agosto 2019

periodico di cinema, cultura e altro... ©
 

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Reg.1757 (PD 20/08/01)

 
 
 
FESTIVAL DI CANNES

14 -25 maggio 2019

 

  Sembrava dover essere il festival dei festival, questo Cannes 2019, con tutto il Gotha del cinema mondiale schierato ai blocchi di partenza. Fuori Netflix, dentro Jarmusch, Almodóvar, Ken Loach, i Dardenne, Malick, Xavier Dolan, Kechiche, Bellocchio...
E addirittura, incerto fino all’ultimo, reduce da quattro mesi di post produzione lavorando giorno e notte, Quentin Tarantino col suo ultimo film
Once upon a time in America, sul palco della Croisette a 25 anni esatti dal l’exploit (e dalla Palma) di Pulp Fiction.

E invece? Invece niente, per chi scrive una delusione dopo l’altra: sconcertante l'apertura di
The Dead Don’t Die (Jarmusch), ennesimo film di zombie attualizzato ma senza il fascino del precedente Solo gli amanti sopravvivono.

Ripetitivo, senza appeal Le jeune Ahmed dei Dardenne, due volte vincitori a Cannes (e autori qualche anno fa dello straordinario Due giorni una notte). Corretto come sempre il compitino labourista di Ken Loach in Sorry We Missed You. Ridimensionato al natio Canada e alle tematiche gay lo Xavier Dolan di Matthias & Maxine (ed è stato un bene, si ritrovano un po’ la grazia e l’ispirazione di Tom a la ferme). Quanto a Mechtoub my love: intermezzo di Abdellatif Kechiche, ecco la seconda chance (la prima era stata a Venezia 74, ma è prevista anche una terza sessione) per chi non ha il tempo o l’età per recarsi in discoteca di gustarsi tre ore di giovani lati-b ondeggianti a tempo di musica.

E il fenomeno Tarantino? Con tutto il rispetto, e in attesa di conoscere il responso del pubblico (uscita prevista in tutta Europa per settembre) il suo Once Upon A Time in America, più di 3 ore di nostalgico vintage anni 60, privo di equilibrio tra la trama principale e quella accessoria del massacro di Sharon Stone, stracarico (fin dal titolo)di citazioni cinefile, senza violenza ma anche ispirazione è sembrato davvero una occasione mancata.

E nel palmares? Nel gioco ad esclusione dei grandi, sono arrivate alcune decisioni a dir poco discutibili della giuria presieduta da Alejandro Inarritu. Ad esempio Il Gran Prix della giuria (secondo trofeo per importanza) attribuito al non certo memorabile  Atlantique dell’esordiente senegalese Mati Diop: c’entra l’argomento (migranti of course), c'entra il suo essere donna (e africana)? E perché dividere ex equo l’inedito Premio della giuria tra l’ottimo francese Les miserables e il più assurdo, supponente dei film in concorso, il brasiliano Bacurau, horror distopico ambientato nel sertao brasiliano, colla brava gente del popolo vessata e sterminata da una banda di criminali (facile sottintendere un riferimento agli USA). D’altra parte il regista è quel Kleber Mendonca Filho autore tre anni fa del dignitoso Aquarius ma anche nell'occasione promotore, con la sua troupe, del sit-in sul tappeto rosso in favore di Lula e compagnia...

Ma veniamo ai superstiti e ai meritevoli di citazione. Senz’altro
Dolor y Gloria di Almodóvar, l'esordio del francese Ladj Ly (Les Miserables di cui sopra), A Hidden Life del ritrovato (secondo noi) Terrence Malick e (finalmente!) Il traditore di Marco Bellocchio, film bello e importante per lui e per noi italiani. Ci piace citare infine, anche se fuori concorso,  l'incredibile operazione osata a cinquant’anni di distanza da Claude Lelouch con Les plus belles années d’une vie. Sequel di Un uomo una donna? No,di più molto di più. Assolutamente genial, come dicono i francesi.

