Sisterhood

Dina Duma

Le adolescenti Maya e Jana sono due amiche affiatate e inseparabili, ma la loro amicizia viene compromessa quando rimangono coinvolte in un episodio di Non Consensual Pornography. Un delicato ritratto adolescenziale, in un contesto scolastico dove la normale esuberanza di quel delicato periodo della vita sprofonda nel lato oscuro del cyberbullismo.

 

Sestri
Kosovo/Maced.Nord/Montenegro 2021 (91′)
KARLOVY VARY – Premio speciale della giuria

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Dalla Macedonia del Nord arriva un delicato film a tematica adolescenziale. Si tratta di Sisterhood, esordio al lungometraggio di finzione per Dina Duma, presentato in concorso al Trieste Film Festival 33, dopo l’anteprima a Karlovy Vary dove ha ricevuto il Premio speciale della giuria, e candidato macedone al 94th Academy Awards. Un film che tratta dinamiche universali nel mondo moderno, la scoperta della sessualità adolescenziale, le schermaglie dei sessi nell’ambiente liceale, virate nel lato oscuro, anch’esso globalizzato, della dipendenza dai social media, con le degenerazioni del cyberbullismo e della Non Consensual Pornography, che possono portare alla rovina la vittima, soprattutto se di sesso femminile. Quella spinta alla libertà sessuale, ormai acquisita dalle nuove generazioni, si frantuma nell’esibizionismo social che porta a galla i più meschini istinti, oltre che a una mentalità sessista vecchia come il mondo e sempre dura a morire. Se non si concede è frigida, se “la dà” è una puttana, secondo una mentalità ben nota per esempio nei romanzi di Henry Miller.

Dina Duma rappresenta questo ritratto giovanile al femminile, immergendolo nella natura macedone già nella prima scena, quando le due protagoniste fanno discorsi femminili, osservando un gruppo di coetanei che come loro sono a fare il bagno in un meraviglioso lago, sormontato da dirupi in un contesto naturale di boschi. L’acqua, la natura e gli animali sono elementi metaforici ricorrenti nel film. Sisterhood è la storia di un’amicizia tra due ragazze, Jana e Maya. La prima esuberante e dominante sulla seconda, fragile anche per la sua delicata situazione famigliare. Già nei primi momenti sul lago, giocando con la lucertola e sfidandosi a a fare quel tuffo dall’alto, il rapporto tra le due personalità è delineato. Maya vive con la madre, rimasta single, e con la sorellina con cui condivide il letto. È però solidale con la mamma, reduce da una lite definitiva con il padre, che incita a levarsi ormai l’anello di fidanzamento. E acquista la consapevolezza che i genitori fossero rimasti insieme fino a quel momento solo a causa sua. Le insicurezze di Maya si ripercuoteranno in quel party che imprime una svolta drammatica alla storia. Si ritrarrà infatti dall’avere un rapporto sessuale con il ragazzo che le piace e nell’invidia per Helena, l’amica che invece gli si concede subito dopo, si giocherà il garbuglio sentimentale successivo. Helena, la cui sorte verrà comunicata sempre via smartphone, con il gergo tipico di internet, linguaggio ormai esclusivo della comunicazione interpersonale. Linguaggio che lo stesso film spesso adotta, con uso frequente di riprese verticali e messaggi in sovrimpressione, uniformandosi a quell’immaginario visivo.

Dina Duma riesce a tenersi a giusta distanza tra il facile psicologismo e la morbosità mista a moralismo di molte opere incentrate su tematiche analoghe, vedi per esempio i film di Larry Clark o Harmony Korine. Il vecchio che accarezza una gallina sull’autobus, fotografato con smartphone con intento di dileggio, inveisce contro la nuova generazione. È una fase della vita in cui si può essere sbruffoni perché ci si sente invincibili, ma dietro si nascondono spesso tante insicurezze. E la regista coglie appieno tutte queste sfumature.

Giampiero Raganelli – quinlan.it

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