Testimone a rischio  Pasquale Pozzessere - Italia 1996
La tregua
 Francesco Rosi - Italia 1997


    Cinema italiano atto secondo. Dopo lo straripante simpatia de Il ciclone e l'iper-contaminazione di Nirvana ecco due film "attigui" nella scelta d'impegno civile, ma ben distinti nella concretezza realizzativa: Testimone a rischio e La tregua. Il primo si fa apprezzare per il coraggio compositivo con cui il giovane Pasquale Pozzessere rielabora nella finzione filmica l'odissea (vera !) di Pietro Nava, testimone oculare del delitto Livatino. L'omicidio del giudice di Agrigento (21 settembre 1990) sconvolse l'opinione pubblica e travolse letteralmente la vita di Nava, cittadino "qualunque": buona posizione sociale, viaggiatore di commercio, moglie e due figli. Preso sotto tutela dalla polizia egli conosce via via la paura, l'isolamento, la nevrosi del testimone speciale, protetto da possibili ritorsioni, ma defraudato della propria identità. Il calvario suo e della sua famiglia è fedelmente argomentato da Pozzessere che scarnifica la vicenda dalle emozioni forti, rifugge la retorica e filma con asfittica coerenza lo smarrimento esistenziale del protagonista. Ostico nel coinvolgimento emotivo, ma lucido nel descrivere l'angoscia di un uomo "perduto" nella fedeltà ad uno stato che vergognosamente lo abbandona, Testimone a rischio merita la solidarietà del pubblico ma difficilmente ne conquisterà il cuore. Altro discorso per La tregua ben accolto al botteghino, anche se irrisolto nella convergenza compositiva: da un parte il romanzo autobiografico di Primo Levi (la liberazione dal campo di sterminio, il sofferto ritorno in patria), dall'altra lo stile "pudico" di Rosi che traspone in immagini con verve didascalica, preoccupato di "divulgare" ed incapace di reiventare in immagini l'emozione sofferta di quell'esperienza. Tra primi piani pseudo-intensi, personaggi di contorno che cadono nel macchiettismo, interventi nel dialogo squisitamente letterari, ciò che resta è il fremito lontano di una tragedia che sullo schermo ha solo il flebile sapore della citazione. Un film meritorio, teso a ricostruire la memoria storica, ma che finisce, implicitamente, per ribadire la supremazia della pagina scritta. Per chi crede nel cinema come entità di autonoma, rivitalizzante espressività (vedi il Woody Allen della settimana scorsa), un deludente stallo d'autore.

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  2 marzo 1997