Piccola città

Silverio Blasi

La vita quotidiana di Grover’s Corners, una cittadina immaginaria della provincia americana (New Hampshire) attraverso la storia di due famiglie, i Gibbs e gli Webb dal 1901 al 1913. Nascite, vite e morti, rappresentate in semplici gesti e momenti, accompagnano la storia d’amore di due giovani, il tutto raccontato come fosse una recita, con le vicende presentate e commentate dal personaggio del direttore di scena, per lo più estraneo ai fatti ma che a momenti vi prende parte facendo da collegamento fra un episodio e l’altro. Un classico del teatro anteguerra (Thornton Wilder) nell’emozionante versione televisiva di Silverio Blasi del 1968.

programma nazionale RAI del 22/10/1968 (1h 46′)

interpreti:
Raoul Grassilli (direttore), Mario Carotenuto (Frank Gibbs), Giuseppe Giroletti (Joe Crowell), Giulia Lazzarini (Emily), Armando Anzelmo (Howie Newsome), Edda Albertini (Yulia Gibbs), Anna Maria Alegiani (Matty Webb), Michele Malaspina (Charly Webb), Gabriele Antonini (George), Lorenza Wrolli (Rebecca), Mauro De Franceschi (Wally), Luigi Gatti (Consty Warren), Roberto Pescara (Joe Stoddard), Rina Centa (Louisa Soames), Mauro Bosco (Sam Craig), Loris Gafforio (Simon Stimson)

PICCOLA CITTÀ (Our Town)
tre atti di Thornton Wilder (1938 – premio Pulitzer per il teatro)

[dalla presentazione dell’edizione del testo teatrale pubblicata da Sillabe (traduzione di Carlo Fruttero e Franco Lucentini]
Un narratore e un direttore di scena siedono su un palcoscenico spoglio e raccontano l’azione. Attraverso flashback, dialoghi e monologhi gli altri personaggi si raccontano al pubblico. Il principale è George Gibbs, il figlio del dottore, e Emily Webb, figlia di un editore. Dopo anni di amicizia e di corteggiamento, i due finalmente si sposano. La loro è un’esistenza del tutto ordinaria, come quella dei concittadini. La semplicità e la ripetitività delle loro vite è raccontata nei primi due atti, in cui sembra che a Grover’s Corners non accada niente, se non alternarsi di colazioni, interrogazioni a scuola, discussioni su freddo e pioggia con i passanti, prove di canto in chiesa. Ma Piccola città non è la semplice storia di un paesino della provincia americana. È una riflessione sulla morte e sulla quotidianità, un piccolo capolavoro sul valore della quotidianità. Wilder invita ad apprezzare la vita nelle piccole cose, nei gesti ripetuti, nelle situazioni più consuete e prevedibili, nei momenti più ordinari. Invita insomma a non sprecare il tempo che ci è dato. L’opera è diventata un pilastro della drammaturgia americana, un classico inserito nella programmazione scolastica.

 

È il tentativo di trovare un valore supremo per tutti i piccoli eventi della nostra vita quotidiana. Le parole che ricorrono continuamente in questa commedia sono “centinaia”, “migliaia”, “milioni”….Le gioie e i dolori di Emily, le sue lezioni di algebra e i suoi regali di compleanno, che valore ha tutto questo quando consideriamo i milioni di ragazze che hanno vissuto, che vivono e che vivranno? Ogni aspirazione individuale a una realtà assoluta può solo essere interiore…”
[Thorton Wilder]

>> testo teatrale <<

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