The Deep Blue Sea

Terence Davies

Londra, metà anni ’50. Hester è la bella moglie di Sir William Collyer, giudice della corte suprema. La sua vita, all’insegna dello sfarzo e della monotonia, scorre piatta fino a all’incontro con Fredie Page, giovane ex pilota della RAF. L’attrazione fra i due è irrefrenabile: Hester si lascia andare con passione a un sentimento mai provato prima per il marito. Il comportamento della donna suscita subito scalpore in una città ancora ferma alle rigide etichette del tempo. La severe critica moralistica non riesce a comprendere una scelta tanto coraggiosa: abbandonare un esistenza privilegiata per vivere a pieno la sua storia d’amore. Un melodramma che sembra voler rimanere al di fuori del tempo, pregno di malinconia, ricordi, momenti di trascinante passione.

USA/Gran Bretagna 2012 – 1h 36′

“Questo film racconta una storia molto semplice che riguarda l’amore. Ci sono tre persone che si amano, ma non possono contraccambiare pienamente il sentimento che provano. L’amore è qualcosa di molto umano, e in quanto tale può essere distruttivo oppure può trasformarsi anche in qualcosa di diverso. Alla fine, Hester scopre di essersi innamorata. E quando si ama davvero si è anche in grado lasciar andare l’altra persona per poi poter trovare il coraggio di continuare. L’amore è estremamente umano”. Ecco come l’inglese Terence Davies ha introdotto The Deep Blue Sea, suo ultimo atteso film presentato nei giorni scorsi all’interno del Focus dedicato alla Gran Bretagna del Festival Internazionale del Film di Roma. È’ un’opera fuori dal tempo come altre del regista, pregna di malinconia, ricordi, momenti di trascinante passione, lacrime, colori densi, movimenti di macchina guidati da un’emozione palpabile, un filo di manierismo. Trova ancora spazio nel passato l’ispirazione di questo inclassificabile britannico, nei canti, nelle musiche d’epoca che non di rado interrompono la linearità della narrazione per andare dritte al cuore di chi guarda, in un volto di donna da cui vedere il mondo, nella rappresentazione di un universo maschile violento o meschino, nei sonetti di Shakespeare o nello scorcio di una città devastata dalla guerra.Moglie di un attempato giudice, la bella Hester Collyer trascorre una vita agiata nella Londra degli anni Cinquanta quando per caso conosce un ex-pilota della Raf di cui s’innamora. Sfida le convenzioni, lascia il marito e va a vivere in una stanza in affitto con l’amante, scoprendo presto le insidie e le difficoltà di un sentimento capace di divorare ogni cosa. L’influenza della memoria sul presente agisce anche a livello di ispirazione in un lavoro apertamente debitore dell’estetica del melodramma cinematografico classico: Secondo amore (1955) e Magnifica ossessione (1954) di Douglas Sirk, L’amore è una cosa meravigliosa (1955) di Henry King, L’ereditiera (1949) di William Wyler e il capolavoro Lettera da una sconosciuta (1948) di Max Ophüls sono i titoli cui il cineasta ha affermato di aver maggiormente guardato. Appartato e accorato, elegiaco e autobiografico anche quando si ispira a fonti preesistenti, Davies torna al cinema di finzione a più di un decennio dal raffinato La casa della gioia (2000), cui seguì il bellissimo Of Time and the City, documentario sulla sua Liverpool. Nelle sale inglesi dal 25 novembre – mentre della distribuzione italiana purtroppo non si sa ancora nulla – The Deep Blue Sea è tratto dall’omonima pièce teatrale del commediografo e sceneggiatore britannico Terence Rattigan, già portata sullo schermo da Anatole Litvak in Profondo come il mare (1955) con Vivien Leigh nel ruolo che oggi è della radiosa Rachel Weisz e da Anton Giulio Majano nel televisivo Il profondo mare azzurro (1969)…

Marco Chiani – ilfattoquotidiano.it

Hester Collyer (Rachel Weisz), una giovane donna, bellissima e malinconica, conduce un ménage privo di sussulti o di vera passione con il maturo Sir William Collyer (Simon Russell Beale), un Giudice della Corte Suprema. A turbare e sconvolgere l’esistenza della donna è l’incontro con il fascinoso Freddie Page (Tom Hiddleston), un ex pilota della RAF, ancora tormentato dai ricordi della Seconda Guerra Mondiale: tra Freddie ed Hester esplode ben presto, irrefrenabile, un desiderio destinato a legare l’uomo e la donna in un rapporto totalizzante, caratterizzato da un sentimento che annebbia i sensi e non lascia spazio a nient’altro. Hester, in preda ad un doloroso conflitto interiore, si risolve di lasciare William e di rinunciare alla vita che aveva condotto fino a quel momento per abbracciare qualcosa di nuovo ed emozionante; ma neppure l’amore sarà sufficiente a placare i fantasmi che si agitano nell’animo di Freddie (…) Dopo un’assenza di ben undici anni dal set (interrotta solo per il documentario Of Time and the City), Davies è tornato finalmente dietro la macchina da presa con un nuovo lungometraggio di finzione: The Deep Blue Sea, trasposizione dell’omonima pièce teatrale di Terence Rattigan, dalla quale nel lontano 1955 Anatole Litvak aveva già tratto un film, Profondo come il mare, interpretato dalla mitica Vivien Leigh (…)
Terence Davies, che ha sempre prediletto narrazioni basate su una destrutturazione temporale, tra flusso di coscienza ed ellissi, ricorre anche in questo caso all’analessi per ricostruire, attraverso i ricordi di Hester, le tappe della turbolenta relazione fra la protagonista e il pilota Freddie Page, contraddistinta da un travolgente erotismo, ma al contempo dalle insicurezze, i dubbi e l’immancabile sofferenza di chi è disposto (o piuttosto costretto?) a sottomettersi alle regole di un sentimento tirannico ed assoluto. E Davies, grande cultore del cinema del passato, riprende gli stilemi del melodramma classico di scuola europea (Max Ophüls, ma non solo) e li riadatta al proprio cinema basato sulla memoria, sul contrasto fra le passioni e le convenzioni sociali, su una frammentazione narrativa in grado di abbracciare lo spettatore, mentre sullo sfondo ci mostra una Londra quanto mai plumbea, fredda e solitaria. La progressione drammatica, d’altra parte, è ridotta al minimo, con l’inevitabile rischio di non riuscire sempre a mantenere il coinvolgimento del pubblico nel non facile passaggio dalla fonte teatrale al medium cinematografico. Ma a conferire vitalità e pathos al film contribuiscono, fortunatamente, i due splendidi interpreti: l’astro nascente Tom Hiddleston, reduce dal bagno di popolarità dovuto ai blockbuster Marvel Studios, rivela qui il proprio talento drammatico, mentre Rachel Weisz, nella più intensa e ammirevole performance della sua carriera, si è guadagnata il New York Film Critics Award come miglior attrice e la nomination al Golden Globe.

Stefano Lo Verme – cinema.everyeye.it

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