novembre-dicembre 2001
gennaio-febbraio
2002

bimestrale di cinema, cultura e altro...

n° 2
Reg.1757 (PD 20/08/01)

 

Numero doppio questo secondo di MC magazine, che copre da settembre ad oggi e che risulta intenso più di "altro" che di cinema. L'11 settembre "broken in USA" continua a pesare sul vivere civile (?) mondiale, la scomparsa di George Harrison ha dato un'ulteriore stretta al cuore agli apple scruffs, la prima buona azione dell'Euro è stata quella di zavorrare i nostri portafogli (ok, ripristiniamo il termine portamonete!) e, buon'ultima, l'uscita di Harry Potter-il film ha scombussolato classifiche (e pareri) del box-office cinematografico.
Nel mezzo
MC magazine prova a dare un suo contributo "scolastico" affiancando ad un articolato intervento didattico sullo studio del linguaggio cinematografico (dedicato agli insegnanti  delle superiori) una sgomenta riflessione al tentativo di affondamento dell'istruzione pubblica.

  Per stabilire quanto una stagione cinematografica sia "grassa" occorre attendere giugno, ma l'impressione, dopo la "magra" di Venezia, era che la media d'essai (a questa intendiamo riferirci, non solo ai risultati del botteghino) non sarebbe stata così consolante. Certo è che, invece, con i residui di Cannes il periodo pre-natalizio si è impennato: al di là di Viaggio a Kandahar, che ha trovato un sussulto di significatività nel dramma della situazione afgana, dalla croisette sono giunti titoli come No Man's Land, L'uomo che non c'era e soprattutto lo straordinario Moulin Rouge  che ha inebriato lo schermo con una effervescenza figurativa sensazionale. Se poi, mega-succcesso di Harry Potter a parte, consideriamo il contributo "natalizio" di La vera storia di Jack lo Squartatore (nessuno a Venezia si aspettava che un film così cupo funzionasse sotto le feste..), Spy Game e Ocean's Eleven, al giro di boa di fine d'anno la velocità di crociera è qualitativamente elevata e calcolando che devono ancora arrivare i venti forti di Il Signore degli Anelli e Guerre Stellari...

  altre segnalazioni  (citazioni):
 
A tempo pieno
 Alla rivoluzione sulla due cavalli
 L'apparenza inganna
 Bandits
 E morì con un felafel in mano
 Jalla, Jalla!
 Il nostro Natale
 Santa Maradona
 Serendipity
 I vestiti nuovi dell'imperatore

didattica del cinema 

montaggio & piano sequenza

Nella seconda quindicina di novembre si è svolto a Montegrotto (Padova) il seminario sul montaggio nell'ambito del Piano nazionale per la promozione della didattica del linguaggio cinematografico e audiovisivo nella scuola, organizzato dall'IRRE  ed indirizzato agli insegnanti del Veneto (dalla materna alle superiori) particolarmente interessati e/o attivi nella didattica del cinema. Ad un pool di docenti-formatori si sono affiancati nomi di spicco quali Roberto Perpignani (montatore di Bertolucci, dei Taviani e de Il postino) e Diego Cassani, autore di un prezioso manuale sul montaggio cinematografico (UTET).
Tra i vari interventi abbiamo scelto quello della
prof.sa Cristina Menegolli, un fondamentale excursus, ricco di citazioni e riferimenti, attraverso l'evolversi dell'approccio autoriale a quella "negazione del montaggio" costituita dal piano sequenza: sarà l'inserto speciale del nostro prossimo numero.

  In molti l'hanno ricordato come "il beatle più in ombra", lontano sia dalla simpatia della mascotte Ringo, sia dal divismo assoluto di John e Paul. Si tende a dimenticare che i Beatles, oltre che un fenomeno di massa restano "un suono", una musica inconfondibile, nella quale George Harrison, come Lennon-McCartney e Starkey, ha lasciato il suo imprinting, la sua firma d'autore, il timbro indimenticabile della sua chitarra solista. 
 Pensare a Harrison è pensare a
While My Guitar Gently Weeps (anche se l'assolo è di Clapton!) e ai tanti altri giri di chitarra dove la sua mano si riconosce, da Till There Was You a You're Gonna Lose That Girl, da Drive My Car a If I Needed Someone, da And Your Bird Can Sing a Happiness is a Warm Gun, da I Want You a… Badge, fuori dall'aura Beatles, in una collaborazione (i Cream) ad un livello mai offerto, in quegli anni, né a John, né a Paul. 

