Reinas

Klaudia Reynicke

Lima, anni Novanta. Aurora e Lucia sono due sorelle peruviane. Quando stanno per partire per il Minnesota insieme alla madre ricompare il padre, che a lungo non si è occupato di loro. L’idea del viaggio imminente porta scompiglio nella vita di tutti e quando tocca alle ragazze far emergere le proprie verità tutto sembrerà crollare, specie in un Paese in cui vigono coprifuoco e punizioni rigide. Ma la famiglia si dimostrerà più forte di tutto.


Svizzera/Perù 2024 (104′)
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   Un po’ autobiografica, un po’ costruita sui ricordi di una generazione. È la storia di Reinas, il terzo lungometraggio diretto dalla ticinese e peruviana Klauida Reynicke (dopo Il Nido del 2016 e Love me tender del 2019). Reinas è un racconto vintage, fatto di suoni, colori, musica e situazioni che ci riportano a Lima, nel 1992: un periodo difficile e tumultuoso, con il coprifuoco nelle strade e il desiderio -che per molti è più che altro una necessità- di fuggire per cercare una vita migliore. Un po’ come capitato alla famiglia della regista, passata prima dagli USA e poi in Svizzera; un po’ come è in procinto di fare Elena con le due figlie Lucia e Aurora. Quando il padre Carlos, che vive di espedienti, ricompare nella loro vita per firmare i documenti per l’espatrio, le emozioni che l’imminente viaggio porta con sé catalizzano gli ultimi giorni in Perù di questo piccolo nucleo famigliare, sospese tra rimorso, speranza e paura. Il film volutamente non analizza e non spiega la situazione politica di quel momento, il caos sociale e l’incertezza politica sono un contorno percepibile per gli adulti che il film porta in scena, ma anche per le due piccole e eccellenti protagoniste (Lucia è Abril Gjurinovic; Aurora è Luana Vega) che scopriranno a loro spese cosa possa significare violare un rigido coprifuoco imposto dai militari. Per le due ragazzine, che sono le vere protagoniste (le “Reinas” appunto come le chiama il loro padre, includendo anche la moglie con la quale i rapporti sono ormai irrecuperabili) l’atmosfera dell’addio è vissuta quasi come un gioco, ricco di incertezze, tra il desiderio di scoprire un mondo nuovo e l’addio alle radici, che è anche un po’ metafora dell’abbandonare l’età della giovinezza per incamminarsi verso quella più adulta. Mentre Elena (Jimena Lindo) è il motore trainante della vicenda: una donna solida, disillusa ma pur sempre desiderosa che il futuro, non solo lavorativo, negli States possa essere la vera svolta della vita di tutte loro. Reinas è un film che celebra i legami famigliari e che guarda con nostalgia ad un tempo che fu: difficile sicuramente, ma solidamente ancorato nella memoria collettiva di quella generazione.

 Alessandro Bertoglio – rsi.ch

  La famiglia, composta da due sorelle, Lucia (Abril Gjurinovic) e Aurora (Luana Vega), dalla loro mamma Elena (Jimena Lindo), dalla loro “abuela” (Susi Sánchez) e dal loro scoppiettante papà Carlos (Gonzalo Molina), è alle prese con una partenza dolorosa per gli Stati Uniti: fra il bisogno di fuggire dall’insicurezza di un paese alla deriva e la paura di abbandonare le proprie rassicuranti abitudini, le giovani sorelle devono fare i conti con il diventare grandi. Sorta di coming-of-age parzialmente autobiografico, Reinas si nutre letteralmente dell’atmosfera degli anni che mette in scena: i vestiti colorati e le capigliature voluminose, le case piene di oggetti di cui oggi non conosciamo quasi più l’utilità e le storie d’amore non ancora virtuali. Con apparente leggerezza, il film cattura ricordi, sensazioni, musiche, persino odori che sembrano essere stati congelati nel tempo aspettando solo il momento giusto per rinascere. Partita dal Perù a dieci anni, Kaludia Reynicke conserva della sua città natale ricordi e situazioni che non esistono più se non nel cuore di chi, con la sensibilità di un bambino, li ha vissuti. È proprio questa sensibilità, il rifiuto di valutare una situazione razionalmente preferendo lasciarsi sopraffare da una marea di emozioni difficili da definire, che la regista esprime nel suo film. Come detto dal papà di Lucia e Aurora alla fine del film: “le bambine non vogliono davvero restare, hanno solo paura di andarsene” (…) Malgrado le difficoltà legate alla disastrosa situazione politica che contraddistingue il Perù in quelli anni e che il film mostra senza approfondirne le cause, filtrato attraverso la sensibilità di Lucia e Aurora, è il calore che contraddistingue i legami famigliari ad essere il vero protagonista della storia. La colonna sonora, formata da brani preesistenti dal sapore immancabilmente retrò e da tre canzoni originali composte (ed interpretate) dalla regista stessa insieme a Gioacchino Balistreri, si posa sulle immagini come un commovente velo di polvere su una foto di famiglia abbandonata su un comodino.

Giorgia Del Don – cineuropa.org

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