All’interno della quotidianità lavorativa di un mattatoio di Budapest, il direttore responsabile Endre cerca di stringere un rapporto sempre più intimo con Mária, la nuova ispettrice per il controllo qualità. Quando scoprono di condividere letteralmente lo stesso sogno ogni notte, iniziano ad avvicinarsi sempre più, pur conservando il loro carico di paure e insicurezze. Enyedi mette in scena con straordinarie sensibilità e poetica il bisogno disperato d’amore di fronte alle difficoltà nel dichiararlo. Una love story estraniante, velata di magico incanto.
Testről és lélekről
Ungheria 2017 (116′)
ORSO D’ORO BERLINO 67°
BERLINO – In un idilliaco paesaggio innevato, quasi da cartolina natalizia, un cervo e una cerbiatta si incontrano, si osservano, si annusano, si respingono; è un mating game, una danza del l’accoppiamento, non così dissimile come vedremo da quelle in atto tra gli umani.
È questa la metafora che apre e scandisce ad intervalli regolari di 10-15 minuti il singolare film On Body and Soul, vincitore della sessantasettesima Berlinale. La regista Ildikó Enyedi, già vincitrice di una Camera d’Or a Cannes 89 col suo film d’esordio My 20th century, e in ogni caso figura importante della scena cinematografica ungherese, riemerge dopo un gap ventennale (l’ultimo suo film, Tamas et Juli è del ’97) dovuto sembra a problemi personali e di produzione ed il risultato è senz’altro notevole.
In un mattatoio nel dintorni di Budapest (sono molti i registi negli ultimi anni a privilegiare questa ambientazione quale paradigma di estrema crudeltà volta all’annichilimento dell’altro) arriva la nuova assunta Maria, addetta al controllo qualità. Fredda, determinata, dotata di una memoria prodigiosa, pignola all’inverosimile, sembra però avere un problema nel rapporto con gli altri. Non ha cellulare, non parla con nessuno, risponde a monosillabi, mangia da sola alla mensa, chiusa in una sorta di asociale timidezza che rasenta l’autismo. Lo strano comportamento e la sua indubbia avvenenza risvegliano però l’attenzione di Endre, il direttore finanziario della ditta; più in là cogli anni, separato, un lieve difetto fisico, senza più illusioni sentimentali.
Comincia così un “balletto”(ricordate i cervi?) dove Endre cerca di rompere il muro solipsistico della ragazza, chiamandola Marika( lei che odia i vezzeggiativi!), sedendosi di fronte a lei a pranzo: domande discrete, piccole attenzioni… Ma nulla accade. Finché in seguito al furto di un raro costosissimo prodotto afrodisiaco ( ! ) per gli animali, la vita del mattatoio-fabbrica viene sconvolta dall’intervento della polizia e addirittura di una terapeuta mandata a tracciare un ritratto dei dipendenti i quali vengono interrogati a turno.
Ed ecco che, nell’incredulità della psicologa (“ma mi state prendendo in giro?”) scopriamo che Endre e Maria da due anni condividono lo stesso identico sogno, quello appunto dei cerbiatti in amore! Troppo assurdo, troppo cerebrale, troppo facile, troppo meccanico? Sì certo (qui forse sta il difetto maggiore del film) ma senz’altro anche molto poetico e insinuante. Sarà possibile essere lontani e incapaci di comunicare nella veglia e invece vicini quasi predestinati nel sonno, luogo per eccellenza della libertà e della mancanza di inibizioni? Comincia quindi un percorso di sguardi, telefonate, incontri peraltro casti fino al dormire assieme nella stesso stanza “per condividere i sogni”.
Nell’ultima parte il film scivola un po’ nella commedia (c’è anche un tentativo truculento di suicidio peraltro subito rientrato) e lei a volte sembra più un caso clinico che un personaggio, ma comunque arriva alla fine lasciando nello spettatore un sapore dolce amaro estremamente gradevole e che induce a pensare. E i due cervi escono assieme dal campo visivo… On Body and Soul è appunto un film sui corpi e sulle anime; dalle immagini atroci degli animali uccisi smembrati e sezionati per arrivare, attraverso le scene del bosco innevato, al difficile cercarsi di due anime ferite ma non dome, capaci di ritrovarsi almeno nell’inconscio. Alla fine una “cosa” cinematografica di grande eleganza ed estremamente ben girata, inquadrature fisse a ritratto (impossibile non pensare ad Antonioni), dialoghi realistici nel tratteggiare il microcosmo del mattatoio, poi sempre più onirici e insinuanti.
Giovanni Martini – MCmagazine 42