Valzer con Bashir
Ari Folman - Israele/Germania/Francia 2008 - 1h 27'

GOLDEN GLOBE: miglior film straniero

  È una tragica attualità, nei giorni funestati dai morti di Gaza, quella che accompagna l'uscita italiana di Valzer con Bashir; però il film aveva già impressionato molto a Cannes: per la drammaticità degli eventi che rappresenta come per la forma del suo linguaggio. Che è quello di un "documentario d'animazione", variante inedita del nuovo filone di cartoon politico di cui abbiamo fatto la conoscenza con Persepolis. Il realizzatore del film, il cineasta israeliano Ari Folman, è stato testimone in prima persona del massacro di Sabra e Chatila, compiuto nel 1982 dai falangisti cristiani libanesi come reazione all'assassinio del presidente del Libano Bashir Gemayel: vittime migliaia di inermi rifugiati palestinesi; consapevoli, ma senza intervenire, le autorità d'Israele. All'epoca giovanissimo soldato dell'esercito israeliano, Folman è perseguitato da incubi spaventosi e indecifrabili, partoriti dal suo inconscio devastato. Intraprende allora una serie d'incontri-intervista con i suoi antichi compagni d'armi, traumatizzati quanto lui; alla fine, decide di dare a quella sorta di reportage psicanalitico che ha realizzato la forma espressiva del disegno animato, alternando come in un puzzle alle interviste (ridisegnate immagine per immagine, non ricalcate dipingendo la fotografia con la tecnica del rotoscopio) sequenze di guerra e scene puramente oniriche. Lo coadiuva, per la direzione artistica, David Polonsky. Ammirevole l’eclettismo delle tecniche impiegate - secondo i casi animazione classica, tridimensionale, flash ed effetti speciali - eccezionale la creatività del montaggio: tra iconografie, "tempi" e generi differenti. Fino a una manciata di secondi finali, dove le vere immagini fotografiche delle vittime del massacro si sostituiscono a quelle stilizzate del cartoon. Un’obiezione è legittima. Non potrebbe, la tecnica del disegno animato, funzionare come uno schermo di protezione, una presa di distanza rispetto a eventi di una tragicità così definitiva? Ecco, bisogna dire che ciò non accade affatto. Sarà il fitto intreccio tra il piano storico e quello onirico e psicanalitico, ma il film si afferma senza retorica né forzature come una delle opere contro la guerra più impressionanti che il cinema abbia mai prodotto: sintesi allucinatoria tra demenza del fronte (vedi la seconda parte di Full Metal Jacket o Apocalypse Now) e traumi del reducismo trascritta in immagini destinate a durare. Due sequenze, tra tutte, restano più tenacemente marchiate nella memoria: quella d’apertura, certo, in cui un uomo è perseguitato da una muta di cani feroci (i cani che, in Libano, aveva dovuto uccidere perché non abbaiassero all'arrivo dei soldati israeliani); ma soprattutto la scena del militare che, come in trance, si abbandona a un valzer con l’immagine di Bashir sotto una pioggia di proiettili; o la bellissima, perturbante sequenza dei soldati che escono dalle acque dinanzi a Beirut devastata dalle bombe.

Roberto Nepoti – La Repubblica

promo

Un'autobiografia a cartoni animati, un'intervista alla propria coscienza realizzata dall'autore-regista Ari Folman che ripercorre con una straordinaria forza figurativa il proprio vissuto di giovanissimo soldato dell'esercito israeliano. L'orrore di quegli anni (massacro di Sabra e Chatila, 1982!) non è un ricordo compiuto ma un susseguirsi di incubi spaventosi e indecifrabili, partoriti da un inconscio devastato da quella esperienza. A poco a poco la memoria rimette in ordine la storia e l'orrore di una realtà che diventa monito per tutti quando, nel finale esplodono, in tutta la loro drammaticità, le "vere" immagini d'epoca.

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