febbraio 2021

periodico di cinema, cultura e altro... ©
 

n° 63
Reg.1757 (PD 20/08/01)

 
 

È una liason obbligata quella tra la pandemia e le visioni online: i cinema si rifugiano nelle programmazioni in streaming (il Lux fa parte del circuito #iorestoinSALA), i cinefili fanno zapping tra le reti pubbliche e private, riesumano file e DVD dagli archivi personali...  E così ci ritroviamo a riparlare di serie tv e di western...
 

 
 

  PILLOLE WESTERN                                         

 

i primi anni del sonoro e una novità

  Archiviata la pratica anni del muto, ci sono almeno due titoli che vanno citati prima di arrivare alla svolta epocale di Ombre rosse. Da una parte Il grande sentiero, la prima incursione nel genere di Raoul Walsh, che consacra con grandi coreografie naturali la coraggiosa avventura dei pionieri, dall'altra, con La conquista del West,  il ribadirsi, per quanto riguarda Cecil B. DeMille e il suo cinema, di una visione eroica e spettacolarizzata della storia, approfittando del sonoro per far duettare, con sottile finezza, i suoi protagonisti.

Nella scia di Cruze, lo sguardo di Walsh è ancora più attento all’affresco della carovana. L’inquadratura è a ridosso dei carri, cercando di immedesimarsi con la vita dei pionieri. Quella di Walsh è un’epica a tutto tondo >>

DeMille sa maneggiare con sfrontata simpatia il western, lo indirizza con sicurezza nei canoni che in quegli anni stavano definendo il genere; ha splendide finezze di scrittura e momenti di regia memorabili >>

E, quasi a premiare la nostra passione, questo mese Netflix ha regalato ai suoi abbonati, un nuovo ottimo titolo, firmato Paul Greengrass, che vede per la prima volta cimentarsi nel western Tom Hanks. Per chi riesce a vederlo, ne vale davvero la pena!

Sono molti i pregi di Notizie dal mondo; innanzi tutto la scoperta della curiosa professione con cui il capitano Jefferson Kyle Kidd (Tom Hanks) sbarca il lunario. Tipografo, poi soldato con i confederati, alla fine della guerra (cinque anni ormai) non ha avuto il coraggio di tornare nella sua San Antonio, dove ha saputo che la moglie è defunta, e si arrabatta passando di città in villaggio declamando per la gente illetterata l’attualità delle notizie (News of the Wold) ricavate dai giornali più importanti. Come in una fiera di paese raccoglie i dieci centesimi di obolo per la sua rassegna stampa a viva voce e sopravvive a se stesso e agli amari ricordi che le battaglie gli hanno lasciato nel cuore. >>

Ezio Leoni

 
 

  ALTRE VISIONI                                               

 

visioni online

 

SanPa - Luci e Tenebre di San Patrignano
 Cosima Spender # Italia 2020 (Netflix - 5 puntate)
trailer

  Il 30 dicembre 2020 Netflix ha mandato in onda la nuova docuserie ideata e prodotta da Gianluca Neri, con la regia di Cosima Spender*.
Una docuserie si può considerare la versione per il piccolo schermo di quello che un tempo veniva chiamato “film di montaggio”, dove narrazione e documentazione si intersecano nella ricostruzione di un evento, che ha lasciato il segno nell'immaginario collettivo. In questo caso la narrazione prende il via dall'anno di fondazione della comunità di San Patrignano (1978), per arrivare all'anno della morte di Muccioli (1995). In essa materiali d'archivio, interviste a persone che hanno vissuto quella storia, riprese dei luoghi reali in cui si svolsero gli eventi creano un corpus, che, grazie a un sapiente montaggio, si sviluppa come se fosse una crime story, ricca di suspence e di colpi di scena. Poche altre serie televisive, soprattutto di tipo documentaristico, hanno avuto una risonanza e un'eco mediatica, oltre alla quantità di visualizzazioni, pari a questa. Sicuramente a ciò ha contribuito il tempismo della messa in onda di quest'opera, che racconta una situazione di coercizione, di chiusura e dipendenza a persone chiuse in casa a guardarla.