 

E Parasite del coreano Bong Joon Ho, l’ultimo degli outsider inaspettatamente uscito dal cilindro della giuria? Anche quest'anno ci è sfuggita proprio la visione del vincitore della Palma d'oro. La delusione dell'inviato va di pari passo con i rimbrotti della redazione...

Giovanni Martini

 
BIENNALE ARTE

11 maggio - 24 novembre 2019

  MAY YOU LIVE IN INTERESTING TIMES... La 58° Biennale Arte mette "in mostra" due importanti registi cinematografici: Alexander Sokurov e Apichatpong Weerasethakul.
Il primo, assieme all'artista teatrale Alexander Shishkin Hokusai, ha allestito il padiglione russo, uno dei più affascinanti dell'intera Biennale, Apichatpong Weerasethakul (
Tropical Malady, Lo zio Boonmee che si ricorda delle vite precedenti) figura invece tra gli artisti invitati dal curatore Ralph Rugoff ed espone sia ai Giardini che all'Arsenale.
Se il regista
thailandese ha sempre oscillato tra la realizzazione di lungometraggi (attività per la quale è più noto al pubblico occidentale) e quella di installazioni artistiche, presentate peraltro a importanti manifestazioni internazionali come Documenta a Kassel, Alexander Sokurov si misura per la prima volta con questo, per lui, nuovo linguaggio, su un tema però già praticato, quello del museo come luogo di salvezza.
L'Arca, che dalle sale dell'Ermitage ci aveva trascinati all'interno del Louvre per poi dirigersi verso il Prado e il British Museum (che dovrebbero concludere la tetralogia museale pensata da Sokurov) sembra aver fatto una sosta a Venezia per riprendere la riflessione sul ruolo conservativo del museo e nello stesso tempo sulla necessità dell'arte di stare dentro al proprio tempo. Il direttore del museo dell'Ermitage Michail Piotrovsky, a cui i Russi quest'anno avevano affidato la curatela del padiglione nazionale, nel dare l'incarico a Sokurov, ha dichiarato: “L’idea del progetto è quella di delineare l’influenza che un museo universale – come custode della cultura mondiale – ha su un artista contemporaneo”.

Il progetto, intitolato Lc, 15; 11-32, prende spunto dalla parabola del figliol prodigo narrata nel Vangelo di Luca e rappresentata in un quadro di Rembrand del 1668, che costituisce uno dei capolavori più famosi e visitati del Museo. Il cinema di Sokurov (Madre e figlio, L'Arca russa, Faust, Francofonia) è immersivo, capace di risucchiare lo spettatore all'interno del mondo da lui creato, un'analoga sensazione prova il visitatore nel momento in cui mette piede all'interno del padiglione russo. Qui non è con il movimento, ma con la composizione delle spazio che Sokurov trasmette l'impressione di essere entrati in un altro mondo, che ti avvolge dalle pareti al pavimento, al soffitto, un mondo buio e inquietante, che ricorda le atmosfere del Faust. Sokurov ha ricreato contemporaneamente in un unico spazio la sala del museo e lo studio dell'artista, dove campeggiano due installazioni video, una che riporta particolari del quadro e una in cui dei soldati da un edificio diroccato sparano verso l'esterno, la parete di fondo è un grande specchio. Un luogo sacro, dedicato all'arte, che si difende dai tumulti e dalle violenze dell'esterno o una riflessione sul contrasto tra il significato della parabola e la volontà opposta di tenere lontano il diverso?
Scendendo al piano sottostante l'impressione di disorientamento è aumentata dal fatto che le pareti, su cui campeggiano riproduzioni di pittura fiamminga, impercettibilmente si muovono e una serie di manichini all'improvviso si anima. È l'omaggio che Alexander Shishkin Hokusai ha voluto fare alla magia dei complessi congegni meccanici presenti nel Palazzo d'Inverno, di cui tutti ricordiamo il Pavone Meccanico immortalato in
Ottobre da Ejzenstejn.

