La persona peggiore del mondo

Joachim Trier

Oslo, oggi. Julie ha quasi trent’anni e non ha ancora scelto la sua strada. È passata dalla medicina alla psicologia alla fotografia e ad ogni scelta si è accompagnata una relazione. Ma la sua vita sembra non cominciare veramente mai finché non incontra Axel, autore di fumetti underground, assieme al quale la vita personale e sociale acquista un senso diverso. Ma l’irrequietezza di Julie è solo sopita e il destino riserverà sia a lei che ad Axel parecchie sorprese…


Verdens verste menneske
Norvegia/Fra/Sve/Dan 2021 (127′)
CANNES 74°: premio migliore attrice

La persona peggiore del mondo, del regista nato in Danimarca ma naturalizzato norvegese Joachim Trier, è un resoconto in 12 capitoli con tanto di prologo ed epilogo dedicato alla Persona Peggiore del Mondo del titolo, che in realtà è solo una “persona libera di sesso femminile”, come direbbe Liliana Cavani, alle prese con la propria educazione sentimentale, che è anche un’educazione alla vita. La struttura della narrazione si colloca esattamente a metà fra il romanzo ottocentesco e le erraticità dell’epoca moderna, e una voce femminile fuori campo riassume inizialmente le vicende di Julie, elencandole come in una commedia di Woody Allen, per ritornare in punti chiave della storia: un terzo occhio che osserva (insieme a noi) il peregrinare di Julie fra uomini che sono per lei tappe evolutive e fra scelte che ribadiscono la sua irriducibilità emotiva. Ma La persona peggiore del mondo non è una mera osservazione entomologica: è una vera e propria storia d’amore anomala e complessa che si articola e si snoda attraverso gli umori e gli stati d’animo della sua protagonista, le fantasie parallele e i sogni (ma anche gli incubi) in cui il mondo si sintonizza sul suo tempo interiore, codificando e anticipando le tappe successive del suo percorso.

Trier mette in scena il romanzo di Julie alternando un’ironia nordica e sottile ad un afflato romantico vorticoso e irresistibile (magnifica la scena del corteggiamento senza sbocco fra la giovane donna e l’uomo con cui si imporrà di non tradire Axel), applicando stilemi estetici diversi e rallentando o accelerando la narrazione. I temi del femminile contemporaneo, dal metoo alla maternità, dalle mestruazioni al sesso orale, sono trattati secondo le sensibilità di una protagonista che appartiene a una nuova generazione, e vengono messi sul piatto con nonchalance, come un dato di fatto, ma non per questo privati di pathos e partecipazione emotiva. Poiché ciò che caratterizza un film riuscito è il tono, e la coerenza narrativa, Trier fa centro con questa storia sulle “cose che contano”, cioè non necessariamente quelle che ci dicono debbano contare.
La persona peggiore del mondo è una commedia romantica per i nostri tempi con un’eroina mai giudicante e mai giudicata, che attraversa il suo presente imparando a non scappare “quando il gioco si fa duro” e che, assecondando le sue inclinazioni e i suoi trasporti sentimentali, dà forma al proprio futuro senza forzare la mano. Un futuro che per la sua generazione non passa più “attraverso gli oggetti” e non soggiace al “senso di colpa occidentale”, ma naviga la liquidità delle relazioni e asserisce il diritto a definirsi da solo.

Paola Casella – mymovies.it

Ci troviamo di fronte a una giovane donna volubile e sfrontata, alle prese con l’individuare quale sia la sua vera vocazione. Medicina? Psicologia? Fotografia? Bei ragazzi? Ogni scelta sembra essere quella decisiva per Julie (Renate Hansen Reinseveen), ma solo finché un ostacolo, una battuta d’arresto o – banalmente – la noia non prendono il sopravvento lasciandola insoddisfatta e bramosa di nuove avventure. Quando l’affascinante e talentuoso fumettista Aksel (Anders Danielsen Lie), dopo il divampare della passione ma già sull’orlo dell’inizio dei capricci della ragazza, pone Julie di fronte al fatto di avere a malincuore capito che la relazione, andando avanti, sarebbe destinata a finire a causa della differenza di età e di obiettivi, la giovane donna si convince di aver trovato l’uomo giusto: abbastanza sfuggente da essere in grado di domarne l’indole ribelle. Ma quando la coppia comincia a scontrarsi con la realtà quotidiana e arrivano i primi scontri sulla visione del futuro, Julie non può fare a meno di cercare un’altra situazione (con il sensuale Eivind, interpretato da Herbert Nordrum) in cui sentirsi pienamente accettata e desiderata, mandando a monte tutto con la leggerezza di chi crede di avere in mano il completo controllo della propria vita.

La persona peggiore del mondo affronta il percorso interiore di Julie utilizzando l’ironia in modo profondamente introspettivo, rendendo visibili le legittime paranoie che affliggono una donna che ha semplicemente paura di crescere e vorrebbe rimanere per sempre incastrata nell’età in cui ancora tutto è possibile. Complice l’aver avuto un padre assente, che preferisce offrire le poche attenzioni di cui è capace alla sua nuova famiglia, Julie ha un estremo bisogno di essere vista, che si declina in una pericolosa civetteria narcisista, in grado di garantire una grossa dose di sofferenza a sé e agli uomini che si innamorano di lei, convinti che sia una persona speciale. Ma quando la vita metterà Julie di fronte al fatto che non tutto si può manipolare a proprio vantaggio, la ragazza dovrà fare un passo indietro e accettare quelle critiche da cui è sempre scappata, se vuole davvero trovare la propria strada (…) Lungi dal voler realizzare un favola in cui un supposto “bene” alla fine trionfi, Joachim Trier lascia che Julie esprima il proprio egocentrismo fino agli ultimi fotogrammi, continuando a cercare negli altri, in qualunque condizione, quelle risposte su di sé che le sono indispensabili per andare avanti. E che infine arrivano, rivelando come essere una buona persona non significhi necessariamente fare del bene ma, semplicemente, acquisire sufficiente autoconsapevolezza per non rendere responsabile e vittima il prossimo delle proprie incertezze. Con buona pace delle convenzioni sociali.

Virginia Campione – cinematografe.it

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