Frederick Frankenstein, discendente del celebre barone, è uno scienziato che insegna in un’università americana. Ricevuto un invito dalla Transilvania, si reca controvoglia nel vecchio castello del nonno, dove, con l’aiuto dell’aiutante Igor, finirà per ritentare l’esperimento. Una travolgente parodia satura di gag cinefile e dialoghi surreali.
USA 1974 (106′)
Dalla classe di medicina al maniero spettrale, dai passaggi segreti al laboratorio, Frankenstein Jr. è semplicemente la comicità fatta film, risate senza soluzione di continuità. Non una serie di gag inanellate arbitrariamente (il frequente risultato dello humor sul grande schermo), non le spalle di un caratterista eccezionale che reggono da sole tutto lo spettacolo, non volgarità né giochi facili sul filo della parodia. Alla faccia dell’intraducibilità ed inesportabilità del comico, genere che sembra spesso scavalcare a fatica i confini geografici, sociali e culturali, la rilettura del romanzo di Mary Shelley (1818) operata da Mel Brooks (Mezzogiorno e mezzo di fuoco, Alta tensione, Balle spaziali, Robin Hood – Un uomo in calzamaglia) è davvero un piccolo/grande capolavoro di quel cinema che non solo diverte, ma che si diverte. Non serve guardare gli extra dell’edizione in DVD per accorgersi della straordinarietà del cast: attori non solo eccezionali – dal primo all’ultimo – nell’interpretazione, ma permeati da un’energia tale che è quasi impossibile non lasciarsi contagiare. Una storia che funziona senza intoppi né punti morti, e una comicità capace di spaziare dalla fisicità pura, dalla visione che scatena la risata (basta pensare alle espressioni facciali, oltre che verbali, di Marty Feldman che interpreta Igor, il servitore del castello in Transilvania) allo humor verbale – ma senza mai uno scivolone nella banalità o nella ricerca facile del riso attraverso la trivialità – all’ironia (qualche volta con le “giuste” punte di amarezza), alla classicità delle situazioni comiche – quella della libreria girevole, varco segreto per eccellenza che si apre spostando una candela, è davvero da antologia.
Annarita Guidi – sentieriselvaggi.it
Il quarto film di Mel Brooks è senza dubbio la sua opera più riuscita e, probabilmente, una delle più citate commedie di sempre. Dopo Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974), il regista americano riconferma l’impostazione parodica (la sua specialità) ma abbandona la satira e le volgarità, dando vita a una raffinata commedia ricolma di amore per il cinema degli anni trenta (Brooks volle addirittura riutilizzare gli attrezzi originali del Frankenstein di James Whale, datato 1931) dove le atmosfere nebbiose e lo splendido bianco e nero di Gerald Hirschfeld assurgono a ruolo di assoluti protagonisti, mentre la sceneggiatura sottilmente cinéphile privilegia i dialoghi surreali alle gag slapstick. Eccezionali e spassosissime le interpretazioni di Gene Wilder e Marty Feldman, entrate di diritto nella storia del cinema e nell’immaginario comune. Grande successo di critica e pubblico, inserito al tredicesimo posto nella classifica delle migliori commedie di sempre dall’American Film Institute.
longtake.it