Ciò non basta però a spiegare perché l'interesse, con cui si inizia a vederla, si tramuti ben presto in un bisogno di andare avanti, di sapere come va a finire con l'impressione di partecipare ad una specie di rappresentazione collettiva e condivisa, a differenza di altre serie americane simili, tipo Wild Wild Country sul santone Osho e la sua setta di fanatici, che non hanno la stessa tenuta narrativa. Sicuramente un elemento che ha contribuito al suo successo riguarda i temi trattati: da un lato la personalità molteplice e controversa del suo fondatore, con tutti gli interrogativi che il metodo da lui adottato per combattere la droga hanno posto e continuano a porre, dall'altro quel mondo di disperati che gli sta attorno e che rappresenta un pezzo di storia recente, oscurata a lungo, ma che riguarda l'identità e la memoria collettiva.
SanPa infatti non mostra semplicemente la storia della comunità di San Patrignano, ma, attraverso questa, apre una finestra sul contesto sociale, economico e politico dell'Italia di quel ventennio. Erano gli anni degli opposti estremismi, degli attentati, del cambiamento sociale, ma anche dell'arrivo dell'eroina che avrebbe spezzato un'intera generazione. «Mi son ritrovato, io che ero di destra, assieme al fascista, al comunista, al brigatista: eravamo tutti in fila per prendere la nostra dose» (Walter Delogu, SanPa, episodio 1).
Anzitutto assistiamo alla storia di un uomo, un gigante dal corpo massiccio, carismatico, che gradualmente acquisisce un potere assoluto, che alla fine non riuscirà più a controllare e la sua parabola ci viene raccontata secondo un modello romanzesco, cui alludono i titoli dei singoli episodi declinati secondo una sintassi balzachiana (Nascita – Crescita – Fama – Declino – Caduta). E poi ci sono gli altri, i tossici, l'eroina, l'Aids e il senso di mancanza di respiro che ci torna addosso alla scoperta o al ricordo di quegli anni. Corpi traballanti, che avanzano come zombie con i loro capelli lunghi e i pantaloni a zampa di elefante, corpi che vengono a turbarci, a chiederci ragione di uno dei più grandi rimossi della storia d'Italia. Quanti sono stati i morti per eroina o per Aids negli anni 80-90 in Italia?

E qui nasce l'interrogativo che la serie si pone, pur senza cercare risposte chiuse o responsabilità chiare: fino a che punto una persona che sta cercando di salvarti può agire sulla tua vita e sulla tua volontà, usando controllo, coercizione e in alcuni casi anche violenza? Non può non colpire infatti che il 1978, anno della fondazione di San Patrignano sia lo stesso della legge 180, preceduta dal dibattito sulle istituzioni totali, che ha visto coinvolto in prima persona in Italia Franco Basaglia, e che in quegli anni Pannella e i Radicali, favorevoli alla liberalizzazione delle droghe leggere, fossero su posizioni diametralmente opposte a quelle di Muccioli, che definiva il metadone droga di stato. Basterebbe questo per dimostrare che il racconto di SanPa non si limita a testimoniare, ma interpella le emozioni, tanto più in una situazione in cui le vite di tutti sono già così infragilite dalla minaccia della malattia.
Ma il vero motivo per cui questa serie ti cattura fin dall'inizio è dovuto al lavoro straordinario del montaggio (ad opera di Valerio Bonelli): venticinque testimonianze, centottanta ore di interviste e immagini tratte da cinquantuno differenti archivi sono gli elementi di un mosaico perfettamente ricomposto, per dar vita a un racconto pieno di colpi di scena, di suspence, di tagli e accostamenti che puntano a lasciare senza respiro il pubblico. Se la struttura della serie è quella di un romanzo, con tanto di elementi da thriller (due suicidi non chiari e un efferato delitto), all'interno del quale campeggia la figura controversa di Muccioli, il corpo del racconto è fatto però di tante voci, anche molto diversamente orientate (“era come una città con la sua polizia, il suo carcere” ma anche “una specie di Eden dove i tossicodipendenti rinascevano a nuova vita”), tra le quali due spiccano in maniera particolare delineandosi via via come quelle più efficaci ad esprimere quello spirito complessivo che è la coralità di esperienze votate al sistema assoluto di appartenenza a San Patrignano.

Una è quella di Walter Delogu, prima stretto collaboratore e autista di Muccioli, poi suo accusatore, l'altra, indimenticabile, è quella di Fabio Cantelli, che si rivolge a noi da una camera anonima di albergo, con la luce in penombra, seduto precariamente sul bordo di un letto, con il corpo, segnato dalla tossicodipendenza e dall'Aids, così tragicamente diverso da quello delle immagini di repertorio, che sembra voler chiarire anche a se stesso, attraverso l'intervista, il senso della sua controversa esperienza. “L'illusione – dice Cantelli – è che la droga sia un problema che tocca il tuo corpo. Quello che invece non accetti, è che queste droghe sono entrate nella tua anima, cioè hanno cambiato la tua personalità. Per il tossicodipendente la droga è la vita; vuol dire che non basta disintossicarlo, vuol dire costruire un mondo alternativo alla droga che lo interessi, che lo coinvolga, che lo appassioni, che piano piano gli faccia scoprire una dimensione dell'esistere diversa da quella che ha perseguito attraverso la droga.”
San Patrignano è stato, nel bene e nel male, un mondo altro e totale. E questo senso di appartenenza accomuna tutte le voci che compaiono nel racconto, come una presenza che persiste anche in assenza, tra gli abissi, sotto la coscienza. Non c'è mai una voce extradiegetica giudicante o capace di trasportarti in un mondo altro, perchè il materiale è montato in modo di far sprofondare chi guarda in un'esperienza filmica coinvolgente, dove il lavoro di montaggio non è solo mezzo, ma significante potente.
SanPa non è un processo a Muccioli, come è stato da molti interpretato, ma un'immersione in un mondo pieno di luci e di tenebre, dove le contraddizioni rimangono aperte in un quadro pieno di tinte contrastanti.