Ma non solo. George è stata l'anima sublimante dell'influenza indiana: l'amicizia con Ravi Shankar, il tocco-sitar in Norwegian Wood, la svolta sonora di Love You To e la parentesi onirica a suggello di SGT. PEPPER'S (Within You, Withot You), poi riprese in The Inner Light (con testo, come per While My Guitar Gently Weeps, derivante dalla letteratura cinese).
  Le sonorità della sua chitarra e la personalità delle sue composizioni erano diventate inconfondibili tanto che scrivesse per il gruppo (I Need You,
Think For Youself, Taxman, Blue Jay Way, Long Long Long, Savoy Truffle), quanto per i nuovi talenti della Apple (Soul Milk Sea per Jakie Lomax) e, significativamente, a fine percorso Beatles, tra i brani più emozionanti si annoverano i suoi Here Comes The Sun e Something!. Ma il ricordo di Harrison diventa anche ricordo generazionale "affettuoso": mentre John si immortalava come guru pacifista di un secolo (Imagine) e lanciava strali contro l'ex-amico Paul, incline a perdersi tra le smancerie sonore dei Wings (How Do You Sleep?), George sfornava il triplo ALL THINGS MUST PASS, caratterizzato da un'ispirazione sempre misticheggiante (My Sweet Lord) e da una verve sonora più che mai incisiva, capace di rivisitazioni leggiadre (If Not For You) e sonorità sfacciate (Wah- Wah), di riflessiva maturità (Beware of Darkness) e dell'entusiasmo comunicativo di Apple Scruffs, vero, effervescente inno di amicizia verso tutti i fan: suoi, dei Beatles, di quella magica etichetta, la Apple, che sembrava poter cambiare il mondo. 
 Possiamo portarcelo, come tutti gli altri brani, anch'esso nel cuore per poter ritrovare sempre, "nella nebbia e nella pioggia, tra le gioie e il dolore", quel giovanile senso di appartenenza ad un sogno comune e il conforto nostalgico di quella chitarra che "gentilmente piange".

e.l.         

George Harrison (25/02/1943 - 29/11/2001)

 
 
 

Twin Towers no more

  Ci voleva un rapper-coccolone come Jovanotti per dare una scossa all'acquiescente verve bellica ormai imperante. Il 2001 ha lasciato in eredità al mondo una nuova unità di misura: qual è il carico di rottura della tolleranza civile? Il valore oscilla tra il 98° e il 78°  piano di un grattacelo super affollato…
La sorpresa e l'ingiuria dell'eccidio perpetrato dalla banda Bin Laden ha spiazzato il mondo: l'idea della rivalsa è apparsa legittima; consequenziale, purtroppo, quella della vendetta, che ha preso la forma, mai abbastanza vituperata, della guerra. Paradossalmente l'azione bellica USA ha mostrato la debolezza dello strapotere americano. Il massiccio dispiego di forze è parso voler tamponare la vulnerabilità di un sistema famoso per il cinismo e l'efficienza dei suoi servizi segreti (
Spy Game), trovatisi all'improvviso bypassati da una volontà offensiva deviante, in cui l'estremismo religioso e l'odio culturale hanno trovato posto negli stessi aerei di morte. Entrare in guerra, riempire gli schermi televisivi  e le pagine dei quotidiani di altri eventi mortali (ma "civilmente" motivati e "intelligentemente" manovrati) è il modo più ovvio per esorcizzare il dolore, catturare il colpevole, dare nuovi orizzonti di libertà al popolo afgano.
Forse andava fatto, ma lo spazio del "pensiero altro", di un'altra risoluzione possibile, quali chance
ha avuto nella discussione delle Nazioni Unite? In Italia le bandiere in solidarietà col dolore USA e i cortei contro la guerra si sono quasi bilanciati, la marcia della pace di Assisi rischia di lasciar meno traccia di un articolo, lucido, ma troppo carico di invettive,  di un grande scrittrice.
Tra adesioni a boicottaggi anti-multinazionali, manifestazioni no-global e nausea diffusa da omologazione culturale made in USA, non siamo anche noi al limite della tolleranza verso lo stupro ecologico e l'opulenza a senso unico?
Grazie al cielo le nostre radici (caro buon vecchio cristianesimo) ci tengono lontani dalla faziosa follia di bare volanti "lanciate a bomba contro l'ingiustizia", ma non sarebbe il caso di emettere un intrinseco avviso di garanzia alla sciatta logica del vivere (in)civile che accompagna gli "stati generali" del nuovo secolo, prima di doverci ancora stupire della brutalità destabilizzante di altri cittadini del mondo, più esasperati di noi, meno disposti (educati) a sopportare, mediare, perdonare?
In Jovannotti l'intervento della Fallaci ha provocato una reazione viscerale che ha trovato voce in una canzone. Come sta lo stomaco del mondo civile costretto a digerire ogni giorno un'escalation di odio e guerra che non finirà certo con la capitolazione del Bin Laden di turno?


