Il grande passo

Antonio Padovan

Dario rincorre il sogno dell’allunaggio fin da quando, da bambino, ha assistito allo sbarco sulla Luna insieme al padre che lo ha poi abbandonato per rifarsi un’altra famiglia. Quando l’ennesimo tentativo di spiccare il volo va, letteralmente, in fumo, Dario viene denunciato dai vicini… L’unico familiare raggiungibile, il fratellastro Mario, dovrà lasciare la ferramenta che gestisce a Roma alla volta del Veneto per evitare che Dario venga rinchiuso in una struttura per malattie mentali… Una commedia malinconica, piacevole e “positiva”, metafora di un realizzarsi che vada oltre ai pregiudizi e alle sofferenze del quotidiano, strappando qualche risata intelligente.

Italia 2019 (96’)

  Il grande passo è l’opera seconda di Antonio Padovan, regista veneto formatosi a New York che torna sul luogo del delitto dopo aver diretto Giuseppe Battiston nell’esordio Finché c’è prosecco c’è speranza. Stavolta Padovan cuce addosso a Battiston il ruolo di un eccentrico ossessivo che, a seguito di un misterioso trauma, vive immerso in una duplice illusione. Tutto le sue energie sono concentrate nel misterioso progetto a cui ha votato l’esistenza, il mito dell’allunaggio. A suon di bulloni, valvole e calcoli astrusi, Dario è davvero convinto di riuscire a raggiungere la luna con una nave spaziale costruita in un capannone agricolo. La sua ostinazione unita al brutto carattere, che in paese gli hanno fruttato il soprannome di ‘Luna Storta’, contiene una nota di sorda disperazione che riecheggia in sottofondo, celata dietro l’apparente aggressività. L’unico in grado di comprendere l’origine di questo malessere è Mario che, al di là delle somiglianze fisiche, non ha molto in comune con questo fratello che ha incontrato una volta sola, in occasione del compleanno del padre. Bonario, accomodante, comprensivo, Mario prende a cuore le sorti di Dario e decide di fermarsi nella sua cascina per risolvere la situazione con l’aiuto di un legale interpretato da Roberto Citran. Questo espediente narrativo permette al pubblico di godere di una serie di gustosi duetti tra Stefano Fresi e Battiston che spaziano nei toni tra il toccante e l’esilarante.


La scrittura di Antonio Padovan e Marco Pettenello forgia una famiglia decisamente disfunzionale, estremizzando situazioni e comportamenti a scopi comici. In realtà, le risate che Il grande passo strappa sono spesso amare, stemperate da una forte componente malinconica sottolineata dalle efficaci composizioni del maestro Pino Donaggio. Il dramma familiare dell’abbandono, ingrediente essenziale nell’economia della storia viene tenuto per lo più nel background. Ciò che interessa davvero ad Antonio Padovan è indagare la relazione e i comportamenti dei due fratelli nel presente, sfruttando ogni occasione per mettere in luce l’evidente chimica tra Fresi e Battiston e arrivando a valorizzarne le fisicità ragguardevoli in un paio di scene che potremmo definire “d’azione”. Ma vi è un altro elemento da tener d’occhio che eleva Il grande passo dalla media delle commedie italiane. Il sogno dello spazio e della vita extraterrestre è una costante di tanto cinema fantastico made in Usa riproposta di recente con grazia e humor da pellicole quali Tito e gli alieni di Paola Randi, L’ultimo terrestre di Gipi o L’uomo che comprò la luna di Paolo Zucca. Antonio Padovan, però, osa ancor di più aprendo e chiudendo il film con due spettacolari sequenze che hanno ben poco da invidiare al cinema americano a livello di concept, esecuzione ed effetti speciali.


La sinergia e il talento Battiston e Fresi si sposa così al mito dell’allunaggio, che diviene metafora di una realizzazione che vada oltre ai pregiudizi e alle sofferenze del quotidiano. Un cinema capace di far sognare, infondere positività e strappare qualche risata intelligente.

Valentina D’amico – movieplayer.it

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