VENEZIA 83
NEVER CRY MOVIE. Non gridare al cinema!
Ovvero: benvenga il
cinema d'autore se l'autore è in vena.
Intanto non affondiamo il
cinema-cinema,
specie se esiste un Woody Allen che sa coniugarli insieme...

Mostra della Biennale del Cinema di Venezia 1983; edizione "degli autori e per gli autori" (per dirla con Rondi): in effetti la mostra è stata più loro che del "cinema" (basta citare l'accoglienza tutta telecamere e motoscafi per Bergman e Fellini). In questa linea ha poi vinto Prenom Carmen con un premio dato da una giuria di Autori, invaghitisi certo, più che dell'opera attuale di Godard, di ciò che egli ha significato per la storia del Cinema e quindi per la loro stessa storia (leggasi ispirazioni, ammirazione e pure nostalgia e personalissima giovinezza autoriale), ma nell'anno della retrospettiva Clair (quell'Artista che ha detto: "La maggior difficoltà è ottenere l'approvazione di un vasto pubblico per un' opera di qualità. Non si tratta di fare il meglio possibile, cosa che è regola dell'arte, ma il meglio possibile per il maggior numero possibile") la sfacciataggine personalistica (quindi autoriale) è sembrata eccessiva.
Certo che il "cinema" è mancato non solo per l'affettuosa parzialità della giuria, è mancato di più nelle opere e proprio in quelle di molti autori: Fellini con lavori come E la nave va rischia di incrinare la sua solida fama d'artista per chiudere la sua carriera col titolo di semplice "figurante" (piuttosto melenso oltre a tutto), Kluge resta lucido autore, ma basta la lucidità a dare arte cinematografica? Gli anni 60 sono passati ormai da un pezzo ed un cinema a 'quadri' come Die Macht der Gcfuhle stimola solo ad intervalli e permette troppo di frequente l'acquiescenza della noia. Certo Resnais sproloquia nel mondo dell'immagine con estro ed ironia, ma la spettacolarità di La vie est un roman non vale lontanamente la laboriosa omogeneità di Mon oncle d'Amerique. Non parliamo dei monocordi 140 minuti di Sasame yuki (Ichikawa) e dell'insulso romanzetto di Costa-Gavras (Hanna K sarà ricordato solo dalla troupe per la buona occasione di una vacanza in Israele) e versiamo qualche lacrima pure per Wajda lussureggiante e volitivo in Danton ma decisamente fiacco in Eine Liebe in Deutschland ove perfino Hanna Schygulla getta ombre sulla propria fulgida carriera d'attrice. E non crediate che il nostro americanismo sia così "sporco" da farci salvare il caro vecchio Altman: il suo Streamers ha mietuto tutto quello che poteva ricevere (premio per la migliore interpretazione maschile all'insieme degli attori); altro non gli si poteva attribuire: le sue due ore impeccabilmente dirette al centro di una unica stanza (la baracca militare di cui vi parleremo poi) sono quanto di meglio si poteva fare su quel testo teatrale; ma il cinema è un'altra cosa, in spazialità e vibrazioni, e dall'autore di Nashville ci si può, ci si deve aspettare di più.
Ed allora chi è restato tra i grandi nomi ad "autoriare" questa mostra rondiana? Igmar Bergman, lo svedese immortale, e lo "yiddish-joker" di Manhattan, Woody Allen. Per Fanny och Alexander (rientra nella "sezione europea" riferiamo solo un commento comune preso a caldo nella hall dei palazzo del cinema: "un film come questo di 6 ore passa più velocemente di tanti filmuncoli visti qui". Woody Allen e il suo Zelig vanno inseriti in un contesto più ampio, cioè nel quadro del cinema americano a Venezia.
Quest'anno oltre ad Allen (fuori concorso) ed Altman, in sezione Venezia XL, gli USA erano presenti con Carroll Ballard (Never Cry Wolf) nella sezione Venezia giovani, e poi con ben 6 film in Venezia notte, luogo privilegiato ormai della produzione americana qui al Lido: A Star is Born in versione iperintegrale (con tutte le sequenze ed i frammenti fotografici possibili per ricostruire sia il progetto dell'autore Cukor che quello della produzione) è stata l'unica apertura nostalgica al grande mito hollywoodiano, poi cinque 'sberle'contemporanee (Blue Thunder, Flashdance, The Return of Jedy, Breathless, Under Fire), cinque emblemi di quel cinema-cinema che è la vita e la morte dell'arte cinematografica americana. Per ognuno una doverosa scheda...

e.l. Espressione Giovani novembre-dicembre1983