* Cosima Spender, senese, è figlia degli artisti Matthew Spender e Maro Gorky, figlia a sua volta del famosissimo Arshile Gorky. Nel 2015 il suo docufilm Palio è stato premiato al Tribeca Film Festival.

 

MODA CINEMA E ALTRO IN EPOCA DI PANDEMIA


 

 Le Chateau du Tarot - Matteo Garrone
Ouverture of Something That Never Ended - Gus van Sant
Code Temporal - Robert Del Naja

  In epoca di pandemia, anche per la necessità di sopperire all'impossibilità di mostrare le collezioni nelle tradizionali sfilate, succede che la moda si ritrovi ad essere un incredibile melting pot di diversi linguaggi, dall'arte figurativa a quella cinematografica, dalla musica alla letteratura, grazie alle iniziative di stilisti particolarmente visionari e talentuosi. D'altronde la macchina commerciale del tessile-abbigliamento negli ultimi decenni aveva alzato il ritmo di produzione ai limiti della sostenibilità, arrivando a un numero spietato di collezioni: fino a sei all'anno, con conseguenti sfilate, fiere e quant'altro. Sistema che, con la pandemia. è crollato per l'impossibilità di approntare un qualsiasi calendario credibile da parte delle varie Camere della Moda (da Milano a Parigi, a New York).
Se l'esigenza di rinnovare i formati di presentazione da sempre esistenti si era già fatta sentire prima della pandemia, ora le maison leader nel cosiddetto “lusso” si sono rapidamente sganciate dal sistema, individuando nuove strategie da mettere in campo, sfruttando il massimo di visibilità fornito dal digitale. Se infatti uno show tradizionale poteva soddisfare al più 700 persone, la portata digitale si può contare in decine di milioni. Durante tutto il 2020 hanno raggiunto la massima diffusione le presentazioni virtuali, con location spettacolari, e riferimenti diretti o indiretti alle tendenze dell'arte contemporanea, e il coinvolgimento di alcuni artisti (ad es. Peter Doig per Dior e Jon Rafman per Balenciaga).
Fino a qui niente di nuovissimo in quanto, anche se gli ospiti erano invitati ad assistere alle collezioni tramite cuffie e schermo, la forma rimaneva sostanzialmente invariata. Le vere innovazioni si trovano invece laddove alcuni direttori artistici hanno pensato di sconfinare in terreni diversi come il cinema, le serie televisive ed anche i videogiochi.

Particolarmente riuscito si è rivelato il sodalizio tra Maria Grazia Chiuri della maison Dior e il regista Matteo Garrone, che, dopo aver girato nel 2020 Le Mythe Dior, ha realizzato un nuovo cortometraggio per la collezione Primavera/Estate 2021 Le Chateau du Tarot, ambientato nel castello di Sammezzano, vicino a Firenze e interpretato da Agnese Claisse, figlia di Laura Morante. In esso la collezione ricca di ricami, lunghezze e simbolismo si ispira ai tarocchi viscontei, miniati da Bonifacio Bembo nel XV sec., dall'iconografia ricca di smalti, oro e intrichi vegetali e geometrici, in omaggio alla passione di Monsieur Dior per il mondo dei tarocchi e il loro simbolismo. Il video, sebbene esteticamente affascinante, risulta però essere un po' stucchevole, presentandosi come una variazione sul tema rispetto al precedente.

