Il male non esiste

Ryûsuke Hamaguchi

Takumi e sua figlia Hana, che vivono nel villaggio di Mizubiki, vicino a Tokyo, conducono una vita modesta secondo i cicli e l’ordine della natura. Ma l’equilibrio ecologico e il modo di vivere civile del villaggio sono messi a rischio dal progetto di costruzione di un campeggio di lusso; in particolare proprio le vite di Takumi e Hana dovranno affrontare una svolta drammatica…

Aku wa sonzai shinai
Giappone 2023 (106’)
VE 80° – Gran Premio della Giuria

 VENEZIA – Ciò che il cinema di Hamaguchi propone è una visione del mondo. Frammentata in Il gioco del destino è della fantasia, con brevi storie di stupefatta umanità, dilatata nel viaggio intimo e avvolgente di Drive My Car per le strade di Hiroshima, a bordo di una Saab rossa.

 In Evil Does Not Exist il senso va ritrovato in quei ceppi spezzati a colpi d’ascia, in quelle taniche d’acqua sorgiva riempite al torrente che ritmano la giornata di Takumi e scandiscono, nell’economia del racconto, un tempo sospeso di cui solo le musiche di Eiko Ishibashi sembrano coglierne l’armonia. La compositrice, che già aveva creato il tessuto sonoro di Drive My Car, ha poi cercato in Hamaguchi un partner visuale per una sua performance live e la collaborazione si è così sviluppata fino a concepire Il male non esiste quasi come una sinfonia di suoni e ambienti. L’overture è un piano sequenza che inquadra il cielo e gli alberi che sovrastano il villaggio di Mizubiki (non lontano da Tokyo), i tre “movimenti” a seguire mettono in relazione, in un lento fluire, personaggi e dinamiche della narrazione.

Takumi e la figlia Hana hanno il compito di dare concretezza al tono esistenziale del villaggio: lui è una specie di tuttofare a cui la comunità si affida e che, preso dal ruolo e dalla sintonia con l’ambiente che lo circonda, talvolta dimentica persino di recuperare Hana all’uscita da scuola. Lei non si preoccupa, sa la strada di casa e il ritorno attraverso i boschi è anche per lei un momento di serenità…

Proprio l’ecosistema di quei boschi, e dei cervi che ci vivono, diventa il protagonista della seconda parte del film. Una grande compagnia, sfruttando i finanziamenti post-Covid, vuole creare a Mixubiki un glamping, campeggio-resort per un turismo d’élite, ma lo scompenso dell’equilibrio sociale e ambientale (la falda acquifera verrebbe compromessa) preoccupano la popolazione: il colloquio con i due inviati dell’azienda, venuti ad illustrare il progetto, diventa un dibattito morale su progresso ed ecologia.

La parentesi conclusiva si snoda in un crescendo di tensione che coinvolge Takumi, i due impiegati e Hana che, nel suo girovagare nei boschi, sembra essersi persa. Takumi aveva avvertito che i cervi risultano inoffensivi a meno che non vengano feriti, ma ora si sono sentiti degli spari e della ragazzina ancora non c’è traccia… È un finale enigmatico quello di Evis Does Not Exist, irrisolto come sembra esserlo il rapporto tra uomo e natura. Per Hamaguchi il male di per sé non esiste, può generarsi solo da qualche drammatica incrinatura nell’armonia del creato.

Ezio Leoni – MCmagazine 86

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