Full Monty (The Full Monty) di Peter Cattaneo - Gran Bretagna 1997 - 1h 31'
sceneggiatura originale
: Simon Beaufoy

Qualcosa è cambiato (As Good as It Gets) di James L. Brooks - USA 1997 - 2h 18'
sceneggiatura originale
:
Mark Andrus e James L. Brooks (da un soggetto di Mark Andrus)

Will Hunting - Genio ribelle (Good Will Hunting) di Gus Van Sant - USA 1997 - 2h 02'
sceneggiatura originale
:
Ben Affleck e Matt Demon (da un soggetto di Matt Demon)

Il grande Lebowski (The Big Lebowski) di Joel Coen - USA 1997 - 1h 57'
sceneggiatura originale
:
Ethan e Joel Coen

Il dolce domani (The Sweet Hereafter) di Atom Egoyan - Canada 1997 - 1h 50'
sceneggiatura
: Atom Egoyan (dal romanzo
omonimo di Russell Banks)

Jackie Brown di Quentin Tarantino - USA 1997 - 2h 33'
sceneggiatura: Quentin Tarantino (dal romanzo
Rum Punch di Elmore Leonard)

pagine & celluloide
Il "peso della scrittura" nella produzione cinematografica USA 97-98

Che gli oscar siano spesso solo un'autocelebrazione della spettacolarità hollywoodiana dovrebbe essere un dato ormai acquisito anche per lo spettatore più distratto, ma è anche vero che, pur nell'elitarismo anglofono, in alcune categorie il riconoscimento dell'Academy Awards è incontestabile e puntuale. Questa volta, ad esempio, il trionfo di Titanic era doveroso (non badate agli improvvisati denigratori della scintillante macchina-cinema di Cameron: se avesse fatto flop sarebbe diventato "film cult" proprio per certi cinefili snob), ma ogni anno le sezioni sulle quali più si può contare (a livello di indiscussa qualità) sono quelle delle sceneggiature, originali e non (cioè tratte da qualche racconto o romanzo). Se le prime sono le più interessanti come test sulla vivacità creativa di Hollywood, spesso dalle seconde escono rivitalizzanti trasposizioni che confermano o ridefiniscono le suggestioni narrative dell'opera originaria. Il "peso della scrittura", in un caso e nell'altro è essenziale, anche se poi è la mano della regia a suggellare la riuscita del prodotto1. Se infine sceneggiatura e regia portano la stessa firma…
Per questo breve ciclo estivo siamo sfacciatamente ricorsi ad un compromesso: i primi tre titoli sono decisamente "commerciali", ma si sono fregiati proprio della candidatura a miglior sceneggiatura per il '97 (gli altri due in lizza erano Harry a pezzi - ma Allen non è da scoprire oggi - e Boogie Nights) e offrono il fianco ad utili considerazioni, in positivo e negativo.

L'oscar è andato a Will Hunting, ma l'originalità è tutta ad appannaggio di
Full Monty, che innesta nel tessuto connettivo della working class britannica, una verve di sberleffo e trasgressione davvero dirompente. I disoccupati di Sheffield, che scelgono di esibirsi in un (maldestro) spogliarello, lasciano il segno per l'inconsueto, travolgente amalgama di umanità e humor (e per il riscontro di un simbolico striptease morale delle sicurezze del maschilismo inglese), ma va anche detto che Cattaneo non ha (ovviamente) il rigore sarcastico di Loach, né la toccante spontaneità di Stephen Frears2. Restano , memorabili, la sequenza della coda all'ufficio di collocamento che si anima al ritmo di Hot Stuff di Donna Summer e l'irrinunciabile stop-frame finale (il "trionfo" di un attimo, che ferma il tempo, ma non salva certo la situazione), ma la realizzazione complessiva non è sempre all'altezza della folgorante idea di Simon Beaufoy.

Più standard il caso di
Qualcosa è cambiato. È la classica produzione americana, con un soggetto accattivante, altissimi livelli d'interpretazione (2 oscar, per il miglior attore e la migliore attrice!) ed una regia di collaudata professionalità. Melvin-Jack Nicholson incarna, nella sua figura di maniacale scrittore di successo, la sfrontatezza della società yankee, capace di convivere con uno spietato cinismo ed esibire al momento giusto, nobiltà d'animo e dolcezza d'intenti. Brooks, che firma con Mark Andrus la scoppiettante sceneggiatura, sfrutta la sua esperienza3 nella direzione d'insieme e offre un piacevole campione d'incassi (solo 17° nella classifica italiana, ma al secondo posto al botteghino USA).

