Una separazione (Jodaeiye Nader az Simin)
Asghar Farhadi
- Iran 2011 - 2h 3'

                     ORSO d'oro
ORSO d'argento per miglior attore e attrice
              (all'insieme del cast)

miglior film straniero

  Immaginate un giallo girato come un film neorealista. Un film in cui prima o poi tutti mentono almeno una volta, in tutti i modi possibili (per omissione, per convenienza, per necessità, per pietà). E soprattutto mentono in ogni possibile combinazione: al marito, alla moglie, al giudice, al figlio, ai genitori, in qualche caso anche a se stessi. Magari senza accorgersene. Adesso immaginate che questo film, in cui (quasi) tutto è sotto i nostri occhi ma l'essenziale avviene nelle coscienze dei personaggi, venga da uno dei paesi più segreti del mondo: l'Iran [...] Dopo tanti film bellissimi e cifrati, osannati all'estero ma proibiti in patria, non avremmo mai sperato che da Teheran arrivasse qualcuno capace di unire gusti e pubblici tanto diversi. Se film successivo in archivioAsghar Farhadfilm successivo in archivio, il regista di Una separazione, riesce nell'impresa è perché lascia parlare 'le cose', come una volta si diceva dei film neorealisti. Ovvero quell'insieme di conflitti, vistosi o invisibili, che sono al centro della vita sociale. Conflitti fra i sessi, le classi, le generazioni. E fra la diversa cultura di chi ha mezzi e educazione, e di chi non ha né gli uni né l'altra ma ha la religione come unica guida. [...] Usando le immagini non per cullarci o stordirci ma per accendere la nostra immaginazione, come sa fare solo il grande cinema. Con tale esattezza d'accenti che perfino la severissima censura iraniana non ha trovato niente da dire. Anche perché nessuno è davvero innocente, né del tutto colpevole. Anzi, la tensione morale che anima comunque tutti i personaggi del film, a confronto col cinismo conclamato del nostro liberissimo Occidente, fa perfino un po' impressione.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

   Ha un primo, grande merito il film del regista iraniano Asghar Farhadi, trionfatore all'ultimo Festival di Berlino: qualunque spettatore, vedendolo, non può esimersi dal praticare un po' di sana palestra cognitiva. Per poco più di due ore, Asghar Farhadi ti obbliga infatti a cambiare continuamente il punto di vista a partire dal quale osservi le cose. Ti induce ad adottare lo sguardo dell'altro [...] Cinema come esercizio di pluralismo prospettico, come antidoto all'integralismo. Ma anche come parabola sulla difficoltà/impossibilità di giudicare. Perché un altro grande pregio del film è che riesce a farci capire e condividere le ragioni di tutti i personaggi. Che sono quasi sempre ragioni inconciliabili e incompatibili, ma comprensibili. Di chi è la colpa di quel che abbiamo visto succedere? Chi ha la responsabilità - sia pure preterintenzionale - dell'aborto involontario della donna che il marito aveva assunto come badante del vecchio padre dopo la separazione dalla moglie? Tutti e nessuno, perché nel film di Asghar Farha la colpa circola e si sposta, come in una 'congiura degli innocenti' in cui tutti sono convinti di saper bene chi è il colpevole, ma in un universo in cui le interpretazioni configgono, le versioni cozzano e la verità - se c'è - è sempre altrove. Costruito su alcune grandi ellissi narrative che sottraggono allo spettatore la visione diretta dei fatti più 'controversi', Una separazione è un film molto diverso da quelli a cui il cinema iraniano ci aveva abituato negli ultimi anni: non ha infatti né il realismo poetico di Abbas Kiarostamifilm successivo in archivio né la radicalità politica di Yafar Panahifilm successivo in archivio.

Gianni Canova - Il Fatto Quotidiano

...Se umani pregi e virtù sono universali, gli evidenti ostacoli rimandano alle ferite di un Paese imprigionante e prigioniero. Il valore della pellicola è il medesimo di quelle di tanti film-maker sotto regime (anche nell'Italia fascista) capaci di esprimere il dissenso utilizzando con sapienza il linguaggio dell'arte, specie metaforico e simbolico. Ma anche, come in questo caso, narrando una storia qualunque dei loro/nostri tempi: personaggi e sfondo sono curati al punto tale da trasformare il contorno socio-politico del film nel cuore dell'attenzione mondiale.

Anna Maria Pasetti - Il Fatto Quotidiano

promo

Tutto è pronto per la partenza che Simin, suo marito Nader e la loro figlia Termeh hanno progettato. Lasceranno l'Iran per una nuova vita e uno nuova nazione. Tuttavia, all'ultimo, Nader ci ripensa: non osa lasciare solo il padre, malato di Alzehimer. La decisione porta un enorme scompiglio e Simin chiede il divorzio, che il tribunale non le concede. Lascia allora casa e Termeh decide di restare con il padre, sperando che la madre torni a casa. Ma la scelta fatta da Nader, che assume una giovane donna per accudire al padre in sua assenza, si rivelerà drammatica... Asghar Farhadi si conferma, dopo il riuscito About Elly, regista capace di costruire rapporti di tensione tra i personaggi e di inserire elementi mystery in vicende quasi ordinarie. La sceneggiatura vanta diabolica perfezione, dove fanno buon gioco l’indignazione dei personaggi femminili e l’irascibilità di quelli maschili per confondere ulteriormente le acque, annegando i fatti in un fluire quasi inesausto di parole.


cineforum ANTONIANUM/The Last Tycoon 2012-2013

film del week-end precedente TORRESINO - novembre 2011 film successivo presente sul sito