Alain Resnais - sinfonie del tempo sensibile

3 giugno 1922 – 1 marzo 2014

    Cinema “da camera” quello degli ultimi anni di Alain Resnais, cinema d'avanguardia quello con cui si è proposto al mondo negli anni '60, cinema sempre personalissimo quello della sua filmografia (20 titoli), “denso” di riflessioni intellettuali sull'amore, la vita, il linguaggio cinematografico e “lieve” nell'affrontare con ironia introspettiva le contraddizioni esistenziali dei suoi personaggi.
Gli esordi evidenziano una sensibilità artistica e sociale memorabile (i documentari dedicati a Van Gogh, Gauguin e Picasso; l'episodio, straziante, sull'olocausto di
Notte e nebbia, 1956), ma la folgorazione cinefila, in sinergia con la nouvelle vague, avviene con Hiroshima mon amour (1959) che sospende il tempo del racconto (l'alternanza di flashback e flashfoward) e sublima la suggestione della visione (lo splendore del bianco e nero di Michio Takahashi e Sacha Vierny) riuscendo a mettere in scena con straordinaria coerenza stilistica e drammaturgica la complessità del romanzo di Marguerite Duras.

Più esasperante, nella sua ondivaga lentezza, il capolavoro successivo (1961, da uno script di Alain-Robbe-Grillet) L'anno scorso a Marienbad, vincitore del Leone d'oro a Venezia e tappa estrema della ricerca di Resnais sul tempo e la memoria, sulla prigione esistenziale di un presente e di uno spazio che cadenzano l'incomunicabilità dei due “imperfetti” amanti (Giorgio Albertazzi e Delphine Seyrig).

Bisogna andare al 1977 per ritrovare un altro (controverso) capolavoro, quel Providence che ripropone un nuovo spiazzante intreccio tra realtà e immaginazione, tra ricordi e fantasie: la tormentata notte dell'anziano scrittore interpretato da John Gielgud dilata, in un intrigante gioco di specchi, uno spaccato familiare ove insoddisfazioni e rimorsi si scontrano con l'inesorabile fluire del tempo.

È un'inaspettata sorpresa la lievità su cui si costruisce invece, nel 1980, Mon oncle d'Amerique (premio speciale della giuria a Cannes), un'originalissima destrutturazione del determinismo evolutivo del sociobiologo Henri Laborit, che interviene sullo schermo in prima persona per illustrare le sue teorie sul comportamento umano e sul funzionamento del cervello: le “cavie” cinematografiche hanno le fattezze di Gérard Depardieu, Nicole Garcia, Roger Pierre, l'intreccio tra teorie scientifiche e comportamenti umani prende come modelli di riferimento il miti dello schermo, da Jean Gabin a Jean Marias...

Una parentesi a sé stante, ma esemplare del cinema di Resnais degli anni '90, è il dittico Smoking-No smoking, due film “gemelli” che traggono ispirazione da un ciclo di commedie scritte dal drammaturgo inglese Alan Ayckbourn, incentrate su un dipanarsi narrativo che gioca a rimpiattino con l'alternanza delle scelte. Due soli attori in nove ruoli, situazioni ed eventi che si inseguono e si contraddicono, si scambiano e si riconfigurano a seconda del “se invece” messo in atto dai personaggi; molteplici le “soluzioni” possibili (sei i finali proposti), esibito l'approccio teatrale (l'azione che si svolge in esterni nella campagna inglese è tutta ricostruita in studio), magistrale la resa recitativa della coppia Pierre Arditi - Sabine Azéma. Un ipertesto a cui lo spettatore deve affidarsi con “faticosa” complicità diegetica ma da cui è ripagato, tra paradossi e ironie, con un impagabile intarsio di farsa e melodramma.

Con Parole, parole, parole (1997) Resnais si toglie lo sfizio di comporre un'acrobazia esistenzial-musicale, distillando una pochade pseudosentimentale che, orchestrando raffinate trame amorose, dà vita ad una divertente commedia degli equivoci in cui la voce del sentimento è amplificata, rivitalizzata, sostituita da quella di indimenticabili brani della canzone francese: da Joséphine Baker a Charles Aznavour, da Gilbert Bécaud a Sylvie Vartan...

E se con Cuori (2006) ci si affida nuovamente ad un lavoro teatrale di Alain Ayckbourn per una ronde di ovattata, amabile malinconia è Gli amori folli, del 2009, l’ultimo lavoro dello scomparso maestro francese con cui possiamo confrontarci, poiché i due successivi Vous n'avez encore rien vu (2012) e Aimer, boire et chanter (2014) non hanno avuto per ora distribuzione in Italia. Ancora una volta un cast di attori sodali (André Dussollier, Mathieu Amalric e, ovviamente, la moglie-musa Sabine Azéma), ancora una volta uno spaesamento narrativo costruito sul concatenarsi di malintesi e bizzarre casualità, “guidato” dalla voce fuori campo con cui il protagonista chiede attenzione e riconoscenza.

La stessa che dobbiamo, dopo 55 anni di fedele servizio all’immaginario cinematografico, ad Alain Resnais.

ezio leoni - settembre 2014

 cinema invisibile LUX ottobre-dicembre 2014