Ghost Dog – Il codice del samurai

Jim Jarmusch

Ghost Dog è un killer afroamericano che vive seguendo l’etica di un antico codice dei samurai e lavora come sicario a servizio di un mafioso. Quando un incarico non arriva a termine Ghost Dog diventa il bersaglio in una caccia all’uomo, ma per lui le regole del codice samurai non posso essere infrante…

Ghost Dog: The Way of the Samurai
USA 1999 (116′)

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  Dopo aver esplorato meravigliosamente il western in bianco e nero, con Dead Man (1995), il talento incontenibile di Jim Jarmusch si posa su un altro genere fondamentale per il cinema americano: il noir. Ma l’approccio filosofico e revisionista alla materia resta immutato, riuscendo a bissare le incredibili vette del film precedente. La matrice in questo caso è molto più spirituale che lisergica, ma la sostanza tuttavia resta la stessa, e leggere i due lungometraggi come un dittico è un passaggio pressoché obbligato. L’andamento palpitante dell’opera è reso vivo, nella sua densa complessità, da molte deviazioni ironiche e da un utilizzo di registri contrastanti, dal solenne al pulp, che restituiscono tutta la tridimensionalità di un mondo che, nonostante i suoi eccessi fumettistici, resta colmo di sfumature e piste da seguire, anche nei semplici scambi di battute tra i personaggi. Più di ogni altra cosa, però, Ghost Dog – Il codice del samurai è un film sull’incomunicabilità e sulla reticenza – due aspetti da sempre centrali nella poetica di Jarmusch – nonché sul bisogno costante di riconsiderare i propri parametri di riferimento. Ed è anche, come lo era Dead Man, una metafora sulle infinite anime dell’America, che vengono ricollocate in un contesto urbano privo di coordinate, al quale non manca, però, un rigido ordine morale, che sia quello della criminalità o quello personale del protagonista, interpretato da uno strepitoso Forest Whitaker. Inoltre, come nel film con Johnny Depp, il percorso narrativo segue un’ineluttabile traiettoria a imbuto verso una fine da cui non è impossibile sfuggire. Ghost Dog – Il codice del samurai è un grande film sorretto da un magistrale equilibrio compositivo che, senza nascondere una marcatissima costruzione intellettuale, riesce a toccare in profondità le corde emotive dello spettatore. Splendida colonna sonora hip hop in cui svetta Samurai Showdown di RZA..

longtake

  L’America mosaico e calderone, ostentatamente multipla, trasversale, frammentata. Un’anonima cittadina del Nord, specchio in minore di una nazione intera: i neri dei quartieri poveri, gli italoamericani della mala, un indiano che non teme la canna della pistola puntata, un portoricano che costruisce barche sul terrazzo, un ambulante franfocono, giocatore di scacchi, che non capisce una sillaba d’inglese e capisce ogni cosa, perché è un ‘migliore amico’ di professione. In questo stilizzato nucleo di mescolanze transamericane, tra vicoli scuri, angoli micidiali, tetti e garage, si muove come un soffio l’ombra ondeggiante di un fantasma, un uomo morto dal principio (meno romantico del Depp-William Blake di Dead Man, ma altrettanto crepuscolare), puro spettro di un universo guerresco sparito. Jarmusch parla lingue diverse come l’America che racconta: scherza e invece fa sul serio, o viceversa, finge di scombinare il noir mentre ne coglie il senso profondo, seppure trasfigurato, riscritto, persino purificato da un’ironia iperbolica piena di richiami interni, di sfumature, di risvolti. Un’ironia sottile o dichiarata a voce piena, utilizzata in modo da strutturare il film dall’interno, in passaggi veloci o insistiti, attraversando una battuta di dialogo o configurandosi come un vero e proprio sottotesto, capace di mantenere miracolosamente in equilibrio l’andatura insieme tragica e grottesca del racconto. I cartoons ne sono l’espressione più immediata, contrappunto comico che finge di sfregiare pathos e tensione, di sminuire i toni più acuti dell’elegia, senza mai offuscare il senso di morte (dispensata, attesa) racchiuso nel passo sbilenco del fantasma. Ascetismo, leggerezza (i magnifici duetti con Raymond, la comunione letteraria con la bambina ), simboli (la morte si annuncia come fosse uno specchio: Ghost Dog e il cane che resta a fissarlo), solitudine e violenza stilizzata si raccolgono attorno al potente ritratto del killer-samurai, mistico, spietato, silenzioso, neroamericano/orientale, icona meticcia di questo noir postmoderno che insegue incroci tra culture, registri espressivi, testi filmici e letterari diversi. Whitaker semplicemente perfetto.

Luca Venzi – sentieriselvaggi.it

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