Viva la libertà
Roberto Andò
- Italia 2013 - 1h 34'

 Toni Servillo si fa in due. È Oliveri, segretario del maggior partito di sinistra, che decide di concedersi una pausa dal difficile momento politico e personale e si rende irreperibile. Chiede segreta ospitalità a Parigi a una vecchia fiamma, Danielle (Valeria Bruni Tedeschi) sposata con un regista e madre di una bambina. A Roma l'assistente del politico scomparso (Valerio Mastandrea) corre ai ripari. Rintraccia Emani, il gemello che Oliveri ha perso di vista, intellettuale di genio, in cura presso un centro di salute mentale. Sono identici, solo che il depresso eccentrico è un Toni Servillo ridente e malizioso. Diventare Oliveri lo diverte e sa farlo benissimo, anche troppo. Al suo primo incontro con gli elettori Emani li entusiasma cancellando le parole di rito, quelle che sono diventate i mantra di sinistra vuoti, conquista la piazza commuovendola, non teme di usare in campagna elettorale la cultura, considerata perniciosa come aveva predetto Fellini. Cita con passione Brecht ('Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua') e la folla riscopre di avere ancora la passione per la politica.

Natalia Aspesi - La Repubblica

  Dopo Viaggio segreto, Sotto falso nome e Il manoscritto del Principe, il film più impegnativo e felicemente risolto di Roberto Andò. Con l'abilità di rivolgersi a un tema scottante come l'attualità politica senza mai retorica, con una levità, anzi, che arriva a far concludere la vicenda senza uno strappo o, al contrario, una caduta nell'ovvio. (...) Tutto semplice, tutto lineare, con i personaggi, anche quelli più di sfondo, precisati con accenti giusti, mentre attorno, negli ambienti romani del partito e in quelli parigini di Danielle - un marito noto regista, dei bambini appassionati di cinema - ci si enunciano cronache di normale concretezza. Con uno stile che, favorito dalle belle immagini di Maurizio Calvesi, può senza nessun contrasto alternare sia le citazioni più dotte in letteratura e in musica sia quelle politicamente più indicative come una lontana intervista di Fellini sulla società di ieri che sembrerebbe riferirsi a quella stessa di oggi. Aggiungendo, trai meriti, la presenza di un 'doppio' Toni Servillo, triste, chiuso in sé, quasi rassegnato nel personaggio di Enrico, addirittura solare in quello di Giovanni...

Gian Luigi Rondi - Il Tempo

  Garbo, leggerezza, intensità, sono queste le qualità di Viva la libertà che in una poesia e un giro di danza rivela una bellezza spiazzante e intende la difficoltà della rappresentazione dell'uomo politico al cinema. Composto come un haiku, componimento poetico giapponese in tre versi declamato dal segretario di Servillo nella sede impersonale del partito, Viva la libertà ripropone la semplicità della sua costruzione e il valore alla sua base, ovvero l'intenzione di restituire al linguaggio la propria essenza pura. E pura è la partitura di passi e passaggi che allacciano il doppio di Enrico Olivieri a un'ideale Angela Merkel, accolta con un impercettibile baciamano e 'condotta' con l'eleganza del gentiluomo. Se il segretario della sinistra di Roberto Andò è complice passivo della politica-spettacolo fatta di gossip e scenografie pacchiane, di silicone e glamour, di nani e ballerine imposti dalla televisione e dai modelli culturali berlusconiani, il suo gemello, diverso e filosofo, è portatore di una gentilezza, immune all'amour propre e alle certezze a buon mercato dietro cui nascondersi o con cui autoingannarsi. Ma nella fuga da sé e in cerca dell'altro da sé, Enrico comprenderà allo stesso modo che non si può godere appieno di se stessi senza un'altra persona. Danielle sul set francese, quello reale e quello finzionale, risveglierà in Enrico quel potenziale innato di amorevolezza che la società soffoca e corrompe, recuperandolo alla visione smarrita e a un linguaggio nudo.
Compendiando senza 'ricalcare' i caimani, i divi e gli usurai di Moretti
Il Caimano, Sorrentino e GarroneGomorra e recuperando la lezione di un cinema italiano che rappresenta la realtà interpretandola e non spiegandola, Roberto Andò realizza un film sul disagio del potere, meglio, dell'essere immagine del potere, lasciando transitare indifferentemente il suo politico dalle recite di una tribuna politica al set. Il mestiere è chiaramente lo stesso, identico il metodo attoriale, medesimo l'attore. Politico sullo schermo per tutte le stagioni, Toni Servillo, già Andreotti inafferrabile per SorrentinoIl Divo e padre teorico dell'Italia Unita di MartoneNoi credevamo, si emancipa dal ruolo intravedendo l'altrove per sé, il Paese e il cinema italiano. Assediato dal suo personaggio e dalla forza del destino, il corpo imperscrutabile e meccanico del 'divo' si scioglie nella danza, nell'ouverture bofonchiata di Verdi, nella poesia di Brecht, nel sorriso dopo un bacio. Come Volonté diventava per Petri prima Lulù Massa (La classe operaia va in paradiso) e poi Aldo Moro (Todo modo), Servillo riduce le distanze tra 'operaio' e potente fino a far coincidere, in un primo piano spiato dal Bottini di Mastandrea, l'uomo ordinario con quello straordinario. Ernani, alla maniera dell'omonimo verdiano, finisce dunque per comprendere Enrico e Giovanni, il 'bandito' e il conte, la farsa e la tragedia, il comico e il sublime, l'oscurità e il conforto onirico. Quello realizzato dal cinema di Federico Fellini, il cui intervento veemente, dietro la grana di un filmato di archivio, invita artisti e spettatori a tenere gli occhi aperti anche quando c'è scritto che è proibito guardare. Andò, traducendo in immagini il suo romanzo (Il trono vuoto), ci regala gli ultimi versi di Fellini, i più belli, contro una legge censoria che divorava il cinema, tagliava i paesaggi, alterava il ritmo rendendo i film irriconoscibili e noi poveri incivili.

Marzia Gandolfi - Mymovies.it

promo

Enrico Olivieri (Toni Servillo), segretario del più¹ importante partito all'opposizione, in un momento di crisi lascia tutto e tutti per fuggire in Francia e raggiungere Danielle (Valeria Bruni Tedeschi), amata venti anni prima. Per rimediare alla sua assenza e assolvere i suoi compiti, la moglie Anna (Michela Cescon) e il collaboratore Andrea Bottini (Valerio Mastandrea) decidono di rivolgersi a Giovanni Ernani, fratello gemello di Enrico ((sempre Toni Servillo), filosofo geniale segnato da una depressione bipolare. Il presentarlo come sostituto dello scomparso porterà  a sorprendenti conseguenze.
Garbo, leggerezza, intensità, sono le qualità più evidenti. Roberto Andò, partendo dal suo libro Il trono vuoto (vincitore del Premio Campiello Opera Prima 2012) sorprende per compattezza di scrittura e nettezza di sguardo: sembra un film francese che ha trascorso
un mese di vacanza in compagnia di Elio Petri...

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