La siciliana ribelle
Marco Amenta – Italia 2008 - 1h 40'

  Roberto Saviano non è il primo eroe civile di un'Italia maledetta che ha bisogno di prodi (solo con la minuscola?), Brecht insegna, che combattano battaglie che competerebbero alle istituzioni. Sono i nostri esempi, la nostra coscienza civile e per questo sacrificio - che spesso diventa martirio - mettono in gioco vita, giovinezza e libertà. Ecco perché lo scrittore va sostenuto e protetto, e non solo dalla criminalità organizzata. Perché non deve finire come tanti, come quella Rita Atria, ad esempio, giovane donna sulla cui storia Marco Amenta ha costruito La siciliana ribelle. Orfana undicenne del padre boss e sconvolta poi dalla morte del fratello picciotto, prima per vendetta e poi per giustizia, decide di emanciparsi da mafia, omertà, maschilismo, ricatto e combattere, con il giudice Borsellino (qui Gerard Jugnot, ma è solo un'ispirazione), una guerra impossibile contro Cosa nostra. Per anni ha appuntato ogni movimento della città, ha visto, analizzato, fotografato il meccanismo infernale del suo paese. E ancora minorenne diventa la chiave di volta per un'inchiesta fondamentale. Le costerà tutto e tutti, ma non cederà. Una kamikaze della verità e della libertà che vincerà, pur perdendo tutto. Una storia bellissima a cui non serve metter vicino un film complesso: Amenta ha l'umiltà di costruire una struttura semplice, scegliere una protagonista con un viso atipico e potente (Veronica D'Agostino), tracciare un'opera didattica - giustissima, quindi, la collocazione in Alice nella città del Festival Internazionale del Film di Roma - a cui si perdona qualche ingenuità di troppo.
Il cinema civile sta riprendendo piede in Italia: implacabile come
Gomorra, visionario come Il divo, classico come La siciliana ribelle, poco importa, la battaglia tra forma e contenuto si gioca comunque su un terreno nobile. Anche se, il modello del mafia-movie, in Italia, sembra ormai anacronistico, troppo "piovresco". Un film per non dimenticare che la mafia non vince sempre. È "solo" che si compra troppo spesso l'arbitro.

Boris Sollazzo – Liberazione

promo

Dedicato e ispirato alla vera storia di Rita Atria, costretta ad abbandonare la Sicilia e a vivere sotto falsa identità in un programma di protezione, il film segue il percorso di formazione (soprattutto morale) di una ragazza allevata nei valori tribali e nel falso credo che padri e padrini hanno sempre ragione. Il cinema civile sta riprendendo piede in Italia: implacabile come Gomorra, visionario come Il divo, classico come questo lavoro di Marco Amenta che ha l'umiltà di costruire una struttura semplice, scegliere una protagonista con un viso atipico e potente (Veronica D'Agostino), tracciare un'opera didattica che diventa una straziante dichiarazione di voglia di libertà per un'adolescenza stretta nella morsa dell'inciviltà mafiosa.

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