Nell'ultimo film di
Apichatpong Weerasethakul, visto al FEFF di Udine, The song of the city (un episodio di Ten Years Thailand) c'è un personaggio che vende apparecchi per l'ossigeno, che dovrebbero servire a dormire meglio, per dimenticare l'esistente. Il tema del sonno, del sogno, come spazio di esplorazione, liberazione e “pacata sovversione”, nei confronti delle difficoltà della vita, spesso affrontato dal regista thailandese, è anche al centro dell'installazione intitolata Syncronicity da lui curata, in collaborazione con l'artista giapponese Tsuyoshi Hisakado, per l'Arsenale, opera di grande impatto emotivo, in cui si ritrovano tutte le suggestioni presenti nei suoi film: il mistero, la compresenza di altri mondi...

Il sonno, come soglia, acquisisce una forma fisica nell'ambiente creato dai due artisti attraverso una perfetta interazione tra luce, suono e schermo. La stanza a cui si accede è divisa da una parete sghemba, che crea subito un effetto perturbante, su di essa è proiettato il video di Apichatpong, in cui una donna giace irrequieta su un letto nella foresta, sogna e il suo corpo prende fuoco. Un singolare foro al centro dello schermo piatto fa intravvedere alcune lampadine che oscurano e illuminano una lastra di alluminio satinato in dialogo con la lampada del proiettore, quasi fossero controllate dagli spiriti. Dietro la parete sembra di penetrare in una caverna, che potrebbe essere dentro il sogno al quale crediamo di assistere: l'otturatore del proiettore scatta a intervalli e la scena cambia, mentre i sogni mutano da un'immagine all'altra.
Al padiglione centrale dei Giardini si possono invece ammirare delle fotografie appartenenti al periodo trascorso dall'artista in Colombia, paese che egli sente affine alla Thailandia: una foresta, la schiena di un uomo costellata da punture di zanzare e, la più impressionante,
Ghost Teen, il ritratto di un uomo con una maschera inquietante, che nasconde un'altra vita, o molteplici...

Cristina Menegolli

 
 
FESTIVAL DI PESARO

15-22 giugno 2019

  Vinile e pellicola, 33-45 giri e 35-16 mm... La nostalgia vintage tocca la musica e anche il cinema. E il Festival di Pesaro, ben "vecchio di Storia", per questa sua 55a edizione ha puntualizzato l'identità storica del cinema innestando nel proprio programma non solo proiezioni "obbligate" di reperti autoriali (per lo più in 16 mm), ma anche serate a cielo aperto espressamente proposte nel classico 35 mm. Hanno ripreso vita in questo formato classici come Butch Cassidy e Per un pugno d dollari (scelti per la serata inaugurale), Banditi a Milano, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, L'uccello dalle piume di cristallo...
Possiamo dire che le emozioni cinefile più partecipate sono state proprio quelle legate a questi recuperi (per lo più a Bagni Paradiso N°59) ma è soprattutto Piazza del Popolo che ha visto affollarsi un pubblico davvero numeroso tra esperti e villeggianti. Sì perché se Venezia richiama una folla specifica di appassionati che invade il Lido a fine stagione, a Pesaro invece allo zoccolo duro di critici e cinefili si affianca un'ampia schiera di turisti che al piacere della vacanza adriatica abbina quello del fascino del buon cinema (non banalmente commerciale) sotto le stelle.

