Il grande dittatore

Charlie Chaplin

Nello stato immaginario di Tomania, il bizzoso dittatore Adenoid Hinkel (Charlie Chaplin) perseguita gli ebrei. Un tranquillo barbiere reduce di guerra (sempre Chaplin), perfettamente somigliante all’odioso leader, cerca di resistere ai soprusi per amore della bella Hannah (Paulette Goddard). Un casuale scambio di persona ridarà speranza all’umanità…

The Great Dictator
[b/n] USA 1940 (126′)

  Un barbiere ebreo, reduce della prima guerra mondiale, dimesso dall’ospedale trova la sua Tomania sotto la dittatura di Adenoid Hynkel. Mentre questi sogna di conquistare il mondo, il barbiere finisce prigioniero in un lager. Ma, grazie alla sua somiglianza col dittatore, si sostituisce a quest’ultimo e, anziché pronunciare il previsto discorso per l’invasione dell’Ostria, rivolge un appello alla pace universale.
In pieno tempo di guerra, ma prima dell’intervento Usa, Chaplin prende di mira le dittature europee e ribadisce la sua ideologia umanitaria e pacifista. Il suo Hynkel-Hitler puerile e vanitoso che danza col mappamondo e una caricatura perfetta, e lo stesso vale per il Napaloni-Mussolini. In seguito, tuttavia, Chaplin dichiarò che, se allora avesse saputo cosa succedeva veramente agli ebrei, non se la sarebbe sentita di girare una farsa. Per la prima volta Chaplin usa la parola: efficacissimi i farfugliamenti di Hynkel, più discutibile – ma solo dal punto di vista del linguaggio cinematografico – la lunga perorazione finale (sei minuti). L’impasto di patetico e comico a volte è meno riuscito che nei capolavori precedenti, ma il successo presso il pubblico americano compensò Chaplin dal parziale fiasco di Tempi moderni.

Dizionario dei Film (a cura di Paolo Mereghetti)

  Solo il genio di Charlie Chaplin poteva riuscire a prendere in giro Hitler e il nazismo in tempo reale, senza scadere nel cattivo gusto, divertendo e lanciando al contempo un fortissimo messaggio al mondo. Con Il grande dittatore il cineasta britannico osa affrontare un doppio rischio enorme, quello della satira politica e soprattutto quello del sonoro: oltre dieci anni dopo la sua introduzione al cinema, infatti, Chaplin continuava a ignorarlo e a girare film muti (con l’eccezione della sequenza di Tempi moderni, volutamente nonsense). Ed è proprio con questo incredibile film che trova la chiave giusta per il suo utilizzo, avvalendosene per dare voce ai borborigmi insensati di Hinkel, un esilarante grammelot ricalcato sui vaneggiamenti esaltati del vero Hitler. Bersagliando il tiranno tedesco e i suoi delfini (Goering diventa Herring, Goebbels è Garbitsch, Benito Mussolini viene storpiato in Bonito Napoloni) con le sue frecce sottili ma letali, il regista mette alla berlina i miti del nazismo, dal superomismo alla purezza della razza, per combattere, con le armi che gli sono più congeniali, la propria guerra in nome della libertà. Da antologia la sequenza di Hinkel che palleggia con il mappamondo giocando con le proprie ambizioni imperialiste, e fenomenale, considerata l’epoca, il discorso finale in cui il barbiere, fingendosi Hinkel, invita l’umanità a vivere in pace e nel rispetto reciproco. Cinque nomination all’Oscar (miglior film, attore protagonista, attore non protagonista [Jack Oakie], miglior sceneggiatura originale, miglior colonna sonora), ma nessuna statuetta. In Italia il film è stato distribuito solo nel 1949. Nel 2002 è uscita una nuova versione che ha reinserito tutte le sequenze dedicate alla signora Napoloni eliminate dalla censura nelle edizioni precedenti.

longtake.it

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