     
Will Hunting è il più imbarazzante da analizzare. La spunto è banalmente giovanilista, con il ragazzo, genio introverso e ribelle, che trova comprensione, affetto e sicurezza in un ambiente universitario elitario ma disponibile. Battute e scurrilità a iosa, spavalderia e fragilità, dialoghi chiarificatori inter-generazionali sanno di scontato4 (la sceneggiatura è firmata proprio dai due giovani protagonisti Matt Damon e Ben Affleck), ma ad autenticarne il risultato è l'intervento registico di Gus van Sant5 che, avvezzo alle poetiche della diversità, sa frastagliare il narrato di credibili imbarazzi e conquiste esistenziali, attento alla pregnanza della visualizzazione del racconto oltre che alla sensibilità dei contenuti.

         
A suggello della sezione "sceneggiature originali" vi proponiamo il nostro candidato all'oscar per l'anno prossimo,
Il grande Lebowski. Il pregio evidente dell'opera numero sette dei fratelli Coen6 è la sua apparente superficialità. Lo pseudo-noir in cui l'omonimia del cognome mescola la vita di Jeff "Drugo" Lebowski, sfaccendato e trasandato, con quella di un Lebowski ben più ricco e potente, vive di sprazzi narrativi e stilistici entusiasmanti (e spiazzanti).
Drugo procede nella storia come un relitto umano (la nostalgia degli anni '60 e '70!), accompagnato da un fanatico veterano del Vietnam e da un altro, apatico, compagno di bowling (che è tutto per i tre amici), ma nel contorto meccanismo del racconto, tra inattendibili rapimenti, falsi riscatti e violenti scontri esitenzial-nichilisti, esce alla fine vincente. Il divertimento del gioco cinematografico è smaccato: all'intarsio effervescente della sceneggiatura corrisponde un estro figurativo ridondante (da antologia i sogni-incubo, con tanto di omaggio al musical di Busby Berkeley) ed è sempre evidente il gusto della citazione. Ma nulla è fine a se stesso: sul foglietto di appunti telefonici - vedi
Intrigo internazionale - non resta impresso ciò che realmente frulla per il cervello di un pornografo? Le ceneri gettate al vento, non si depositano dove più lasciano il segno della precarietà del vivere, dando a Drugo alfine il coraggio di malapostrofare Walter? La canzone di apertura dei Sons of the Pioners7 parla dei tumbleweed, i cespugli della prateria che rotolano e, in chiusura, il cowboy-narratore non chiude il paradosso-Lebowsky (in cui il nostro non-eroe ha rotolato - come una palla da bowling - attraverso un'infinità di situazione assurde) rifacendosi alla carovana che va verso l'ovest, al perpetuarsi della dannata commedia umana?
Tra il big del titolo e il little del nascituro (Lebowski da parte di madre e di padre!), la figura di Drugo è quella di un great, "grande" di una sua forza interiore che lo rende "mitico" (come la tenacia dei pionieri). Il suo personaggio emerge via via dallo sfondo, volutamente caotico del racconto: sa cosa ribattere al suo miliardario alter-ego ("What makes a man a man, Mr. Lebowski?")8 e, anche se di sfuggita (e in uno specchio), sa mettere se stesso - e tutta una generazione, solo apparentemente sconfitta - sulla copertina di Time.

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2008


Con
Il dolce domani (Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes) passiamo sul versante delle sceneggiature non originali (oscar '97 vinto, non certo immeritatamente, da L.A. Confidential) e ci troviamo di fronte al film più fascinoso, rarefatto e stimolante di questa stagione.
In una piccola città di provincia l’autobus della scuola ha un incidente e sprofonda nel lago ghiacciato con il suo carico di bambini. Come farsene una ragione? Su questa domanda, banale ed angosciosa, si innescano inaspettate dinamiche narrative che mettono a nudo ipocrisie e miserie della comunità e che ergono a protagonista un intraprendente avvocato, il quale, mentre prova a canalizzare la sorda rabbia delle famiglie, vive, turbato, il dramma di una figlia ormai adulta "persa" tra marginalità e droga. L'impatto socio-esistenziale dell'opera di Egoyan9 trova forza nella raffinata composizione figurativa (al limite del manierismo), nella sua capacità di intrecciare con una sensibilità straordinaria il tormento individuale con quello collettivo, di portare all'astrazione la tragicità degli eventi (quell'autobus che sprofonda nel ghiaccio, inquadrato in campo lungo) facendo suscitare una vera implosione dello strazio profondo che essi hanno lasciato. Il meccanismo del flash-back (dell’avvocato, che sta finalmente per ricongiungersi alla figlia colpita da AIDS) e l’ambigua fiaba del Pifferaio di Hamelin (un'invenzione di sceneggiatura - dello stesso Egoyan - rispetto al testo originario) danno ulteriore complessità ad un racconto già di per sé ermetico e intrigante. Sotto quale tensione ricompositiva (umana e civile) leggere la bugia con cui l’adolescente Nicole mette fine alla causa? Come dare senso compiuto a quel sweet hereafter che il titolo, anche in italiano, suggella? Il dolce domani è come un sasso scagliato nella stagno del nostro immaginario cinematografico. Dall’increspatura emotiva iniziale, la tensione si allarga progressivamente, carica di inquietanti interrogativi.

