Inside Man
Spike Lee - USA 2006 - 2h 09'

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

    Diavolo d'uno film precedente in archivio Spike Lee! film successivo in archivio Abituato a fare film nel più indipendente dei modi, ne accetta uno su commissione (lo doveva dirigere Ron Howard); e non solo ne fa uno tra i migliori thriller delle ultime stagioni, ma ci stampa anche chiara la sua firma d'autore. Il soggetto è quello classico della "bank robbery". Una banda di rapinatori irrompe in un prestigioso istituto di credito di Wall Street, sequestrando un piccolo esercito di ostaggi. Tenta di mediare con i banditi il poliziotto Denzel Washington, in contemporanea con una volitiva avvocatessa, Jodie Foster, ingaggiata dal padrone della banca e che gli mette i bastoni tra le ruote. I sequestratori si ritrovano sequestrati a loro volta. Tutta la faccenda, già di per sé incasinata, è ancor più complicata delle apparenze (i rapinatori non cercano soldi, ma documenti compromettenti), dando luogo a una serie di colpi di scena e ribaltamenti, più una sorpresa alla David Mamet, che mettono film e spettatore al sicuro dai tempi morti.
Dalla tradizione hollywoodiana al recente
A history of violence di Cronenberg, la storia del cinema conta molti casi di film "di studio" che diventano opere originali e personali. Lo è, senza dubbio, Inside Man, con cui Lee ritrova la forma del grande La 25a ora dopo la pausa minore di Lei mi odia.
In primo luogo, c'è lo stile di regia: il senso dell'inquadratura (ciascuna è una lezione di cinema), l'alternanza del montaggio nervoso e serrato (nulla a che vedere, però, con l'estetica videoclippara) con piani più lunghi e distesi; l'uso competente della musica. Poi
, Spike gioca sapientemente con la tradizione del noir; non per fare cinefilia (come non è semplice cinefilia la citazione esplicita di Quel pomeriggio di un giorno da cani, cult del cineasta), bensì per situare il proprio film a una sorta di crocevia tra le configurazioni che il genere ha assunto attraverso i decenni (il dandysmo di Washington somiglia molto a quello di Humphrey Bogart). E fin qui, si parla di padronanza della materia e di eleganza della messa in scena, che sono i fondamenti del cinema.
In sovrappiù, Lee riesce a mettere dentro un film di genere fatto secondo le regole i temi d'attualità che - giustamente - lo ossessionano: i timori sulla metamorfosi dell'America seguita all'
11 settembre; le relazioni interrazziali, sempre in primo piano nella sua filmografia; le collusioni tra onesto e disonesto, giusto e ingiusto. Ci aggiunge una dose di humour (il bambino di colore fan di 50 Cent), tocco finale di un film che unisce piaceri del "classicismo" e osservazione della realtà come, oggi, ben pochi altri sanno fare.

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2006