Foto di famiglia

Ryōta Nakano

Nella famiglia Asada tutti hanno un sogno nel cassetto e Masashi, il figlio minore, che ha sempre voluto diventare un fotografo, ha l’intuizione ritrarre la propria famiglia ricreando tper loro utte le vite che avrebbero potuto o voluto vivere. Scatti originali e “contagiosi” che lo rendono un fotografo affermato, capace di regalare anche ad altre famiglie ricordi indelebili. Ma quando il Giappone viene colpito dal terremoto del 2011 Mashashi interromperà il suo lavoro per unirsi ad un gruppo di volontari impegnati a recuperare le foto e gli album di famiglia smarriti nel crollo delle case.

Asadake!
Giappone 2020 (127′)

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  Le fotografie, si sa, immortalano il momento e raccontano il tempo che passa. L’esistente, insomma. Quando la restituzione dell’attimo si emancipa dalla cronaca e dalla testimonianza, si passa nel territorio dell’arte e della poesia. Masashi Asada abita lì, perché le sue non sono semplici istantanee, ma prodotti di un’intuizione folgorante: fotografare ciò che non è (ancora) accaduto o che non accadrà mai. Storia vera, quella di Foto di famiglia di Ryôta Nakano, che nasce nel cuore di una famiglia, gli Asada appunto, tanto unita quanto piena di sogni irrealizzati: il papà voleva fare il pompiere, la mamma si immaginava moglie di un gangster della Yakuza, il figlio più grande sperava di essere pilota di Formula 1. A partire da questi desideri, Masashi colloca i suoi congiunti in ritratti che ricreano le vite non vissute, come se fossero cosplayer chiamati delle possibili versioni di sé.

 

È un successo: altre famiglie lo cercano, gli chiedono cose ora divertenti ora struggenti per sconfiggere il destino almeno nelle immagini che resteranno, finché il terremoto del 2011 sconvolge le vite di un’intera nazione. E così Masashi cambia missione: salvare le foto e gli album di famiglia smarriti nel crollo delle case, con l’obiettivo di riconsegnarli ai legittimi proprietari. Insieme ad altri volontari, in pochi mesi raccoglie oltre 60.000 foto: i sommersi si salvano, i ricordi riemergono dalle macerie, il passato torna a farsi ipotesi di futuro. È un film caldo e accogliente, Foto di famiglia, popolare non solo perché arriva da una realtà quotidiana e al contempo straordinaria ma anche perché coinvolgente nel divertimento (il tono da commedia buffa) come nella commozione (d’altronde sui bambini si gioca facile). Certo, è ruffiano quanto basta (i colori accesi da favola conciliante) e tutto sembra un po’ appoggiato sul carattere volitivo del protagonista, ma sa mettere insieme la vocazione alla malinconia e ricerca della serenità, il sentimento collettivo e la rivelazione del privato, l’esercizio della compassione e il mistero delle immagini. Cast affiatato, dall’ottimo Kazunari Ninomiya alla sempre incantevole Haru Kuroki, ma il meglio sta proprio nell’incontro di sguardi, negli occhi che all’improvviso scoprono un baluginio di felicità.

Lorenzo Ciofani – cinematografo.it

  La biografia di un fotografo insignito di alcuni premi diviene nelle mani di Ryota Nakano una commedia girata nel tipico stile giapponese, in cui i momenti surreali o goffi sono evidenziati da una colonna sonora complice e poi bruscamente interrotti dall’irruzione di una tragedia o di un evento altamente drammatico. (…) Masashi è al centro di Foto di famiglia ma non ne è necessariamente l’eroe. Siamo invitati, in quanto spettatori, a provare empatia quando muove i suoi primi passi nel mondo della fotografia e coltiva un sogno, ma la delusione è dietro l’angolo. Quella di Masashi, costantemente colto alla sprovvista dalle asperità e dagli obblighi della vita; e quella di noi spettatori, ormai affezionati al suo sorriso gentile da eterno ragazzino e quindi a maggior ragione scottati dall’egoismo e dall’incapacità di assumersi responsabilità che ne caratterizzano il percorso di vita. Se Masashi può portare avanti il proprio sogno, lo deve interamente all’amore di una famiglia comprensiva e a quello di Wakana, innamorata di Masashi e convinta fino alla devozione sul suo talento artistico. La svolta drammatica legata allo tsunami del 2011 divide nettamente in due segmenti il film e scatena un cambiamento nel protagonista, ma mantiene una continuità nella riflessione sull’arte della fotografia, per sua natura inestricabile da un dubbio morale.

Dove inizia lo sfruttamento e il cinismo quando si impugna una fotocamera e si ritraggono persone colpite da una tragedia o in un momento di difficoltà? Il Masashi fotografo rivela in un certo senso che sotto il bonario disimpegno dell’eterno fanciullo si cela un distacco dalla realtà, (che rischia di diventare) mancanza di empatia nei confronti del prossimo.

Emanuele Sacchi – mymovies.it

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