 

Ma sono anche molti quelli che "osano" abbandonare mare e spiaggia per chiudersi nelle sale del Teatro Sperimentale. Per scoprire cosa in questa edizione? Innanzi tutto il "denso" magma femminile: molte le registe in cartellone, dai "femminismi" di Barbara Hammer alla retrospettiva di Lee Anne Schmitt, alle presenze disseminate negli sguardi sul cinema spagnolo a russo. Un programma ricco e articolato che al concorso Premio Lino Micciché (assegnato a Inland/Meseta dello spagnolo Juan Palacios) ha affiancato un omaggio alle cinefilie televisive di Fuori orario e Stracult. Ecco quindi, a corredo, una specifica rassegna dedicata al cinema di genere in Italia ("in tutte le sue forme dalla commedia a tutte le sperimentazioni più coraggiose") con la pubblicazione del volume Ieri, oggi e domani (Pedro Armocida, Boris Sollazzo - Marsilio) e, in chiusura, con il memorabile scontro culturale (a margine della tavola rotonda) animato da due visioni contrapposte, quella di Marco Giusti e Adriano Aprà >>: in fondo il cinema, per sopravvivere, non ha bisogno solo di grandi incassi e presenze, ma anche di un costante confronto sui suoi significati intrinseci. Grazie Pedro!

Ezio Leoni

 
 
ALTRE VISIONI

serie TV

  Due Serie come Dark e Stranger Things hanno in comune il fatto di appartenere al genere teen e di essere prodotte da Netflix; entrambe inoltre, una arrivata alla seconda stagione e l'altra alla terza, hanno mantenuto uno standard di qualità invariato.

Baran bo Odar - Germania
stagione 1
- 2017 (10 episodi)
stagione 2 - 2019 (8 episodi)

The Duffer Brothers - USA
stagione 1
- 2016 (8 episodi)
stagione 2 - 2017 (9 episodi)
stagione 3 - 2019 (8 episodi)

  Dark, serie tedesca ideata da Baran bo Odar e Jantje Friese, si è confermata una fra le migliori produzioni Netflix fino ad ora realizzate (trailer). La narrazione, nella seconda stagione, riprende dal 2020 e dalla scomparsa di sei ragazzini dalla città immaginaria di Winden (i cui scenari rimandano ai borghi della Forest Nera), che si scoprono dispersi tra passato e futuro.

Il Tempo in Dark, come sanno bene gli spettatori, non è mai lineare, ma è un unico grande loop, nel quale ogni evento si ritorce in se stesso senza origine e senza fine; arrivata alla seconda stagione (trailer), Dark ha il pregio di dipanare i vari fili di storie che si sviluppano in molteplici e spesso sovrapposte direzioni, grazie ad una regia e ad una sceneggiatura impeccabili.
Muovendosi tra lo sci-fi, una dimensione mistery e uno sfondo thriller, in un crescendo di tensioni, tra paradossi e loop temporali la seria pone l'accento sul contrasto tra l'inesorabilità del destino e il tentativo disperato di evitarlo.

 

 

  Targata “Duffer Brothers” (Matt e Ross), Stranger Things trascina lo spettatore in un vortice continuo di avventure ordinarie e soprannaturali, ma qui dalle atmosfere cupe e apocalittiche di Dark si passa ad un mondo pieno di luce e di colori, tipici dell'estetica anni 80, nonostante horror e angoscia stiano sempre dietro l'angolo, pronti a intervenire.

Con la terza stagione (trailer) i personaggi sono cresciuti e il film ne segue l'evoluzione, virando verso situazioni “teen”: Innamoramenti, gelosie, ecc. Una novità divertente è l'introduzione di un elemento caro al cinema americano degli anni 80, quello della minaccia dell'URSS e della presenza della Guerra Fredda dietro gli esperimenti che sconvolgono la cittadina di Hawkins.
La scrittura, la fotografia, gli effetti speciali: tutto concorre ad un prodotto riuscito e articolato, in cui la mescolanza dei generi, il sistema dei rimandi e delle citazioni, le differenti linee narrative tengono senza sbavature né ridondanze. Resta comunque un prodotto “spielberghiano”, efficacissimo come divertimento, ma senza le complessità della serie tedesca.

Cristina Menegolli

 
 

in rete dal 09 agosto 2019

 
 

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