Leonora addio

Paolo Taviani

Dopo la sua morte, le ceneri di Pirandello rimangono per 11 anni al Verano: attraversano poi l’Italia in un viaggio da Roma ad Agrigento a dir poco surreale. Il viaggio verso la Sicilia è tanto travagliato quanto la sepoltura, non avvenuta subito, bensì 15 anni dopo l’arrivo delle ceneri nella sua terra natia.

Italia 2022 (90′)


Leonora addio è l’esordio in solitaria di Paolo Taviani a quattro anni di distanza dalla morte del fratello Vittorio. Riprendendo il titolo di una novella di Pirandello, Taviani fa un grande omaggio a quello scrittore che aveva già adattato, insieme a suo fratello, in Kaos (1984) e poi in Tu ridi (1998). Strutturato in una maniera decisamente libera e curiosa, Leonora addio passa dal bianco e nero al colore, interrompendo spesso il suo flusso narrativo tanto da concludersi con la trasposizione di un’altra novella, Il chiodo, che Pirandello aveva scritto poco prima di morire. Sia per il collegamento con lo scrittore siciliano sia per la presenza di numerosi funerali ed estremi saluti, si coglie come il film sia un vero e proprio “lungo addio” al fratello Vittorio, nominato anche esplicitamente con una dedica speciale. Ed è proprio questo sentimento sincero e profondo che rende la visione di questa pellicola particolarmente ricca e toccante, oltreché frutto di una raffinatezza formale a dir poco evidente. In questa rappresentazione di un’Italia vittima del suo immobilismo e delle sue superstizioni, c’è anche qualcosa che zoppica qua e là a causa di un ritmo che subisce qualche calo di troppo, ma il disegno complessivo regge alla distanza regalando un finale emozionante al punto giusto. Non era semplice dare vita a una visione tanto spontanea di fronte a tematiche complesse come queste, ma Paolo Taviani ci è riuscito firmando un lungometraggio, imperfetto ma affascinante, che lascia anche diversi spunti su cui riflettere al termine della visione.

longtake.it

Forse questo film bisognerebbe guardarlo con l’aiuto di uno psicoanalista, tanto risuona di allusioni e rimozioni, a cominciare dal titolo del film, visto che non si sente una nota di Verdi (“Leonora addio” è un’aria del Trovatore) né si trova alcun riferimento alla novella di Pirandello che porta lo stesso titolo. Ma in fondo rimuovere vuol dire ribadire una mancanza e questo film è un inno – sommesso ma squillante – a ciò che non c’è: la vita e con lei la razionalità che guida le azioni umane. Se la prima parte del film, in bianco e nero, ripercorre la tragicomica avventura delle ceneri di Pirandello che impiegarono quindici anni per trovare riposo dove il premio Nobel aveva voluto («nella rozza pietra»), la seconda – a colori – dà forma all’ultima novella scritta da Pirandello, Il chiodo, dove la follia della vita è all’origine della morte. Così, a una morte cui non si riesce di trovare una sepoltura segue una morte che sembra non avere spiegazione, tutte e due a ribadire una mancanza, la stessa che Paolo Taviani sottolinea da subito, con la dedica al fratello Vittorio.

Paolo Mereghetti – iodonna.it

L’esordio in solitaria di Paolo Taviani a quattro anni di distanza dalla morte del fratello Vittorio: al Festival di Berlino è stato presentato in concorso Leonora addio, titolo che riprende una novella di Pirandello. Il drammaturgo siciliano era già stato adattato dai fratelli Taviani in Kaos e Tu ridi, ma in questo caso Pirandello non è solo una fonte d’ispirazione ma una parte fondamentale del racconto. Al centro della trama ci sono infatti i vari funerali di Pirandello, con le ceneri dello scrittore costrette ad attraversare l’Italia in un viaggio da Roma ad Agrigento a dir poco surreale, mentre la parte conclusiva è dedicata a una trasposizione de «Il chiodo», racconto scritto da Pirandello poco prima della sua morte. Attraverso una struttura narrativa decisamente libera, Leonora addio alterna colore e bianco e nero, storia e fantasia, cronaca e immaginazione: a tutto questo si aggiungono una serie di riflessioni su un’Italia vittima di immobilismo e superstizione (tema quest’ultimo spesso presente nel cinema dei due fratelli registi). Bastano la dedica e la “presenza” di Pirandello per vedere quanto questo film sia un grande omaggio di Paolo Taviani al fratello Vittorio: una pellicola che, parlando di funerali ripetuti e di estremi saluti a persone che non ci sono più, risulta un vero e proprio lungo addio al regista scomparso. Qualche passaggio del copione nella parte centrale è debole, ma il disegno complessivo regge alla distanza grazie a una messinscena elegante e raffinata, che conferma la grande cura formale tipica del cinema dei due autori. In uscita nelle nostre sale, Leonora addio, nonostante qualche calo di ritmo, è uno dei film più significativi visti in concorso al Festival di Berlino, manifestazione che i fratelli Taviani hanno vinto nel 2012 con Cesare deve morire.

Andrea Chimento – ilsole24ore.com

Ritrovando ancora una volta il legame con Pirandello e la Sicilia, Paolo Taviani prosegue il cammino artistico condotto lungo una vita assieme al fratello Vittorio, offrendoci un film che ripercorre la storia del nostro paese e del nostro cinema con libertà poetica, leggerezza spirituale, ironica lievità e limpido sentimento. Un film-viaggio a ritroso nel tempo dell’esistenza e degli eventi storici, un commiato privo di malinconia, che dissolve il pensiero nello slancio di un cinema che sa condannare, ma anche perdonare.

 

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