Il conformista

Bernardo Bertolucci

Un film che ha cambiato la storia del cinema. Lo stile di Bertolucci, il suo modo di mettere in scena il passato, la Storia, ma anche la sorprendente fotografia di Vittorio Storaro, segnarono in maniera determinante gli autori della new Hollywood. L’elemento decisivo è un nuovo modo di guardare il passato, qualcosa che poi si sarebbe chiamato postmoderno e che ancora veste i panni del rétro.

 

Italia/Francia/Germania Ovest 1970 – 1h 52′ (1h 48′)

È la storia di Marcello Clerici (Jean-Louis Trintignant), spia fascista e docente di filosofia, a cavallo fra gli anni del regime e il 25 luglio del 1943, data della caduta di Mussolini. In predicato di sposare Giulia (Stefania Sandrelli), ragazza di media borghesia dal carattere gioviale e comunicativo, opposto al suo, Marcello convive con un peso angoscioso nell’anima: quello di aver ucciso l’autista che voleva abusare di lui quando era adolescente. La vicenda, oltre alla convivenza con una famiglia dai forti disequilibri, lo segna nel profondo e lo induce a sposare la causa della polizia segreta fascista, della quale diventa agente. Sarà l’inizio di una serie di orrori, tradimenti e ambiguità, che culmineranno, la notte del 25 luglio, in una rivelazione che diventa specchio di un’epoca e sintesi di una tragica parabola esistenziale.

Il conformista è un film che ha cambiato la storia del cinema, lo stile di Bertolucci, il suo modo di mettere in scena il passato, la Storia, ma anche la sorprendente fotografia di Vittorio Storaro, segnarono in maniera determinante gli autori della new Hollywood, da Coppola, a Scorsese, a De Palma. È difficile per lo spettatore di oggi cogliere gli elementi di novità che ebbe alla sua uscita un film come Il conformista. Il fatto è che proprio questi elementi di novità erano destinati a diventare stile e sensibilità comune nei decenni successivi. L’elemento decisivo è un nuovo modo di guardare il passato, qualcosa che poi si sarebbe chiamato postmoderno e che ancora veste i panni del rétro. Il passato, con Il conformista, è qualcosa che non era prima.

Emiliano Morreale

Alle porte della Seconda guerra mondiale, Marcello Clerici, spia della polizia politica fascista, si reca a Parigi in viaggio di nozze. La luna di miele è una copertura: all’insaputa della moglie Giulia, Marcello deve eliminare il suo ex professore ora dissidente politico antifascista. In un turbinio d’intreccio erotico e politico, il protagonista sente vacillare la sua fede nel regime e s’innamora della moglie del professore. La missione sarà portata a termine ma, pavidamente, non per sua mano.
Se esiste una caratteristica comune ai tutti i grandi cineasti, essa è sicuramente la cifra stilistica. Il taglio di un’inquadratura, la fotografia, sono spesso firme criptate intelligibili all’occhio dell’immaginario collettivo. Bernardo Bertolucci, autentico cinefilo, è tra coloro che ha saputo dar vita ad uno stile inconfondibile. Il conformista – tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia – racchiude già tutte le peculiarità dei film che da lì a poco renderanno l’autore noto a livello mondiale. Una fattura sopraffina il cui merito va equamente ripartito con Vittorio Storaro (fotografia) e Franco Arcalli (montaggio). Partiamo dalle luci. Puro espressionismo nella sequenza iniziale in cui l’attesa del protagonista – un impeccabile Jean-Louis Trintignant – è cadenzata da una luce al neon intermittente, creando una sorta di montaggio ottico ricco di simbologia. E poi il montaggio in continuo slittamento temporale tra feedback concentrici; i lunghi piani sequenza e le inquadrature sghembe.


Le tematiche care a Bertolucci sono già evidenti: l’erotismo e la politica, l’omosessualità e l’amata Parigi. La crisi esistenziale che prova Marcello Clerici – la medesima di ogni italiano in epoca fascista – è genialmente espressa attraverso il mito della caverna di Platone. Il turbamento del protagonista viene così immerso in una tematica sociale più ampia ad essa simmetrica. E quando dopo l’elissi temporale nel drammatico 25 luglio 1943 (dimissioni di Mussolini), Giulia stigmatizza l’ipocrisia della massa – prima tutti pro e ora tutta anti – Bertolucci dà prova di onestà intellettuale fotografando in maniera sublime l’ambiguità di uno dei periodi più bui della Storia d’Italia.

Luca Cacciatore – mymovies.it

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