Per finire ecco, anche per le sceneggiature non originali, il nostro candidato per le nomination dell'anno prossimo:
Jackie Brown. Solo chi si aspettava un capolavoro destrutturalizzante come Pulp Fiction ne è rimasto deluso. Quentin Tarantino10, proprio come i Coen di Il grande Lebowski, scrive un'altra pagina sulla rivincita della marginalità esistenziale. Solo che Jackie Brown è quasi un'eroina vera, tanto è convinta della necessità di uscire da una vita di mediocrità e dalle continue frustrazioni che l'accompagnano. Tarantino, che più che del virtuosismo tecnico, si pasce dell'escalation dell'affabulazione e del coinvolgimento narrativo della macchina da presa, parte da lontano, gira attorno ai vari personaggi anche se, fin dal primo, appassionato carrello, sta addosso alla sua preferita, Jackie. In Pam Grier, attrice simbolo di certo cinema di serie B degli anni '60-'70 (cercare alla voce blaxploitation per saperne di più11), trova una presenza fisica che evidenzia l'altra faccia della marginalità. Se Lebowski è svaccato vincitore (non solo morale) per inerzia, l'energia risolutiva di Jackie è tipicamente femminile: disposta a tutto pur di riuscire, capace di allearsi con il tipo giusto (Max Cherry - Robert Foster) e di affezionarglisi, ma anche di riprendere, da sola, la strada di una nuova esistenza.
E tutto ciò Tarantino lo visualizza con impeto e naturalezza. Usa piani ravvicinati per i suoi protagonisti, li rilassa al suono di una colonna sonora di calibrato intrattenimento, li lascia blaterare per metterli narrativamente a loro agio, si fa eclettico (e discreto) nel rappresentare la violenza: quattro omicidi così diversi uno dall'altro! Il primo, nel bagagliaio della macchina, in campo lungo: giusto un colpo di pistola, lontano. Il secondo distrattamente fuori campo, con la petulante Melanie (Bridget Fonda) "fermata" a lato dell'inquadratura dallo scatto rabbioso della pistola di Louis (Robert De Niro). Il terzo ravvicinato ed "esplicativo" nelle dinamiche del rapporto tra Louis e Ordell (Samuel L. Jackson). L'ultimo in ammiccante stile noir, con la scena al centro dell'attenzione e la ripresa a perpendicolo per fissare l'attimo-chiave della sequenza. Ecco, per quello che vuole mettere in evidenza, Tarantino torna al classico. Rimodella il romanzo di Elmore Leonard12 per descrivere un malessere costruito sugli stati d'animo più che sugli eventi, per dar spessore al suo emblematico personaggio femminile13. E, quando "deve accompagnare" Jackie nel momento clou dell'azione, non esita ad inquadrarla in un intenso piano-sequenza, nervoso e liberatorio. Un gesto d'amore per Jackie Brown-Pam Grier e per il cinema scritto e filmato con limpida progettualità autoriale.

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2006 INGRESSO GRATUITO

10° compleanno
i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2007

ezio leoni - pieghevole Cinema-Estate al Bastione ALICORNO - agosto 1998

Le NOTE che seguono sono una specie di compito per casa per il nostro pubblico: in questa breve analisi, ogni riflessione rimanda ad altri film, ad altri percorsi cinematografici, ad altri autori e/o titoli. Di volta in volta si è cercato di fornire poche essenziali indicazioni per allargare e approfondire il discorso. Certo, uno scontato citazionismo per molti, ma forse, per alcuni, l'occasione di (ri)scoprire in videocassetta alcune titoli coerentemente significativi.

