And Tomorrow the Entire World

Julia von Heinz


Und morgen die ganze welt
Germania 2020 (101′)

 VENEZIA – Nonostante i molti applausi che ne hanno accompagnato i titoli di coda alla première veneziana, il nuovo film di Julia von Heinz lascia più di un dubbio sulle ragioni che possano aver spinto la commissione ad ammetterlo in concorso. Sebbene pertenga al novero di quel cinema di impronta civile, di cui oggi parrebbe esservi discreto bisogno, And Tomorrow the Entire World rimane intrappolato in un meccanismo di ovvietà e facilonerie tali da vanificare qualunque meritorio sguardo di partenza.


    I limiti dell’operazione parrebbero già inscritti nella povertà di un intreccio abusato: Laura è la figlia ventenne di una famiglia dell’alta società tedesca; studia giurisprudenza e, grazie all’intervento dell’amica Batte, viene ammessa in una comune, ove, accanto alla quotidianità scandita da dibattiti interni al gruppo, allenamenti in una palestra improvvisata e gioiosa convivialità, si organizzano manifestazioni contro il razzismo e la discriminazione, spesso destinate a sfociare in scontri coi rivali gruppi neonazisti. Principale sostenitore della necessità di una linea più aggressiva da parte del gruppo è Alfa, giovane di cui la bella protagonista – che, nel frattempo, così da rendere ancor più manicheo il conflitto e ancor più insistita l’ambizione al melodramma, scopriamo essere di nobili natali – non tarda a infatuarsi, ricambiata. La svolta verso una condotta sempre più apertamente facinorosa e i conseguenti dissidi interni al gruppo metteranno in breve la comune in serie difficoltà.


Date queste povere premesse, il film non tarda a configurarsi come una incessante sequela di stereotipi, di cui la sceneggiatura si impegna con studiata perizia a non scansarne nemmeno uno e neppure per caso, inchiodando l’opera allo schema di infruttuose opposizioni: la nobile e il giovane turbolento; l’impeto rivoluzionario della giovinezza e la quieta rassegnazione di un maturo ex attivista; il carnivoro neonazista che intona canzonacce folk e i vegani dei centri sociali, amanti del rap; la ragionevole condotta di chi opta per una resistenza passiva e l’impeto di chi sostiene le ragioni della forza. Il campionario di luoghi comuni è, come si vede, piuttosto esteso e le svolte dell’intreccio non mancano di osservare le medesime prevedibilità, a cominciare dai timori che attanagliano Alfa, non appena la sua padronanza di sé viene insidiata dal rischio di essere collegato a del materiale esplosivo.
In tutto ciò l’elemento di maggiore interesse del film, ossia il riconoscimento in Laura di un grumo di rabbia inespressa capace di spingerla ad azioni sempre più rischiose, viene abilmente disinnescato dalla scelta di privilegiare il suo legame con Alfa, così da ascrivere la sua svolta facinorosa alla semplice frequentazione di una personalità bellicosa e (si vorrebbe) carismatica.
Se, poi, uno spettatore disattento nutrisse ancora dubbi sulle ragioni del film, ecco a soccorrerlo l’insistita ripetizione – persino, in incipit, in forma di didascalia – di un articolo della Costituzione tedesca che sostiene il diritto di ogni cittadino a reagire qualora si vedano minacciati i valori dello stato democratico.


In questa operetta a tema, dunque, sebbene nata da esperienze personali della von Heinz, nulla palpita oltre gli stereotipi e, seppure il quadro degli eventi sia tessuto con sufficiente ritmo da scansare il rischio della noia, l’elementarità di una regia che dimena la macchina da presa per suggerire il movimento (e non riesce mai a trasmettere la confusa concitazione di una guerriglia urbana) conferisce al progetto quella patinatura che lo identifica istantaneamente come prodotto televisivo. Che un cinema così convenzionale, confuso e di scarso interesse – così poco cinema, in definitiva – sia stato portato addirittura in concorso è cosa che desta meraviglia.

Matteo Pernini – MCmagazine 60

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