Allied – Un’ombra nascosta

Robert Zemeckis

Per gli agenti segreti della Seconda Guerra Mondiale Max Vatan e Marianne Beauséjour, la chiave per sopravvivere è non farsi mai veramente conoscere da nessuno. Sono degli esperti a ingannare, recitare un ruolo, anticipare le mosse e uccidere. Quando, nel bel mezzo di una missione straordinariamente rischiosa, senza volere sembrano innamorarsi l’uno dell’altra, la loro unica speranza è lasciarsi alle spalle tutti i doppi-giochi. Quello che invece accade è che il sospetto e il pericolo diventano il fulcro del loro matrimonio in tempo di guerra, visto che marito e moglie vengono messi uno contro l’altra in un test di lealtà, identità e amore sempre più difficile e potenzialmente letale. Le due spie simulano bene o tra loro sta nascendo il piacere oltre il dovere? Due divi (Cotillard ha vinto l’Oscar che a Pitt manca) che recitano la parte di due spie a loro volta più attori che guerrieri. Basterebbe questo gioco tra verità e finzione per rendere stimolante la visione di uno spy movie elegante e vecchio stile.

USA 2016 –  2h 27’

Allied inizia con uno sfoggio cinefilo nostalgico che per quanti spettatori irrita, molti di più ne fa godere con la sontuosità dei costumi, la chimica della coppia Pitt Cotillard, la perizia delle inquadrature e i movimenti di macchina. (…) L’esperto Zemeckis si confronta con Curtiz, Hitchcock, Lean e persino il Le Roy di Il ponte di Waterloo, ma non si limita a soggiacere agli amati fantasmi e sfrutta senza titubanze o complessi il fattore divistico irrorando di glamour i territori dell’inganno, il dubbio, il patriottismo fideistico, la logica della guerra e quella dell’amore e del sesso. A metà strada tra kitsch e sublime, Allied instaura di forza con la platea un rapporto di rinnovata passione per il cinema-cinema.

Valerio Caprara – Il Mattino

 

Seducente, struggente e solo apparentemente esplicito, il dramma d’amore e guerra diretto dal talento di Robert Zemeckis e scritto dal prodigioso Stephen Knight (esordiente in regia col magnifico Locke) lavora con sapienza nelle pieghe dell’inganno, della dissimulazione e – dunque – della contraddizione. II percorso del film ipnotizza lo spettatore nelle crepe di un’umanità stretta nella morsa di scelte morali drastiche e perennemente in bilico nel dubbio, elemento onnipresente nella filmografia del funambolico Zemeckis, il cui incantesimo dell’esemplare The Walk ancora risuona nell’anima. Un paio d’ore cinematografiche che sembrano un soffio.

Anna Maria Pasetti – Il Fatto Quotidiano

 

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