Anton Čechov

René Féret

Russia, estate 1890. Al fine di guadagnare qualche soldo per sfamare la sua famiglia, il modesto medico Anton Čechov inizia a scrivere racconti per i quotidiani. Scrittori ed editori lo portano a rendersi conto del suo immenso talento e Cechov va incontro al successo fino a ottenere l’ammirazione dello stesso Tolstoj, ma la morte di uno dei suoi fratelli per tubercolosi lo cambierà profondamente.
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Anton Tchékhov 1890
Francia 2015 (96′)

   Anton Čechov, medico russo, scrive racconti sui giornali per integrare il suo reddito e sostenere tutta la sua famiglia. Un giorno Grigorovitch e Suvorin, al tempo due tra gli scrittori ed editori più celebri in Russia, passando per casa sua, si rendono conto di quanto talento sia dotato Čechov. Il loro incontro permette al medico di farsi strada nel mondo letterario e affermarsi con successo, fino a ottenere l’ammirazione dello stesso Tolstoj. Quando suo fratello muore di tubercolosi, Anton in preda ai rimorsi, decide di rifuggire la sua crescente notorietà e ritirarsi a scrivere riguarda la depravate società del suo tempo, componendo in questo periodo alcune delle sue più brillanti opere.

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  Anton Čechov (Nicolas Giraud), un umile medico russo, scrive racconti che vende ai giornali per sfamare la sua famiglia. Mentre il suo talento viene notato dai suoi colleghi, Čechov guadagna persino l’ammirazione di personaggi illustri, tra cui Tolstoj. Ma quando suo fratello muore di tubercolosi, Čechov, pieno di rimorso, decide di fuggire dalla sua crescente notorietà e si reca nella colonia penale dell’isola di Sakhalin, in Siberia, per scrivere della società depravata in cui vivono i detenuti. Questo viaggio ispirerà alcuni dei suoi pezzi più brillanti e famosi. Anton Čechov rende omaggio al celebre scrittore russo in modo garbato. La pellicola diretta da René Féret rappresenta l’ultimo lavoro del regista prima della sua scomparsa (avvenuta nell’aprile del 2015) ed è caratterizzato da un andamento costante, privo di eccessi. Si tratta in effetti di una narrazione ordinata, che segue attentamente il filo temporale degli eventi che hanno portato l’artista dai racconti pubblicato sui giornali locali alla gloria internazionale. Se anche Tolstoj ha mostrato il suo apprezzamento per Čechov un motivo certamente esiste e la pellicola riesce a raccontare questa ascesa in modo naturale, senza artifici né glorificazioni. Al contrario, il protagonista viene mostrato in tutta la sua umanità: dal profondo attaccamento alla famiglia passando per la passione per la professione medica, Anton Čechov viene dipinto come un uomo umile che scrive per vocazione e che arriva alla fama in modo quasi casuale. Per questo motivo il volto pulito di Nicolas Giraud è dir poco calzante. Accanto a lui da notare anche Lolita Chammah, figlia di Isabel Hupper, nel ruolo dell’affascinante e conturbante Macha. La pellicola racconta una storia sconosciuta ai più, che ha il pregio di rispolverare un esponente di rilievo della letteratura internazionale riuscendo al tempo stesso a ricordare quanto sia importante credere in se stessi e nei propri sogni…

Raffaella Mazzei – spettacolo.eu

  Quanto è misterioso e solitario il talento. Quanto, in apparenza, leggero nel suo apparire in un giovane Anton Čechov, che sostiene di impiegare poche ore per scrivere i suoi racconti che attirano l’attenzione del grande Tolstoi? In questo film del regista scomparso René Féret, il grande scrittore e drammaturgo russo, misura il suo talento con la vita. Il duello è sempre perdente, la vita soccombe, le scelte dell’arte calpestano i sentimenti, ma qui lo scavo interessante compiuto dal regista, più che i rapporti amorosi, riguarda il nodo della famiglia d’origine. Numerosa, bisognosa delle sue cure, come medico e come scrittore in grado di guadagnare tanto da poter mantenere madre, padre e numerosi fratelli. Il legame con la sorella va oltre la fratellanza, c’è dedizione da parte Masha, che trascrive le opere del genio e molte ne salva dalla distruzione dopo la morte di un loro fratello di tubercolosi. I rimorsi portano lo scrittore nella colonia penale di Sakhalin in Siberia, dove i due fratelli avevano progettato di andare per documentare orrori e miseria umana. Un film lineare e delicato…

Sara D’Ascenzo – corrieredelveneto.corriere.it

  Anton Cechov è un giovane medico di campagna che scrive, con pseudonimo, dei racconti. Uno di questi viene letto e apprezzato dall’editore Aleksej Suvorin e dal famoso critico Dmitrji Grigorovic che lo spingono ad affrontare seriamente la scrittura. Inizialmente Anton vede nella loro offerta un modo per contribuire all’economia della numerosa famiglia a cui appartiene ma progressivamente la letteratura diventa la sua attività principale al punto da fargli sospendere le prestazione mediche per compiere un’inchiesta in favore del miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti nel penitenziario dell’isola di Sachalin. René Fèret è uno di quei registi che sono apprezzati in patria ma che fanno fatica a passare la frontiera di Ventimiglia anche in tempi di libera circolazione delle opere dell’intelletto (…) Fèret ci accompagna nella vita di uno dei più importanti autori della letteratura mondiale mostrandoci con delicatezza anche le intime contraddizioni di un uomo che si sentiva più medico che scrittore ma che non poteva negare, salvo mettere in gioco una falsa modestia, il proprio talento. Ce lo mostra anche come un autore in grado di cogliere con grande profondità le sfumature dell’animo umano ma al contempo quasi incapace di innamorarsi appieno. La sua immersione nell’universo penitenziario di Sachalin diventa funzionale per far emergere il Cechov attento alla dimensione del sociale e al recupero di esseri umani ormai privi di una speranza nel futuro. Ci sono poi due sequenze che, da sole, giustificherebbero già la visione. L’incontro con Lev Tolstoj, che ha chiesto di fare la sua conoscenza, che è la prova di come al cinema si possa, in pochi minuti, tracciare con acume il ritratto di un grande personaggio. I commenti dell’autore sulla messa in scena de “Il gabbiano”, dinanzi all’intero cast, costituiscono poi un momento alto di dimostrazione che chi ha scritto la sceneggiatura (lo stesso Fèret) ha saputo cogliere appieno il senso della scrittura di colui che, proprio a proposito di quel testo ebbe a dire “Scrivo con piacere, andando spaventosamente contro le convenzioni sceniche..

Giancarlo Zappoli – mymovies.it

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