1 - Un esempio eclatante, per grandezza del testo originario ed altrettanto memorabile trasposizione cinematografica, è Lolita (1962). Vladimir Nobokov e l'autore del romanzo e (caso insolito) anche della sceneggiatura, la regia è di Stanley Kubrick. Il compito per casa in questo caso è doppio: sarebbe doveroso leggere anche il libro, non importa se prima o dopo, il fascino dei due "testi" (entrambi, nel loro settore, capolavori del '900) è inalterato in ogni caso.

2 - Cerchiamo di non farci trasportare dalla passione verso Loach consigliandovi solo Riff Raff (1991, con un Robert Carlyle agli esordi), parentesi più caustica e veemente della disoccupazione britannica, mentre per Frears il titolo corrispondente è The Van - Due sulla strada (1996). Infine, se amate l'ambiente proletario inglese e Carlyle in particolare, non perdetevi Go Now (1996), lazzi calcistici e dramma romantico firmati Michael Winterbottom.

3 - James L. Brooks ha al sua attivo il successo di Voglia di tenerezza (1983): ben 5 oscar (tra cui la regia e la sceneggiatura, firmata anch'essa da Brooks, anche se, in quel caso, non "originale") e tante commosse lacrime per il grande pubblico.

4 - Il rimando (anche per la presenza di Robin Williams) è, ovviamente, a L'attimo fuggente di Peter Weir (1989), ma, con riferimento alle situazioni psicologo-paziente, una citazione va anche a Gente comune (Robert Redford - 1980).

5 - Vale la pena, per inquadrare il percorso sulla "diversità" di Gus van Sant, di consultare la sua opera prima (Drugstore Cowboy - 1989) e lo sconvolgente (e intenso) Belli e dannati (1991).

6 - L'opera dei fratelli Coen (agli esordi entrambi alla regia, ora abitualmente co-autori della sceneggiatura con Joel che appone poi la firma come director e Ethan come producer) è tutta da scoprire: dall'esordio di Blood Simple (1984) al riconoscimento internazionale per Barton Fink (1991, palma d'oro al festival di Cannes), dalla stravagante frenesia di Arizona Junior (1987) alla maturità di Mister Hula Hoop (1994), dalla criminalità cinica ed esplosiva di Crocevia della morte (1990) a quella sconclusionata ed autolesionista di Fargo (1996). Non occorrono compiti per casa, è previsto uno specifico corso di recupero , con una personale completa nei mesi di ottobre-novembre (al LUX )

7 - Una curiosità super-cinefila. Una canzone dei Sons of the Pioners apriva anche Sentieri selvaggi (John Ford 1956 - centra poco, ma rivederlo fa sempre bene!) e il primo verso recitava "What makes a man to wander". Girovagare, rotolare: l'affinità è evidente e così pure è significativa l'assonanza di quel "What makes a man…"8 (onore al merito a Bruno Fornara che lo segnala nel numero 374 di Cineforum).

8 - Anche se per la domanda ("cosa fa di un uomo un uomo") l'altro ha già pronta la risposta ("Essere pronto a fare ciò che è più giusto"), Drugo non si lascia scappare l'occasione di aggiungere "Sì, quello e un paio di testicoli"

9 - Ostico e affascinante il cinema del canadese (di origine armena) Atom Egoyan film successivo in archivio. Essenziale il recupero di Black Comedy (1987), una lezione assolutamente originale di "videorealtà".

10 - C'è bisogno di "ripasso" per Quentin Tarantino? Pulp Fiction (1994) è film-cult ormai per tutti e se non avete visto Le iene (1992) rimediate subito: un'esplosione sorprendente di ritmo e violenza! film successivo in archivio

11 - La serie più nota della blaxploitation e quella di Shaft, inaugurata nel 1971 da Shaft il detective (1971): diretto da Gordon Parks e interpetato da Richard Roundtree, con famosa colonna sonora di Isaac Hayes.

12 - Jackie Brown è la seconda trasposizione cinematografica di un'opera di Leonard. La prima era stata Get Shorty, di Barry Sonnenfeld: un film "solo" del 1995, ma già introvabile in pellicola.

13 - Anche il cognome subisce una variazione rispetto al testo, a tributo di Foxy Brown, cavallo di battaglia della Grier nel 1974.

 

rassegna organizzata dal circolo The Last Tycoon

(in collaborazione con il Comune di Padova- Assessorato alla cultura e Consiglio Quartiere 7)
Bastione Alicorno - via Cavallotti - Padova (di fronte al cinema LUX)
4-6-11-18-25-27 agosto 1998

elenco depliant