storia + monete&banconote

Qualcuno si ricorda dell'Ecu? Ora che l'euro è entrato in vigore, un mini-requiem per quell'unità monetaria fantasma ci può anche stare. La sua fine prematura (1995) fu prettamente linguistica. I francesi lo volevano scritto in minuscolo, in Germania  era meglio accetto in maiuscolo, come sigla  (ECU = European Currency Unit), ma, in ogni caso, il problema sorgeva in lettura:  in tedesco  "un ecu" suonava come "eine Kuh", "una vacca"!

 

E naufragar (non) ci è dolce in questo mare...

L'aria di bufera sulla scuola italiana contina ad incombere, sempre più tempestosa. Dalla scuola-centro sociale di Berlinguer alla scuola-azienda di Letizia (Joy) Moratti, dai prof "ulivizzati", animatori culturali a tutto campo agli insegnanti berlusconiani suddivisi in caste: quelli di materie teorico-educative (doverosamente culturali e di discutibile utilità = curricolari, "modello onlus") e quelli di discipline formative&applicative, da riconfigurare possibilmente al di fuori dei ranghi istituzionali, in agenzie "a scopo di lucro" (private, imprenditoriali, redditizie).
                 
L'interpretazione è forzosa, provocatoria, ma quanto lontana e utopistica? Spostiamo fuori dalla scuola discipline quali educazione fisica, lingue straniere, informatica: offriamo lavoro a istituti/professionisti esterni, lasciamo nel ghetto dela cultura quei docenti ai quali i rovelli educativi impediscono un'efficienza didattica adeguata...
E facciamo scegliere ai ragazzi la loro strada prima che un'infarinatura culturale più matura possa far aprire gli occhi sulle loro vere possibilità/capacità, teniamoli chiusi nella prigione-scuola non oltre i diciott'anni, perché abbiano una "pronta" vita adulta e il diritto di uscire nel mondo con un diploma cooptato dal peso dell'età più dal valore fomativo del loro sapere. Qualcuno ha percepito il degrado provocato dalle promozioni senza l'appello di settembre? Qualcuno ha il coraggio di dire che le rimandature e la spada di Damocle della seconda opportunità non erano strutturate come soluzione ottimale,ma che ora siamo sulla lunghezza d'onda del "al peggio non cè mai fine"? Come far capire agli studenti il precario equilibrio impegno/sapere se il valore di quest'ultimo è vanificato ad oltranza (dalle dinamiche di gruppo, dalle scappatoie dell'età)? E come dare omogeneità ad una formazione scolastica nazionale se il diritto alla privatizzazione diventa un escamotage per declassare un'istituzione piena di gloriosa storia e una classe insegnante che si era formata a proprio rischio, su concorsi a getto discontinuo e pseudogarantisti (col risultato di un precariato ingestibile e astioso) e senza una vera progettualità statale (anche economica).
Ora la vergogna dei buoni scuola ad ampio spettro è la nemesi di un contrasto subdolo di giusti/falsi paritarismi, procrastinato all'infinito: quando anni fa un'"eroica" (?!) Pivetti propose ad un Costanzo-show il semplice, significativo passo di un equo sgravio fiscale per le spese scolastiche (rette di istituti privati in primis) la platea insorse da destra e da sinistra. Facile allora arroccarsi sulla visione del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno: mentre la sinistra ha cincischiato cercando un contentino politico (non di garantista convinzione!) per il privato, il Silvo ha optato ora, senza mezzi termini, per dare al servizio privato (nonché a certe fasce sociali) la piena "letizia" economica.
Si protestava perché troppo era lo scollamento della categoria dei presidi dal lavoro sul campo della lezione frontale? In quala galassia vive (ha vissuto) Bertagna? Quali alieni scolastici valuteranno l'efficacia di docenti e percorsi didattici? I sindacati confederati forse adesso cominciano a vedere dove sta il nemico e dove stanno le vittime, intanto i prof devono ergersi a tutor (sociali) di alunni sempre più spaesati e il governo, tronfio di certezze, si chiama fuori dai problemi dell'istituzione pubblica, fiducioso nel miracolo del privato. La scuola nella sua vera essenza geme, vacilla, forse naufraga. E, paradossalmente, quando i topi affondano, la nave scappa...

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in rete dal 16 gennaio 2002


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