ottobre 2010

quadrimestrale di cinema, cultura e altro... ©

n° 29
Reg.1757 (PD 20/08/01)

     Parlare di cinema è chiudersi gli occhi di fronte allo squallore del nostro contesto politico? Non necessariamente. Quando ogni impegno istituzionale sembra vanificarsi in asfittiche logiche di potere e quando il concetto di dignità di un uomo di stato viene svilito dalla protervia di una laida morbosità senile, perché non dirottare il nostro sentirci "inadeguati, spiazzati, incapaci di comprendere appieno" dalla amara concretezza del realismo berlusconiano al liberatorio fantasticare dell'immaginario filmico di Inception? Il fascino del film di Christopher Nolan è il fascino del cinema a tutto tondo, è il gusto di tuffarsi in un sogno ad occhi aperti in cui non tutto può essere capito e spiegato, ma in cui l'emozione è intensa e l'immersione è completa, appagante, mozzafiato. Niente a che vedere con lo scollamento sempre più marcato tra le aspettative della gente e le risposte del governo, con il disgusto che l'azzeramento di ogni ritegno morale provoca negli individui di buon senso. Qui il il sentirsi "inadeguati, spiazzati, incapaci di comprendere appieno" provoca fastidio, rabbia, indignazione. Non chiudiamo gli occhi perché è proprio il cinema che ci dà ancora il piacere di tenerli aperti. Divertiti ma non stupiti, capaci di fantasticare ma anche di ragionare, appagati nell'immaginario, vigili nel reale.

Venezia LXVII. Una buona selezione in cartellone, pochi i titoli non all'altezza, ma... Il problema è stato lo scollamento. Scollamento tra il verdetto di una giuria di grande personalità e dubbia visione prospettica e il giudizio della critica. Scollamento tra i gusti più snobistici che artistici di Tarantino e soci e la sensibilità del pubblico. Somewhere era già nelle sale al momento della proclamazione dei vincitori e lo spettatore medio ne aveva già decretato l’alterno apprezzamento tra pareri positivi, ma non entusiastici, e perplessità per una racconto autoreferenziale e per uno stile rarefatto e talvolta indulgentemente “d’autore”. E il parere della critica, per quello che può valere, aveva ribadito fin dall’inizio la parziale delusione per un lavoro di sicura qualità e di raffinata introspezione, ma incapace di “bucare lo schermo”, segnato da momenti di stanca e non sufficientemente tonico nell’approntare la descrizione di uno straniamento esistenziale che toccasse corde universali e non “di nicchia”. Eppure il Leone d’oro è arrivato, tanto inaspettato quanto inopportuno, così come sono state mal digerite da tutti le scelte di dare un doppio premio (il regolamento lo vietava, ma Quentin l’ha letto come un suggerimento non tassativo) all’orgia visionaria di Balada triste de trompeta (si può certo elogiare l’estro registico di Álex de la Iglesia, ma la sua sceneggiatura è sembrata a molti di fastidiosa esagerazione) e ad un film asfittico come Essential Killing (uno Skolimowski troppo estremizzante e un Vincent Gallo la cui bravura fin quanto si può misurare a fronte di una performance di assoluto silenzio?). Che titoli come Silent Souls, Post Mortem e Le fossé abbiano dovuto trovare “consolazione” in alcuni premi minori e collaterali o solo nelle recensioni entusiastiche (non solo nostre) è il segnale che lo scollamento è davvero profondo (e pericoloso per la credibilità di un Festival). Ma per tastare il polso di una Mostra in fondo incompiuta basta ridare uno sguardo ai titoli (e spesso allo sparuto pubblico) della retrospettiva (La situazione comica). Avrebbe dovuto essere come ogni anno uno dei fiori all’occhiello del Festival, l’ancora di salvezza per gli spettatori delusi dalla mediocrità dell’offerta di alcune giornate. Provate a presentarvi in Sala Perla alla mezzanotte e trovarvi tra gli ospiti “culturali” in sala Barbara Bouchet e Lino Banfi che commemora l’amico Renzo Montagnani come attore “di grande sobrietà”… Il film in programma era La moglie in vacanza…l’amante in città...

13 Assassins

Barney's Version

Noi credevamo

Norwegian Wood

Potiche

Road to Nowhere

Miral

La pecora nera

La solitudine dei numeri primi

Dante Ferretti: Scenografo italiano

The Town

Cold Fish

k 364 A Journey by Train

Cirkus  Columbia

Incendies

Naomi

 
 

   Presenti in ogni forma di arte, dalla pittura al cinema, dalla letteratura alla musica, quei messaggeri divini e custodi celesti degli esseri umani che sono gli angeli attraversano la Sacra Scrittura come pure la tradizione iconografica dell’Occidente e sono uno dei soggetti preferiti dal genio creativo di moltissimi “narratori dell’invisibile”.
Allo stimolo introduttivo con cui si è presentata la mostra
ANGELI, volti dell’invisibile (Illegio, 22 aprile – 3 ottobre 2010) ha corrisposto davvero una esperienza museale di memorabile intensità. Arrivare a Illegio, addentrarsi in un piccolo paesino del Friuli all’apparenza inospitale (vicoli quasi inaccessibili alle auto, ristorazione mordi e fuggi del tutto assente) e al suo interno trovare questa articolata ed elegante esposizione non può che indurre al plauso per il lavoro meticoloso e proficuo che il Comitato di San Floriano svolge da anni con ricchezza di idee e serietà di analisi. Nell'occasione ha raccolto ben ottanta opere, partendo dalle figure angeliche ricordate esplicitamente dalle Sacre Scritture e completando l’excursus con una ricognizione di alcuni casi particolari e meno conosciuti di culto e iconografia.>>

Riprendere il percorso Rohmer è stato quasi un obbligo per il cinema invisibile, dopo gli apprezzamenti per la rassegna di aprile-giugno. La nuova tappa è ovviamente il ciclo commedie e proverbi che copre gli anni dal 1980 al 1987...

Al grande maestro francese si affianca la  serie AMABILI ESTRI, un altro appuntamento d’autore, che propone alcuni capitoli "minori" della filmografia di Peter Jackson... >>

 
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in rete dal 14 novembre 2010

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