Più innovativo è invece l'intervento di Gus van Sant per Gucci, che si rifà alla narrazione seriale: a Novembre 2020 per presentare l'ultima collezione, in collaborazione con l'eclettico direttore artistico della maison Alessandro Michele, il noto regista ha girato una serie di sette episodi dal titolo Ouverture of Something That Never Ended. L'idea era quella di presentare gli abiti fuori dalle passerelle per portarli in un contesto di “vita reale” Un episodio a sera, visibile sui canali social del marchio, dove l'attrice e performer Silvia Calderoni si muove in una Roma onirica circondata da comparse d'eccezione, come Achille Bonito Oliva, Billie Eilish, Paul B. Preciado, Harry Styles.
La protagonista viene seguita nelle sue azioni più intime e quotidiane, nei luoghi che visita, negli incontri che fa. Spesso l'azione si sofferma nell'ascolto di monologhi o dialoghi che si accendono attorno a lei, su temi che ispirano la nuova tendenza della Casa di Moda (basta con la moda di genere e la binarietà uomo/donna, a favore di una sensualità che si esprime a 360° attraverso modalità meno stereotipate), pensiamo al discorso di Paul Preciado sulla rivoluzione di genere nel primo episodio o allo scambio che avviene tra Bonito Oliva e Harry Styles sulla nostra epoca come momento di cambiamento, di cui le arti divengono strumento. L'attrice stessa, emblema di una sessualità androgina, in cui maschile e femminile si confondono, riflette perfettamente l'immaginario genderless della collezione. Se il lavoro di Gus van Sant risulta apprezzabilissimo e innovativo nel suo genere, permane il rischio che della narrazione proposta non rimanga che la sottesa, seppur necessaria, volontà commerciale. Perchè, nonostante la rivoluzionaria intenzione di estrapolare la moda dal suo contesto ordinario e di “costruire un percorso inedito, lontano dalle scadenze che si sono consolidate all'interno di tale mondo”, i profitti si devono mantenere, soprattutto se si parla di un colosso come Gucci. Un tasto che per il momento non sembra però preoccupare il suo direttore creativo, che anzi sta dimostrando quanto le nuove generazioni, se interpellate direttamente attraverso forme di comunicazione e contenuti a loro più vicini, abbiano un potere di acquisto tutt'altro che ininfluente.
Su questa linea infatti, seppur con intenti meno dichiaratamente artistici e più commerciali, si sono mossi recentemente altri noti marchi, perseguendo la strategia di agganciare quelle generazioni (Millennial e GenZ) che da un lato possono costituire la fetta di clientela più abbondante già a partire dalla seconda metà di questo decennio, dall'altro fungono essi stessi da modello per interpretare le nuove tendenze.

Balenciaga ha messo in rete dal dicembre 2020 un videogioco in realtà aumentata: Afterworld. The Age of Tomorrow, pensato per raggiungere un pubblico di consumatori di moda ancora più ampio. Il 50% dei capi proposti sono già pronti per essere acquistati con un click: gli avatar indossano oltre a capi sartoriali, cappotti di pelliccia sintetica con spalle monumentali, tute spaziali e perfino armature, sapientemente costruite utilizzando tecniche di manifattura tradizionali. Su questa strada si erano già avventurati sia Louis Vuitton uomo con un gioco chiamato Endless Runner, che Donatella Versace apparsa in versione avatar in dicembre al festival virtuale Complexland, dove 100 paia delle sue sneaker Trigreca potevano essere vendute solo all'interno dell'esperienza virtuale.

Uno sconfinamento nel campo della musica e dell'arte contemporanea si trova nel recentissimo video Code Temporal firmato da Robert Del Naja (3D – Massive Attack), nato da un dialogo tra il musicista britannico e Pierpaolo Piccioli, che per la maison Valentino aveva già disegnato venti look per gli avatar di Animal Crossing. Per realizzare questo film Del Naja ha lavorato insieme all'artista neurale Mario Klingemann per “insegnare” a un'intelligenza artificiale il processo di lavoro dell'Haute Couture. Per tre mesi l'IA è stata alimentata con video di “lavorazioni” realizzati negli Atelier Valentino a Roma. “Attraverso il filtro sintetico dell’intelligenza artificiale, emerge l’aspetto emotivo della Couture, la celebrazione e valorizzazione della qualità umana: un codice che si rigenera all’infinito rimanendo senza tempo”.
Oggi la moda parla attraverso una grande varietà di canali: dalle riviste ai blog, dagli store ai social media, al cinema, avendo modificato più volte i propri valori e le proprie estetiche, in armonia con la visione dell'antropologia contemporanea secondo cui non esiste nulla di naturale nel corpo, poiché in ogni cultura il corpo è riempito di codici, significati, segni e simboli che lo pongono in relazione col mondo o più mondi. La moda diventa allora luogo di molteplici saperi e osservatorio privilegiato dei mutamenti del sociale, in cui l'estetica è diventata la maniera privilegiata attraverso cui parlare dell'essere come apparire e delle forme del sentire. Il titolo dell'opera di Gus Van Sant “ouverture” potrebbe dunque essere l'incipit di un nuovo capitolo nella storia della moda, che, travalicando i confini delle passerelle, crei un vero spostamento dell'asse espressivo e comunicativo sul territorio della narrazione filmica, che a sua volta si trova costretta ad esplorare nuove possibilità espressive, interagendo con altri linguaggi artistici.
 

I video citati sono tutti reperibili su You Tube

Cristina Menegolli

 
 

in rete dal 18 febbraio 2021

 
 

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