andò in porto poiché non tutti gli interpreti originari accettarono.

  • Un grosso estimatore di Leone è John Milius. L'uomo dai sette capestri lo scrisse proprio per lui (poi dovette "accontentarsi" di Huston) e per Il vento e il leone è andato a girare in Almeria esigendo quegli attori secondari spagnoli che erano stati utilizzati dal regista italiano per i suoi western.

  • Riguardo alle analogie con il cinema di Sam Peckimpah, Sergio Leone ha dichiarato: "Io e Sam ci conosciamo da tanto. Quanto alla polemica su chi dei due abbia imitato l'altro, Sam disse soltanto - Senza Leone io non sarei esistito -.Io credo di avergli aperto un certo modo di far cinema".

  • Tra i film rifiutati da Sergio Leone (oltre il già citato L'uomo dai sette capestri) va segnalato Il Padrino: il regista italiano ha una cattiva conoscenza dell'inglese e fece leggere il romanzo di Mario Puzo ad un amico che lo consigliò male... Anche per Giù la testa Leone voleva essere solo produttore; poi, quando saltarono le candidature di Bogdanovich e Peckimpah, egli dovette accollarsi la regia del film, "impostagli" dagli attori (Coburn-Steiger) che si rifiutarono di accettare la parte se egli non avesse preso il film in mano di persona.

  • La scelta degli attori per Leone é sempre stata fondamentale anche se talvolta costretta da esigenze di produzione o dettata da fugaci impressioni. In Per un pugno di dollari il protagonista doveva essere James Coburn, reduce da I magnifici sette, ma il suo cachet troppo alto dirottò la scelta sull'apatico Clint Eastwood. Anche Lee Van Cleef fu una "riserva" (di Lee Marvin, impegnato, ai tempi di Per qualche dollaro in più, in Cat Ballou): Leone si ricordava del suo aspetto da cannoniere in una comparsata in Mezzogiorno di fuoco... Henry Fonda fu voluto per C'era una volta il West per capovolgere i canoni del "volto buono", per smitizzare un certo mondo western. Volontè era ben caratterizzato per Per un pugno di dollari, ma la sua recitazione troppo estroversa rese necessario il particolare del fumare la cocaina per valorizzarla nel contesto. Charles Bronson non sembrava abbastanza famoso a press-agent americani per fare il protagonista di C'era una volta il West, ma per Leone "era importantissimo, perché era proprio quello che, con la faccia che si ritrova, è capace di fermare le locomotive". Per De Niro infine come protagonista di C'era una volta in America la scelta cadde quando era ancora pressoché sconosciuto, già agli inizi del progetto del film dopo averlo visto in Mean Streets. Oggi come oggi le motivazioni del suo impiego hanno assunto anche un carattere metalinguistico: "C'era una volta in America, pur con una rigorosa ricostruzione storico-ambientale, è sostanzialmente una favola. De Niro, come attore, ha sempre rappresentato l'emblema di un cinema realistico o addirittura iper-realistico. Il suo e il mio adattarsi alle reciproche necessità ed alle reciproche caratteristiche, se vogliamo, è proprio quel qualcosa di nuovo che mi ha fatto desiderare di più di averlo come protagonista del film».

  • La gestazione di C'era una volta in America ebbe inizio ormai più di dieci anni fa, quando Leone lesse A mano armata, (The Hoods), un libro, in parte autobiografico, di Harry Grey, pseudonimo di un certo Goldberg, ebreo newyorkese, ex gangster. Leone si entusiasmò, andò in America a conoscere Goldberg e, assicuratisi i diritti cinematografici, cominciò a contattare produttori e sceneggiatori. Tra i primi ci fu la "delusione" di Alberto Grimaldi, che si ritirò dall'impresa; tra i secondi non trovò la sintonia giusta con il regista neppure un autore del calibro di Truman Capote. Alla resa dei conti il film ha reso necessari due anni e mezzo di lavorazione ed una spesa di 23 milioni di dollari. All'uscita poi negli USA è arrivata la controversia con la distribuzione americana (la Ladd Company di Alan Ladd Jr.) che ha presentato C'era una volta in America ridotto a due ore e 24 minuti e rimontato secondo uno schema narrativo puramente temporale. Leone comunque, spalleggiato da buona parte della critica, è riuscito ad ottenere che fosse distribuita anche la versione originale della sua opera.

  • La cruda astrazione western di Per un pugno di dollari aveva disturbato l'opinione pubblica di allora: nel '64 il film era stato per questo duramente criticato e si era auspicata la clausola del vietato ai minori di 14 anni. Oggi, la sublimata, ma ben più truce, violenza di C'era una volta in America, pur se maggiormente omogenea nel contesto quasi onirico dell'opera, è arrivata sugli schermi senza nessuna dicitura di controllo e senza che alcuno si sia fatto patemi d'animo. Alla faccia della tutela dei minori!

  • Tra i prossimi progetti di Sergio Leone (oltre ad un film su Garibaldi propostogli da Craxi!?) c'è ancora una vecchia idea, "quella di fare un film da I novecento giorni di Salisbury, sull'episodio più incredibile di eroismo collettivo dell'ultima guerra, la resistenza di Leningrado, quando per salvare la città dai tedeschi e da Stalin che l'avrebbe fatta saltare all'ingresso dei nemici, morirono anche di fame due milioni e mezzo di persone... L'immagine dell'inizio del film è già pronta per essere girata: Shostakovic che compone al piano la sua Settima sinfonia e la gente che armata di fucile prende il tram per andare oltre le mura a combattere...».